Ventunesima Uscita

01.03.2024

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Connotazioni etiche della censura

Quando le cose non cambiano

Risvolti storici della Cultura e dell'Arte (Pagina 12)

PAROUSIA

L'effimero nell'arte

Il Portale dimensionale di Letizia Cucciarelli Migliorini

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(Santiago del Cile)

Alejandro Aravena +

Centro de Innovacion

Uc Anacleto Angelini 

Si trova in Cile una imponente struttura a metà strada tra una forma di geometria avveniristica ed un blocco massiccio pre-diluviano: tutto ciò è avvenuto nel 2011 a partire da un progetto assolutamente funzionale per l'uso di uffici che rispetta la dinamica ambientale in cui l'innovazione, la progettualità e l'efficienza partono proprio dall'idea di generare ambienti freschi in contrapposizione a quegli edifici che risultando moderni con lo spregiudicato utilizzo del vetro rischiando di diventare delle saune insopportabili.

Questo accorgimento ha sicuramente permesso di dare importanza alla struttura esterna ed in un secondo momento di aggiungere internamente i vetri che consentono alla luce di filtrare evitando che le sale interne restino buie.

Il risultato di queste scelte strutturali è stato quello di dare un valore aggiunto all'impatto visivo nel contesto di riferimento mantenendo in superficie gli aspetti pratici ed in secondo luogo quelli estetici in un iter compositivo di forte impatto e di curiosità da parte di tutti coloro che si trovano fisicamente in presenza di questo piccolo capolavoro di architettura attuale.

GAM (Torino)

Hayez – L'officina del pittore romantico

16 ottobre – 1 aprile 2024

Accusa segreta (1848) Olio su tela                 

Oltre cinque mesi fa è iniziata a Torino presso la Galleria d'Arte Moderna la mostra sul maestro Hayez autore de Il Bacio: la mostra parte da una collaborazione con l'Accademia di Brera trovando così oltre un centinaio di opere che consentono di comprendere la modalità compositiva del maestro veneziano scomparso nel 1882 proprio a Milano. Oltre a pezzi inediti ci sono dipinti celebri provenienti da diverse collezioni pubbliche sino ad opere inserite nei cataloghi di collezioni private.

Emerge scorrendo le sale espositive un indagatore dei sentimenti e di quell'interiorità d'animo tipica dell'espressione volta al sublime della tradizione romantica.

Eppure partendo proprio da questi aspetti introspettivi mirava alla ricerca di ciò che era nascosto da un sorriso, da un'espressione apparentemente trasognata sino a scrutare nell'intima natura del soggetto. Un riportare in luce dunque ciò che un semplice sguardo non vede e per questo una ricerca costante dei sentimenti, delle angosce o di tutta quella serie di atteggiamenti involontari di una semplice posa.

Un qualunque altro pittore non avrebbe potuto arrivare a tanto. Da questo aspetto così personale poi tornava a divertire la vista di decorazioni, di dettagli basati sulla ricerca delle atmosfere mediante l'intervento nei dipinti di paesaggi, di abiti ed orpelli capaci di trasmettere nell'osservatore le dimensioni di quel dato momento.

Il paesaggio esteriore era per lui prosecuzione di quello interiore ed i colori il tramite ideale di questo dialogo metafisico in cui l'unico elemento portante era la verità. 

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PAROUSIA

L'effimero nell'arte

Il portale dimensionale

di Letizia Cucciarelli Migliorini

E' stato concepito e scritto nel 2022 dal sottoscritto il testo dedicato all'artista bolognese Letizia Cucciarelli Migliorini attraverso un costante scambio di telefonate pomeridiane e di lunghe sessioni notturne di scrittura sino al suo completamento definitivo. Tema: lo sconvolgimento dei tempi in corso tra guerre, epidemie e crisi climatiche profetizzate da fattori teologici come l'Apostasia, come la venuta dell'Anticristo espressa forse dalla presenza storica di due papi sino alla Parousia.

Cosa c'entra tutto questo con l'arte e con la nostra artista? Dobbiamo fare un passo indietro ovvero a quando Letizia ha chiuso con l'ultima mostra LOOK OVER il mio spazio espositivo di Torino Rinascenza Contemporanea II.

Aprì cioè nella mostra solstiziale d'inverno un varco spazio temporale spinto poi spinto a Pescara nella mostra solstiziale di quest'estate presso Rinascenza Contemporanea III.

Fattori descritti nel testo in tre parti essenziali: dunque il portale in cui l'aspetto duale tra Jano/ Januaris, il Portale degli Dei ed il Portale degli Uomini così come la fase ascendente e discendente e di conseguenza il San Giovanni Battista invernale ed il San Giovanni estivo portavano ad un equilibrio tale da mettere in campo le chiavi di questi portali: ovvero i due papi di cui parlavamo ovvero Benedetto XVI e Francesco. In questo contesto si entra nella seconda parte ovvero nell'alternanza dei dieci cicli elaborati dall'artista di cui 1.Possession; 2. Papi e santi;3. Mayagods; 4. Non ho le ali; 5. Mix; 6. Il Mito; 7. Art of Smile; 8. Concept; 9. Crocefissione; 10. Impossible Love. E questa è solo una parte della sua produzione.

