Ventitreesima Uscita
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PRIMO PIANO: paure, angosce e sentimenti disequazionali per un'epoca tormentata
L'isola dei morti:
ovvero
Un luogo tranquillo (Pagina 12)
La terra un luogo tranquillo? Assolutamente no:
Bocklin ci trasmette un incubo
Libri da leggere:
Un sogno ad occhi aperti:
Paulo Coelho e l'alchimia esistenziale del racconto
L'ALCHIMISTA (Pagine 3)
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ARCHITETTURA: Cape Canaveral (USA)
Launch Complex 34
Si tratta di una delle strutture architettoniche che fanno parte della storia dell'uomo oltre che di quella americana: stiamo parlando della rampa di lancio Launch Complex 34 della base statunitense di Cape Canaveral da cui partì John Glenn per i primi viaggi in orbita e da cui avvennero i primi lanci missilistici.
Un blocco di cemento e acciaio dal quale la ricerca scientifica è decollata per portare l'uomo nello spazio e successivamente per approdare sulla Luna.
Osservando questo rudere dell'era spaziale sembra di poter assaporare ancora quei momenti indimenticabili per la storia pioneristica degli astronauti ED White, Roger Chaffee e Gus Grissom che morirono a causa di un incendio nel 1967 dentro la capsula dell'Apollo 1.
Una targa in ottone commemora i tre astronauti morti in quel fatidico giorno che avrebbe aperto la strada al programma Apollo sino al fatidico 16 luglio del '69 in cui allunarono Collins, Aldrin ed Armstrong.
Dopo quarant'anni ULA e Space X stanno provando a rilanciare la corsa allo spazio organizzando equipaggi umani destinati alla Stazione Spaziale Internazionale.
Eppure il blocco granitico disperso nel vuoto
circostante rievoca i momenti incerti di una guerra fredda che stimolava i
blocchi contrapposti a competere sul piano scientifico e che portarono tra gli
anni'60 e '70 a circa sei allunaggi. Ora sulla luna sventola la bandiera
indiana dopo l'allunaggio del modulo Moon Impact Probe.
Pinacoteca di Brera (Milano)
Il Mantegna a Brera
La Pinacoteca di Brera offre al suo interno un allestimento fuori dal comune e che ci invidieranno sicuramente in tutto il mondo: due prime donne dell'arte universale competeranno per mostrare al mondo la nostra eccellenza.
Si tratta della Pietà di Giovanni Bellini e del capolavoro dei capolavori ovvero il Cristo Morto di Andrea Mantegna.
E' una scenografia mastodontica allestita da capolavori di notevole pregio anche perché fino a poco tempo fa erano collocati in posizioni che non ne mettevano in risalto la loro grandezza. Sappiamo che è stato Ermanno Olmi a contribuire alla realizzazione del progetto che intende valorizzare l'aspetto scenografico, iconografico ed illuminotecnico del nuovo adattamento generando così una super – istallazione in cui la Pietà belliniana diviene quasi un elemento introduttivo al Cristo Morto di Mantegna posto invece proprio sul fondo di una saletta e raggiungendo così la degna consacrazione dei contemporanei.
Ecco come la pittura rinascimentale settentrionale trova una nuova collocazione nella modernità dando rilievo alla pittura nordica atta a divenire parte dello spazio mediante il senso coloristico che la dilatava all'architettura circostante.
Fondamentale è proprio la dedizione che Olmi ha riservato all'opera del Mantegna che da quello che sappiamo tenne per sé in termini devozionali e che sconvolgeva il senso prospettico riprendendo il corpo del Salvatore disteso e posto in direzione degli spettatori/devoti dai piedi da cui si vedono le ferite dopo la crocefissione. Quindi da una parte la tempera su tavola del Bellini realizzata tra il 1464 e il 1470 in cui esprime i canoni della scuola veneta fondati sulla luce ed il colore tipici di quel primo rinascimento che si diversificò altrove mentre dall'altra il capolavoro della scuola lombarda in cui il Cristo Morto ovvero una tempera su tela concepita tra 1470- 1473 in cui concretizza il valore plastico e prospettico fondandosi sulla profondità della narrazione. Olmi così ha ridato luce a capolavori dell'arte universale trovando un'innovativa collocazione attuale.