Infine una terza sezione dedicata all'approfondimento di questo linguaggio iniziatico in cui si tenta la via della descrizione del Decalogo dell'artista intrecciato ad aspetti numerologici che convergono nell'Ars Memoriae di Giordano Bruno secondo cui la sintesi espressiva doveva essere concepita mediante forme.

Tutto questo fa da sfondo alla nostra Letizia nata a Bologna nel 1959 discendente dalla facoltosa famiglia dei Migliorini in cui viene descritta la sua dedizione al mondo dell'arte sin dai tempi adolescenziali e poi nonostante la carriera professionale in tutt'altro ramo il suo approccio al sistema galleristico.

Il libro narra di vicende personali come del trasferimento col marito in Toscana e più precisamente ad Alica per poi approdare al fatidico 2017 in cui da Venezia una visione la stimolò a recarsi a Parigi e da qui la svolta esistenziale.

In questo fervido contesto l'artista descritta dal sottoscritto come una vibrazionista riesce a cogliere questi ponti intra-dimensionali da cui dilatare la percezione alla realtà circostante. Ed in questa dimensione sospesa si immette l'aspetto visionario da cui crea.

Effetti di una mente fervida e fantasiosa che servendosi di qualunque oggetto trovato riesce a dargli vita.

Queste le premesse che dovrebbero incuriosire il lettore a cercare le verità nascoste di una viaggiatrice dell'anima e di una serie di circostanze storiche e metastoriche che intrecciate tra loro nascondono antichi misteri che in questa ricerca tornano in superficie.

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Margot Robbie

La donna più bella del mondo

BARBIE

"Oltre le gambe c'è di più"

Considerata una delle donne più belle al mondo Margot Robbie è sulla cresta dell'onda per una serie di film e scelte di ruoli di prestigio che ne hanno sottolineato le capacità attoriche.

Classe 1990, l'attrice australiana esordisce in soap opere locali sino poi al 2013 in cui Martin Scorsese le dà un ruolo in The Wolf of Wall Street per poi anni dopo lavorare in The legend of Tarzan (2016). Come poterla dimenticare nella controversa pellicola firmata da Quentin Tarantino C'era una volta a…Hollywood o Babylon di Nellie LaRoy del 2022?

Eppure il personaggio che forse le ha conferito fama e rilievo è la cattiva della DC Comics ovvero della cattivissima Harley Quinn in cui la sua bellezza, il suo fascino seducente a metà strada tra l'essere svampita e astuta generano un personaggio contraddittorio e spietato mosso a volte da compassione e nello stesso tempo da un cinismo anaffettivo.

Elementi che in breve tempo l'hanno portata alla candidatura all'Oscar e ad una serie di riconoscimenti.

La giovane attrice proveniente da una fattoria australiana viveva con la madre e due fratelli dopo la separazione dal padre tra la dimensione del mondo rurale e dei nonni.

Fu proprio guardando la televisione che decise di diventare famosa e dopo un percorso di studi in legge e con determinazione approda al grande schermo esordendo nel 2007 in pellicole che la porteranno a sfondare negli anni successivi.

Arriviamo così al 2023 ed al film Barbie di Greta Gerwig. Affiancata da Ryan Gosling nella parte di Ken vivono a Barbieland in un mondo governato dalle donne: nel corso del tempo preoccupandosi di dover morire scopre che i suoi piedi si siano appiattiti e che le sia venuta la cellulite. Così decide di intraprendere un viaggio nel mondo reale e trovare una bambina che giochi con lei ed a questo si aggiunge Ken.

Dopo una serie di disastri trova una proprietaria di nome Sasha la cui madre Gloria, dipendente dalla Mattel aveva trasferito su di lei le proprie angosce. Intanto Ken comprende il valore del patriarcato e torna a Barbieland a risvegliare i suoi simili subordinati. Alla fine troveranno un equilibrio di coesistenza e Barbie troverà anche la co-fondatrice della Mattel che la rassicura sulla sua immortalità sino al colpo di scena finale in cui decide di diventare umana e di vivere nel mondo reale. Ragioni per cui dovrà per la prima volta andare dalla ginecologa. Da questa ultima pellicola ci rendiamo conto di quanto la bellezza, la cosmetica, l'estetica così come la bellezza in generale non rappresentino la sostanza dell'universo femminile e di come l'emancipazione sia democraticamente rappresentata dall'equilibrio delle parti senza sopraffazioni o differenze. Una bambola comprende i suoi limiti e decide di diventare umana e vivere nel mondo della concretezza dove oltre le gambe c'è di più come diceva il brano di una celebre canzone italiana.

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La Vetrina

Domenico Levato

La VETRINA tratta di un artista calabrese: Domenico Levato. Considerata questa e un'altra stampa dedicata a Charlie Chaplin della collezione di Rinascenza Contemporanea (n°5 R.C.) e custodita presso la Serafica di Torino esprime il senso sperimentale del suo estro. La sua forma espressiva a metà tra pop e ricerca sperimentale attraverso ritagli di giornali che gli servono per ottenere contenitori visivi di luce e colore. In questo modo risulta assai complesso distinguere là dove sia la materialità pastosa del colore o dove sia la carta. Ovviamente la sua ricerca non si limita a questo ma si apre alla figurazione sino alla ricerca del paesaggio. Attento all'impatto emozionale è conosciuto come il pittore del vento poiché si concentra sulle pale eoliche e sulla dimensione dinamica per poi cogliere l'impatto delle vele, degli aquiloni e di tutto ciò che rimette in gioco i vecchi paradossi futuristici sino al suo slancio verso le spregiudicatezze Pop in cui richiama personaggi famosi celebrandoli attraverso la sua creatività. Aspetti questi che sono stati affrontati ne AION. Il Tetramorfo ovvero Il Quarto Libro della Natura.

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 Gene Wilder

Nato da una famiglia di ebrei russi terminò l'università negli Stati Uniti per poi andare in Inghilterra dove studiò recitazione. Tornato in patria oltre a dare lezioni di scherma lavorava nei teatri di periferia sino poi ad approdare all'Actors Studio che gli aprì le porte di Hollywood: in quegli anni fu uno sceneggiatore a suggerirgli di cambiar nome da Silberman a Wilder come il celebre scrittore Thornton Wilder. Negli anni successivi conobbe Mel Brooks da cui si apre la sua vera carriera cinematografica. Da Per favore non toccate le vecchiette del 1968 in cui riceve l'Oscar come miglior attore non protagonista giunge a recitare nei suoi capolavori: Wonka e la fabbrica di cioccolato del 1971e finalmente Frankenstein Junior del 1974.

Questi sono gli anni d'oro con Wagons-lits con omicidi del'77 fino a Scusi, dov'è il West? Ed ancora La signora in rosso e film cult come Non guardarmi: non ti sento dell'89.

Da qui i ruoli come protagonista vanno calando progressivamente e via via si allontana dalle scene. Sappiamo che dedicatosi alla scrittura pubblicò nel 2005 un romanzo autoobiografico intitolato Baciami come uno sconosciuto sino poi a scrivere un romanzo La mia puttana francese del 2008 ambientato durante la prima guerra mondiale sino poi a convergere in altri scritti e racconti. Sappiamo che 2016 muore nel Connecticut in seguito al peggioramento dell'Alzheimer.

Tra le ricerche svolte a proposito dell'attore abbiamo riscoperto l'uomo: si sposò quattro volte di cui proprio il terzo matrimonio era quello con Gilda Radner ovvero l'attrice dello show Saturday Night Live e nonostante problemi di salute a seguito di un tumore al tessuto linfatico riuscì poi a cavarsela.

Gene era l'attore dallo sguardo magnetico a metà strada tra il comico e il romantico, il dissacratore degli stereotipi mediante la parodia di situazioni normali portate al limite se non all'inverosimile portando così il pubblico ad immedesimarsi nell'assurdità delle situazioni in sé che poi si rivelano concrete e non così distanti dalla vita reale. Ecco allora la capacità di rileggere gli aspetti del concreto e stravolgerli mostrandone la fallibilità e i punti deboli da cui crollare e ripartire.

Di solito tratta di personaggi ordinari che poi per cause esterne si trovano a dover fare i conti con situazioni impensabili a cui non avrebbero mai fatto riferimento e questo tira fuori da loro il peggio (le angosce, la volgarità, la paura). Eppure questi eroi/anti-eroi decadenti alla fine si rialzano e se i nemici sono agenti segreti, bande feroci o massa impazzita di folla scatenata il protagonista riesce a gestire da profano una situazione inverosimile sino al consueto lieto fine.

Mettendo in campo la tragicomica realtà Wilder metteva in scena le debolezze umane e proprio il suo celebre sguardo quasi rassicurava chi si trovava in quelle gag paradossali.

Persino la pellicola storica che narra di Frankenstein viene stravolta dall'interno a metà tra l'opera della Shelley ed il mito di Dracula in cui l'eros, la lotta tra la vita e la morte così come il desiderio di compiere una scoperta sensazionale lo trova impreparato grazie anche all'apporto di Marty Feldman nelle vesti di Igor e di Peter Boyle in quelle del mostro fuori dal tempo.

Insomma dal quarto film di Mel Brooks al capolavoro di recitazione imperfetta di Wilder il copione viene riletto dalla sagacia di uno sguardo beffardo che diceva più delle parole: uno sguardo sincero e romantico appunto in contrasto alle situazioni assurde ed all'impeto della comicità esilerante.

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L'inutilismo dell'arte contemporanea

Tra fiere e mercatini dell'autoreferenzialità

La distanza del pubblico 

E' da anni che i modelli culturali determinati dal Sistema dell'Arte ruotano intorno a fenomeni di visibilità più che di capacità intrinseca dell'artista coinvolto nel senso che quest'ultimo, in linea generale tenda a esaltare la propria capacità fluendo attraverso il mercato anziché concentrarsi davvero sul proprio approccio al linguaggio. In questo senso è proprio il linguaggio ad entrare in crisi: la ricerca, la sperimentazione, lo studio dovrebbero essere esercizi di stile per raggiungere una propria forma espressiva che poi se venduta o meno è relativo. Eppure non funziona così: gli artisti a prescindere dal proprio livello di consapevolezza pubblicizzano alla meglio i loro operati attraverso piattaforme digitali, gallerie e spazi deputati all'esposizione senza rendersi davvero conto di quale sia il grado del proprio linguaggio nel momento in cui desiderano condividerlo con il pubblico.