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L'ALCHIMISTA
Paulo Coelho
Il viaggio di iniziazione
Quello di cui parliamo oggi è uno dei romanzi più affascinati e profondi che abbia mai letto e riletto nel corso della mia esistenza.
Testo unico, semplice, scorrevole.
Sembra una storia ordinaria che poi stravolge il lettore calando la storia nella storia allo svelamento finale che chiude il cerchio di una mistica fuori dall'ordinario.
Era da tempo infatti che desideravo condividere questa mia predilezione per l'opera di Paulo Coelho edita per la prima volta nel 1988 e poi diffusa globalmente con più di cento milioni di copie e tradotta in oltre centocinquanta paesi.
La storia narra delle vicende del suo protagonista chiamato Santiago, un giovane pastore che vive verso la fine dell'800 il quale ossessionato da un sogno ricorrente si rivolge ad una zingara svelando che avrebbe localizzato un tesoro presso le piramidi egizie.
Così attraversa tutta l'Andalusia in un viaggio iniziatico che gli consente di attraversare il mare e giungere così in Egitto.
Il giovane pastorello conosce lungo il viaggio un vecchio saggio che gli fa vendere le pecore e che gli dona due pietre magiche: Urim e Tummin che indicano il favore e lo sfavore; da qui giunge a Tangeri dove viene derubato di tutto mettendosi così a lavorare per un emporio per oltre un anno da cui partirà nuovamente unendosi ad una carovana.
Sarà la volta dell'alchimista incontrato nell'oasi di El Fayum che gli insegnerà i segreti della natura e che metterà in pratica durante lo scontro di clan rivali.
Dopo aver incontrato Fatima, una ragazza araba prosegue per giungere alle Piramidi dove ha a che fare con dei predoni che gli confidano il sogno che riguardava proprio la chiesetta diroccata in Andalusia da cui proveniva.
Dunque seguendo i sogni aveva dovuto incontrare quei malfattori che custodivano il luogo della sua fortuna: ripartito con la sicurezza di aver ritrovato la via giunge nuovamente a casa dove dissotterra il suo tesoro. Questa volta felice, ricco e sereno ripaga la zingara dei suoi debiti e va a cercare l'araba Fatima e ne fa la sua sposa.
Colpisce di questa storia la semplicità narrativa, la scorrevolezza di una storia che apparentemente sembra narrare di uno scapestrato che vive alla giornata per le contrade ispaniche e che sogna qualcosa che lo distolga da quella miseria.
Eppure ha fede in ciò che sogna ed il tesoro sepolto ai piedi delle Piramidi risveglia in lui il desiderio di lasciare tutto e muoversi per il mondo attraversando addirittura il mare.
Spesso si perde d'animo eppure non desiste: anche nelle situazioni più tragiche trova il sistema di rialzarsi in piedi e di ricominciare.
Ma il colpo di scena è proprio verso la conclusione del suo viaggio perché scopre che il suo sogno era il luogo in cui avrebbe incontrato coloro che gli avrebbero alla fine di tutto svelato dove si trovasse realmente il suo tesoro.
Il viaggio iniziatico consente al giovane andaluso di tornare a casa più
ricco non solo dei denari seppelliti ma di esperienze magiche che lo fan crescere
sul piano emotivo, esperienziale, sentimentale. La ricchezza diviene simbolo di
una crescita che ogni lettore dovrà compiere nella propria vita.
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Forme di linguaggio e di consapevolezza artistica
INNO ai DIPINTORI
Tra illusioni e status sociale
L'arte è l'essenza delle cose. Attraverso di essa il creatore esalta lo spirito ed entra nelle zone inesplorate dell'anima pura.