Ed eccoci arrivati al punto: sbocciano come funghi queste fiere dell'arte in cui a mo' di mercato in fiera interi padiglioni di artisti italiani e stranieri si avvicendano in un iter sconsiderato ove la massa pascola smarrita. Orde di turisti/curiosi passano da uno stand all'all'altro per chilometri osservando distrattamente centinaia di opere anonime dove i nomi degli artefici si annullano costantemente sino a perdere consistenza ed il risultato è la distanza incolmabile tra pubblico e arte. Sì perché l'artista contemporaneo valuta egocentricamente di essere perennemente sul pezzo, nell'opera definitiva e innovativa: scimmiottando le formule espressive del secolo precedente mostra la propria intellettualità dove le didascalie stracariche di informazioni giustificano le proprie scelte tentando la disperata via della comprensione, motivando le scelte azzardate ed ridimensionando ulteriormente la libera fruizione dettata dall'interpretazione di chi si approccia al manufatto. Ragioni che disilludono il pubblico oramai avvezzo a questa iper intellettualità dell'artista che resta ibrido, sconosciuto e asettico. Ci sono state fasi dell'Avanguardia in cui il farsi comprendere dal pubblico era irrilevante e l'artista desiderava generare una rottura dagli schemi da cui prendevano forma nuovi linguaggi o modi di intendere la realtà: oggi invece, in linea di massima quella rottura fa parte dell'espressione a prescindere eppure con un grado di autoreferenzialità che pone all'artista uno specchio deformato del proprio Sé aprendolo a persone che desiderano ritrovare nicchie libere da qualunque intromissione. Quindi assistiamo a spazi creativi carichi, strabordanti, appesantiti da una referenzialità celebrativa incapace di aprirsi realmente agli altri ed il risultato è il pressapochismo, il qualunquismo generalista e relativistico della comunicazione incomunicante.

Su questi postulati è assurdo muoversi nei labirinti delle Biennali, delle Triennali o delle Quadriennali: bazar di idee che si appiattiscono nella mente. Immaginiamo contesti paradossali come Artissima, Paratissima, la Fiera del Libro o sistemi galleristici in cui dominano i grandi nomi della storia dell'arte che finiscono in aste. Il valore spirituale dell'opera decade nell'inutilismo becero di chi vede e compra.

Agli artisti fa gola tutto questo: nelle mostre non si parla di sentimento, di creazione, di estetica ma di vendite, di piazzare il pezzo d'arte ridotto ad articolo di vendita affinché un collezionista compri.

Questo materialismo od utilitarismo di ciò che è inutile ma che dovrebbe dilatare la propria percezione riduce l'inutile all'utile perché realizzato e prodotto e per questo valutato, quotato e messo in vendita come oggetto di scambio. Niente di più aberrante. Una mostra d'arte dovrebbe essere allestita in nome di una ricerca condivisa in cui il fruitore dovrebbe immergersi letteralmente nel percorso creativo di un solo pittore ed in questo modo afferrare la curiosità, toccare i sentimenti e condividere aspetti intimi del proprio vissuto. Invece no: è possibile toccare la propria anima in fiere e mercatini dell'autoreferenzialità? E' possibile toccare col cuore ancor prima che con la mente od il portafogli aspetti così profondi in questi iper contenitori in cui prime donne declamano le proprie visioni e curatori stravaganti pavoneggiano le proprie concezioni bizzarre ad una massa confusa e sempre più distante dalle cose messe in campo.

Perché di cose si tratta, oggetti dotati di spirito come espressione di una filosofia congelata ma in queste fiere da botteghino non si esalta lo spirito perché il mercato domina e l'utilità dell'inutile serpeggia perché dotato di valore. Parliamo di un valore relativo perché l'arte sarà sempre svalutata.

Nessun artista può quantificarsi in base a quanto venda. Solo le mode rientrano in questa funzione ma sono le mode a trascinare, le tendenze ad attrarre e tutti, dai pittori al pubblico vanno a guardare dissociati smarrendosi ed uscendo dalle maratone culturali perennemente delusi.

L'autoreferenzialità perde di vista l'epoca in corso ed il concettualismo novecentesco si appiattisce allo schema portante relativizzando il tentativo stesso di spiccare ad un grido nel vuoto in cui solo l'inutilismo predomina. Il volersi far capire per non risultare visionari o tentando la via del visionario giustificandolo ai non addetti ai lavori.

Troppa razionalità per un discorso spontaneo, troppe fiere in cui il pubblico si smarrisce. Bisogna tronare a dipingere. Bisogna tornare ad esporre e che al mercato si vada a comprare la frutta.

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DECOSTRUZIONISM

Questo termine è stato coniato oltre cinquant'anni fa e mai come ora è appropriato. Quando parliamo di Decostruzione infatti tornano subito alla mente gli esami universitari in filosofia in cui si affrontavano autori come Heidegger e Derrida il cui scopo fondamentale del pensiero era quello di ricercare blocchi e contraddizioni in un super discorso totalizzante e sistematico sino al suo slittamento critico svelandone così i propri limiti. Da questi spunti prese forma in architettura il decostruttivismo che negli anni '80 spinse verso dimensioni fluide, assolutamente plastiche generando così nuove nicchie di progettazione: da Peter Esienman a Zaha Hadid sino a Vlado Milunic la perdita dell'ortogonalità all'implosione dello spazio per giungere alla pura frammentazione.

Lo scenario della realtà storica in cui siamo piombati segue questa linea: l'apparente narrazione sviluppa un sistema chiuso in cui i riferimenti logici e divulgati dai media decadono mediante contraddizioni eclatanti che ne deturpano chiaramente la messa in atto.

Da una parte dunque la narrazione unifica mentre dall'altra la realtà prende una forma ben diversa: assistiamo continuamente alla narrazione di sbarchi e all'aiuto di navi di profughi che in realtà nasconde il commercio e la tratta umana; si parla di uguaglianza di genere mentre la realtà mostra ancora la differenza verso le donne o le minoranze gender; peggio ancora sul piano internazionale la Nato e il Brics oramai decantano le proprie ragioni finanziando la guerra o inneggiando la pace giusta mentre stanno muovendo apertamente le proprie risorse belliche lungo il confine della cortina coinvolgendo globalmente anche nazioni apparentemente distanti.

Dall'Ucraina in macerie al confine polacco, dalla Lituania sino ai focolai in Uzbekistan, dalla striscia di Gaza in cui israeliani e palestinesi compiono massacri, dall'Africa occidentale a quella orientale sino a Taiwan perennemente inquieta. Insomma gli insegnamenti di pace e di armonia tra i popoli che la mia generazione aveva accettato stanno andando lentamente in frantumi e lo abbiamo visto prima con la questione sanitaria che necessitava di riconoscimento digitale e adesso con la storia ambientale dell'It Alert che proietta in avanti gli allarmismi militari.

La Decostruzione è dilagante mentre il nostro Paese cade a pezzi tra finte promesse di sviluppo mentre le imprese falliscono e la disoccupazione si estende a macchia d'olio.

L'integrità delle masse omologate al digitale tranne qualche controtendenza della generazione Z accetterà gradualmente questo disastro. Intanto la guerra fredda sta diventando tiepida mentre la società liquida sta divenendo aeriforme. Lo scenario perfetto per una decostruzione che noi chiamiamo progresso. 

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Accadde davvero:

Quando l'arte   fa notizia

Ai posteri l'ardua sentenza

Siamo alle solite. Eccezionalismo giornalistico anziché verità dei fatti, scoop per un pugno di dollari tralasciando la verità. Esperti e prime donne a confronto.

Qualche mese fa tra blogger e leoni da tastiera pronti a puntare il dito girava la notizia di un'opera attribuita a Raffaello senza accurata ricerca da parte dei sostenitori o di analisi delle fonti da cui è partita la bagarre. Le documentazioni in proposito sarebbero opportune ma al momento sono poche. Dunque mi limito ad un'analisi dell'analisi mossa esclusivamente dal desiderio di avvicinarmi alla verità e non come certi arroganti che pretendono non solo di diffonderla ma di possederla e pontificarla.

Partiamo da un presupposto: Raffaello come ci attesta Vasari andò a lavorare nella bottega del Perugino tra il 1494 e il 1498 periodo in cui apprese dal maestro tecniche che perfezionò nel tempo.

Eppure risale a quel periodo la realizzazione della Santa Maria Maddalena in cui Perugino utilizzò come modella proprio sua moglie Chiara Fancelli che posò sia per lui che per il giovane Raffaello per la realizzazione di tante Madonne.

Ora Perugino discendeva dalla bottega del Verrocchio da cui impresse la linearità dello stile fiancheggiando mostri sacri del calibro di Leonardo, Botticelli, Ghirlandaio spingendosi così oltre la maestosità di Piero della Francesca. Stravolse la pittura stessa facendola divenir moderna armonizzando il colore verso la luce e scaricandone la modulazione verso l'equilibrio e la linearità che ne facevano da contraltare.

Cose che emergono dall'opera in questione? Tra i caratteri realizzativi vediamo l'utilizzo totale dello sfumato e di una certa leggerezza in contrasto allo sfondo scuro che sembra invece assorbire il soggetto anziché spingerlo in fuori. Altro che forma angelicata alla Perugino ma mossa da inquietudine e tensione.

Quindi sarebbe alla maniera di Leonardo? Assolutamente no ma Raffaello ne diverrebbe il ponte ideale.

Seguendo questa via analitica torniamo al punto di partenza: chi ne sarebbe l'autore? Proviene sicuramente dalla bottega del Perugino (almeno per l'uso della modella) ma lo stile fa cadere il castello di carta.  

Esistono altre versioni della Maddalena oltre quella originale come quella definita "di bottega" presso Villa Borghese e poi quella in questione che fa parte di una collezione privata all'estero: secondo alcune teorie sarebbe addirittura stata la prima versione da cui sarebbero originate le altre.

Quello che rinvia a Raffaello è la tecnica dello spolvero a cui seguono diversi interventi nel corso del tempo.

La cosa che ha fatto scalpore sono le dichiarazioni di una studiosa che qualche tempo fa a Pergola aveva rivelato tale attribuzione sino alle polemiche degli studiosi contrari tra flop, copia e incolla di urlatori e personaggi noti che ne hanno ne fatto motivo di rivalsa.  

Ma di chi è quest'opera? Poteva Raffaello una volta uscito dalla bottega del suo maestro continuare a dipingerne la moglie? Sicuramente il realismo dell'incarnato, la ricerca chiaroscurale e la cura dell'espressione del soggetto ha spinto esperti a riconoscere la propensione pittorica dell'Urbinate prossima più a Leonardo che a Perugino.

Eppure molte prime donne lanciano epiteti e la massa ignorante dice la propria senza alcuna prova. L'opera sarà oggetto di altre polemiche e i cialtroni diranno la loro.

Noi prima di esprimerci attendiamo invece le analisi che saranno svolte dagli studiosi.

Sicuramente l'opera in questione è postuma a quella del Divin Pittore pur seguendone la maniera vertendo a qualcosa di nuovo e che da quella bottega prese le mosse. 

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Cinema:

DER MEDICUS

Storia di un medico

Medicus è un film diretto da Philipp Stolzl del 2013 e prodotto in Germania. Basato sul romanzo di Noah Gordon e sceneggiato da Jan Berger vede un cast consistente pensando a Tom Payne nel ruolo del protagonista Rob Cole, Emma Rigby in quello di Rebecca così come di Stellan Skarsgard per non parlare del grande Ben Kingsley nei panni del maestro guaritore Ibn Sina.

La storia è ambientata nell'Inghilterra dell'XI secolo e di come il giovane Robert Cole rimasto orfano della madre a causa della malattia del fianco (ovvero l'appendicite) al tempo incurabile mentre i fratelli più piccoli vengono letteralmente comprati per pochi denari lui segue il vecchio cerusico che gira di contado in contado portando rimedi e vendendo lozioni curative sul proprio carro scassato a metà tra inganni e superstizioni.

Il film mostra le differenze tra un occidente decadente in cui le guarigioni erano attuate servendosi di salassi, sanguisughe, pozioni condannate dalla Chiesa seguendo cioè i concetti degli umori e della volontà divina e del risoluto mondo orientale che seguiva gli insegnamenti di Aristotele, di Galeno e Ippocrate.

Il sogno del protagonista è quello di superare il maestro cerusico e di guarire realmente gli ammalati. Cosa che non riuscì a fare verso sua madre. Da quella esperienza gli rimane un dono: sente in un attimo il tempo fermarsi e con il semplice contatto della sua mano percepire la morte avanzare.

Proprio grazie ad un problema di cataratta del suo mentore Robert apprende da sapienti ebrei di un grande maestro in grado di curare qualsiasi malanno. Robert così coltiva il desiderio di raggiungere la Persia e seguire il maestro Ibn Sina famoso per aver creato una scuola di medicina unica al mondo e divenire così un guaritore.

Partito dall'Inghilterra approda nelle terre islamiche vietate ai cristiani e decide di circoncidersi per mischiarsi agli ebrei e raggiunge la madrasa persiana di Isfahan sotto la corte dello Scià Ala ad-Daula.

Qui apprende tantissimo sulle arti curative mentre gli Imam avversari dello Scià decidono rappresaglie antiebraiche cercando l'appoggio dei sanguinari Selgiudichi. Da una parte scoppia la peste e la città viene messa a ferro e fuoco: persino il maestro non è in grado di comprendere le cause del terribile flagello che decima progressivamente centinaia di persone in poche settimane. Ma l'intuizione di Robert è determinante per la lotta alla malattia comprendendo che siano le pulci ad infettare le persone e che queste a loro volta derivino dai ratti. Spazia dalla medicina alla filosofia mentre progredisce la sua storia d'amore con la bellissima Rebecca conosciuta durante il viaggio sulle carovane e promessa in sposa da un membro della comunità ebraica protetta dallo Scià.

Intanto Robert scopre rimedi curativi unici al mondo e comprendendo l'importanza dell'anatomia quale mezzo di sapienza per sapere come funzioni l'organismo umano decidendo di sezionare il cadavere di un anziano zoroastriano (secondo cui quando l'anima abbandona il corpo dovrebbe essere dato in pasto ai corvi). Da questo momento gli si apre la mente e disegna, analizza, scompone gli organi umani.

Comprese le cause riescono i medici a salvare la città dall'epidemia proprio nel momento in cui i Selgiudichi attaccano frontalmente il nemico.

Lo Scià intanto si ammala di appendicite e chiede ai salvatori della città di salvargli la vita: dapprima arrestato dagli islamici con l'accusa di negromanzia viene liberato e per la prima volta effettua un'operazione salvando la vita dello Scià. In questo modo lo Scià scende in guerra ma i Selgiudichi hanno la meglio entrando così nella città in fiamme.

Il maestro decide di avvelenarsi mentre Robert e la sua futura compagna emigrano in Inghilterra ove aprirà un ospedale.

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Connotazioni etiche della censura

Quando le cose non cambiano

Risvolti storici della cultura dell'arte

Il fattore censorio fa parte della cultura umana per il semplice fatto che in seguito ad una rivoluzione ideologica vengano sconvolti i parametri che predominavano sino a quel dato momento. Pensiamo alla controversa storia del Giudizio Universale michelangiolesco: nella fase del Concilio di Trento in risposta alla Riforma Protestante fu imposta dalla Chiesa una severa condanna al celebre affresco che oltre venticinque anni prima aveva realizzato il maestro toscano ormai deceduto. Ecco che Daniele Ricciarelli conosciuto come Daniele da Volterra fu incaricato di nascondere le nudità di Michelangiolo coprendole con delle braghe.

Da qui passò alla storia come il Braghettone: in molti casi ridipinse dettagli o intere parti sino a colpi di scalpello affinché fossero nascoste alla vista dei fedeli le parti intime.  

Questo episodio è solo un esempio tra i tanti di come forme artistiche normalmente utilizzate cambino al variare di ideologie e norme ad esse collegate sino a mutarne il senso ultimo.

Ciò ovviamente non valeva solo nei secoli precedenti ma è un fatto di attualità seppur in maniera diversa. Da sempre il mondo intellettuale ha definito idee, teorie, modelli di pensiero che hanno sconvolto quello vigente.

Eppure la libertà di pensiero mai come in questa delicatissima fase rischia di essere compromessa per via di una narrazione dominante piuttosto consolidata.

L'arte è espressione individuale attraverso mezzi messi in campo da una cultura ed essa si serve del linguaggio per raggiungere i rispettivi fruitori. Trattando proprio delle nuove forme di linguaggio digitale e degli atteggiamenti che da esso derivano siamo in grado di distinguere due fenomeni in particolare in netta contrapposizione: il BAN e la Westmister Declaration.

Partiamo dal primo caso dicendo che sotto l'aspetto di regolamenti precostituiti dalle società civili anche il social network necessiti di strumenti di controllo. Stando a questa variante ogni volta che un individuo accetti di rispettare delle norme in una community dal momento in cui venisse meno ad esse potrebbe esser bannato ovvero segnalato se non bloccato dal moderatore del gruppo o dall'algoritmo. In base alla scorrettezza il bannaggio può essere momentaneo, permanente oppure ciò che in gergo viene chiamato Shadow Ban che corrisponde al mantenimento dell'account riducendone la visibilità. 

Le piattaforme utilizzano questi dispositivi per evitare hacker, molestatori, virus ma potrebbero rientrare in un sistema subdolo di censura per tutto ciò che evidentemente fuoriuscisse dal politicamente corretto. Su un piano più ampio rientra in quel fenomeno denominato Cancel Culture secondo cui verrebbero eliminati sul piano lavorativo tutti quei comportamenti scorretti che potrebbero eventualmente ledere moralmente, sessualmente o psicologicamente altre persone.

Questo tipo di intervento esterno garantirebbe dunque una sorta di fluidità e decenza escludendo l'accusato dalla sua posizione privilegiata: è stato per vie diverse il caso di star hollywoodiane del calibro di Woody Allen, Roman Polanski così come di Kevin Spacey o del celebre produttore Harvey Weinstein che per abusi del loro potere hanno subito processi legali.

Il punto è fino a dove questo tipo di sovrastruttura di controllo sia limitata alla sua inequivocabile funzione senza essere pilotata oltre la sua giusta natura giuridica per acquietare pensieri divergenti da quello dominante.

A questo punto assistiamo al secondo caso ovvero alla reazione mediante la Westmister Declaration ovvero un documento firmato dai maggiori pensatori ed intellettuali del mondo secondo cui la cultura non dovrebbe avere bavagli sino ad una legittima reazione al Digital Service Act europeo che pretenderebbe di definire ciò che è passabile da ciò che non lo è seguendo uno schema politicizzato e non dalla parte dei liberi pensatori.

Pensiamo infatti ad economisti come Niall Ferguson, a Jordan Peterson ed altri dalla parte della libertà di espressione che desiderano mettere in pratica l'articolo 19 della Costituzione dei Diritti Umani del 1948 secondo cui:"... ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione o quella di cercare, ricevere e diffondere informazioni o idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere". Direi che al momento non ci sia da aggiungere altro. 

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CONAN

Il Ragazzo del Futuro

E' del 1978 l'anime televisivo diretto da Hayao Miyazaki. Ogni puntata iniziava così: " Nel mese di luglio dell'anno 2008, la razza umana sfiorò la completa estinzione. In pochi istanti, le armi elettromagnetiche cancellarono più di metà degli esseri viventi dalla faccia del pianeta. Il cataclisma causò uno spostamento traumatico dell'asse terrestre e i continenti finirono quasi interamente sommersi dalle acque". Nel 2028 la scoperta dell'antigravità genera una tecnologia avanzata consentendo all'avanzata Indastria di proliferare su ciò che rimane del pianeta. Conan è uno dei sopravvissuti e vive su un'isola deserta che ad un certo punto conosce Lana sino al suo rapimento da parte di Monsley che spingerà il protagonista ad intraprendere una serie di avventure che culminerà nella totale distruzione di Indastria ed alla volontà dei protagonisti di trasferirsi sull'isola di High Harbor per ricostruire una nuova era per l'umanità. In realtà Conan era figlio di astronauti che avevano tentato di mettersi in salvo dall'apocalisse: quindi come forma avanzata di entità sovrumana Conan è una specie di Robison Crusoe ovvero dell'eroe che proviene dal mondo evoluto e che riesce ad adattarsi alla natura attraverso il continuo contatto con le cose concrete e questo lo mette in una situazione di superiorità rispetto agli antagonisti rinchiusi nei propri abitacoli tecnologici. Non male per un cartone animato di oltre quarant'anni fa in cui fatti come la Terza Guerra Mondiale o cambiamenti climatici sono realtà. Ci sarà davvero un salvatore proveniente dallo spazio? Chissà?! 

Critica della Critica

Estetica attuale

Esiste ancora il bello?

Valutare oggi un'opera d'arte risulta un'operazione assai complessa considerando diversi fattori che incidono sui criteri stessi della valutazione: il contesto di riferimento dell'artista, la posizione dell'opera nel sistema di mercato da cui proviene, la quotazione di partenza così come i materiali utilizzati nella scelta esecutiva ed infine il curriculum espositivo. Eppure tutto ciò non basta sulla valutazione dell'impatto emotivo così come del rapporto che l'opera stabilisce sul suo fruitore: in questo caso parliamo di gusto individuale e non di estetica realizzativa. Da sempre la significazione profonda si basa sul senso estetico di quel dato momento ed in questa direzione è fondamentale partire dalla conoscenza del valutatore e da un'innata profondità d'animo che tenti di entrare in contatto con la dimensione creativa di quel dato artista.

Ora potremmo lanciarci in diatribe intellettuali considerando il perturbante freudiano tornando al concetto kantiano di sublime. Può ancora la bellezza essere strumento di comparazione tra l'opera e la realtà di riferimento? Dato che l'individualità regna sovrana la concezione estetica contemporanea mira all'essenzialità cerebrale ovvero all'impatto discorsivo che quella data opera eserciti al fruitore scartandone la provenienza culturale o geografica e mirando invece ad archetipi universali.

Il risultato è che l'artista intellettuale, provocatore, iper-critico di sé stesso generi uno spazio metafisico in cui le idee vengono prima della realtà, in cui il concetto trasformi, manipoli, esasperi la realtà da cui parte per definirne un punto di vista originale.

L'estetica attuale dunque si discosta dai principi marxisti secondo cui erano considerati i principi socioeconomici dell'opera o quelli dei formalisti russi attenti allo straniamento o secondo l'esistenzialismo heideggeriano ciò che mirasse al vero: il vero, il bello ed il buono sono oramai parametri surclassati in nome di qualcosa di più mentale.

E' proprio questo cerebralismo portante, questo mentalismo latente, questa iper-critica dell'opera stessa che ha svuotato i criteri espressivi dell'arte appiattendola a riflessioni concettuali secondo cui non è ciò che si vede a veicolare lo sguardo ma è ciò che si vede ad insinuare un'idea. Più è controversa più incide, più colpisce più è efficace, più è unica più è evidente. Il bello è stato così trasformato in critica e questa in espressione di intelligenza.

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Lucian Freud

Nato a Berlino nel 1922 il tedesco Lucian Freud nipote del noto psicologo si trasferì in Inghilterra. Abbiamo del noto artista una scultura del '37 grazie alla quale poté accedere alla School of Arts and Crafts ed una serie di studi che lo portarono alla maturazione stilistica.

In questo senso sono note le sue visioni figurative esasperate che lo introiettano all'espressionismo puro in relazione proprio alla Nuova Oggettività tedesca. Con un altro grande del suo tempo, Francis Bacon e Ben Nicholson espose alla Biennale di Venezia anche se qualche anno prima ed esattamente nel 1944 aveva realizzato una prima personale proprio in Gran Bretagna.

Da qui la svolta: abbandona il rigorismo espressivo legato agli stereotipi culturali della sua ricerca e si sgancia paradossalmente da ciò che lo aveva innalzato: in altre parole via via si distacca dall'espressione immediata penetrando sempre più gli strati profondi dell'essere e da questo momento in poi inizia ad esporre in tutto il mondo sbarcando ad esempio in Giappone e così in Francia. Giunto a piena maturità e consapevolezza della propria ricerca si spense nel 2011 in seguito ad una breve malattia che lo portò via ad ottantotto anni.

Ma quanto Freud poteva essere considerato pittore della realtà? Per lui evidentemente non solo il soggetto ma la realtà stessa erano un pretesto per dipingere, per stravolgere, per sperimentare.

Tutto infatti ruotava intorno al personaggio che dipingeva tentando di carpirne lo stato interiore, le pulsioni, la sofferenza e questo dal dettaglio, dalla tensione di un muscolo, un'espressione mettevano in luce aspetti che la realtà e la velocità non potevano cogliere.

Forse era la stessa operazione del suo avo in maniera artistica e per questo materializzata al fisico, al concreto, alla carne di cui era ossessionato perché voleva dire le cose come stavano veramente senza veli di conformismo o filtri ideologici.

Ecco allora venire in superficie i suoi modelli pittorici che risalivano da Holbein, da Rembrandt e Velasquez fino a tutta una serie di lavori suggeriti dal precisionismo nordico.

Allora mettendo in prospettiva le sue ragioni private, la ricerca ossessiva della forma e il desiderio di carpirla, farla propria e vederla dentro rendeva la pittura materia e nel definirla la studiava, la analizzava tentando di mostrarne aspetti occulti.

L'opera meta-psicologica scrutava le angosce, le colpe, le ossessioni dei suoi personaggi e con essi esprimeva il senso esistenziale del suo turbamento, le finzioni di una civiltà ipocrita e del tormento che qualunque mente pensante dovrebbe vivere nel proprio tempo.

Painter Working, Reflection (1993)

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