Sono un critico d'arte attuale che svolge questo splendido lavoro da una dozzina d'anni: dai tempi dell'Università la teoria e la storia erano una cosa essenziale poi sul campo durante gli anni di gavetta tra gallerie, studi di pittori, curando mostre ed eventi culturali la questione è cambiata radicalmente. Ho seguito tanti artisti emergenti quanto quelli affermati assistendo così a numerose esperienze dirette che hanno maturato la mia esperienza professionale. Nel tempo infatti ho creato una prima galleria in cui mi sono circondato di maestranze affinate attraverso collettive poi l'ho chiusa e ne ho aperta una seconda in cui evolvevo in mostre personali. Dopo aver chiuso anche questa negli anni pandemici ho inaugurato da poco un terzo spazio espositivo questa volta fondato su tematiche specifiche di cui ora non desidero trattare. Il mio obiettivo di critico è la ricerca di artisti precursori di un linguaggio apripista tra un'epoca in assoluto declino ed una nuova da cui ripartire così come quello di gallerista che consiste nell'offrire uno spazio consono per questo dialogo tra il pubblico e l'artista e di curatore ovvero generando tematiche che pongano curiosità nelle persone interfacciando così l'opera nello spazio. Il fondamento di tutto il mio lavoro però non consiste nella mostra in sé per sé ma nell'elaborazione di idee estetiche che servendosi proprio dei creatori viventi possa stabilire un nodo storico verso il futuro: scrivo libri storico critici in cui analizzo ciò che avviene artisticamente prospettando nuovi scenari possibili. Collaboro infatti con galleristi, curatori, conosco mercanti d'arte frequento numerosi artisti ognuno con una storia diversa. Assisto quindi con curiosità ai dibattiti sull'arte, alle continue polemiche di artisti insoddisfatti dal sistema dell'arte o dalla frustrazione dettata dal mercato. Artisti, dico a voi dunque: avete occhi per vedere e con le vostre mani la capacità di trasmutare la materia servendovi delle sensazioni; attraverso voi stessi giudicate, osservate il mondo (giudi-create = giudicreate quindi) le cose. Ogni cosa diventa sistema. Anche l'arte. Diventa poi tendenza e cambia. Tutto muta in fretta. L'arte non è mai in tempo: arriva prima a volte tardi. Comunque in questa Torre di Babele le creature creano, ricreano, muoiono e rinascono. Amate l'arte quindi come speranza d'amore per tutti e attraverso voi stessi; oh implacabili sognatori che superate il tempo e le Colonne d'Ercole della ragione dico: rompete, rifate, pasticciate, sperimentate sempre. Siete artisti, diamine o imbrattatele? Siate artisti! OSATE senza timore alcuno: coloro che sono finiti su quei testi di Storia dell'arte che studiavo sono lì perché han creduto e non hanno tentennato nonostante le credenze o le avversità del loro tempo. Alcuni sono morti di fame, altri non hanno venduto niente o forse qualche tela, altri sono stati internati eppure hanno fatto esclusivamente ciò che sapevano fare. Dipintori dunque pittori: siatene fieri di essere chiamati così e non come quei ciarlatani che si proclamano artisti per innalzare la propria vanità scimmiottando vip da grandi fiere o vanagloriosi chiusi nei loro musei. Non siano questi i modelli da raggiungere perché il denaro è denaro ma la vostra arte è eterna. Volete la fama? Qualcuno ci riesce ma le mode sono mode e presto vengono superate. Se volete davvero esser artisti conquistatevelo questo titolo: il tempo ve lo dirà e non voi stessi. Sappiate che molti di voi cadranno nel dimenticatoio: lavoriamo affinché non accada: per ora dipingete. Punto. Pittori, creativi, ricreatori dunque ispiratemi perché credo in voi. Sono io il poeta, il cantore che scrive di voi. Mi ispiro alle mie idee e le traduco attraverso voi e i vostri simulacri di saggezza. Dipingete la Storia attraverso le vostre storie ed io la descrivo come posso in questo tempo perché vi osservo e la narro con le parole a coloro che verranno tra un secolo e più oltre noi tutti.
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La Vetrina
Aaron/Demian: Il volo della fenice
La VETRINA di questo numero affronta Aaron/Demian in una fase metamorfica del giovane artista che espose
nel 2013 presso Rinascenza Contemporanea di Pescara. Dopo l'evento donò allo
spazio espositivo l'opera facente parte della collezione privata di Rinascenza
Contemporanea e che è catalogata presso la Serafica di Torino. L'opera n°8 a
tecnica mista Collezione RC ricorda i tempi in cui mi spostai fisicamente a
Lugano nel luglio del 2013 presso la Banca Intermobiliare per presentare
l'artista ad un pubblico eterogeneo. Il sottotitolo del mio intervento era
appunto: Colui che rinasce dalle proprie
ceneri e aveva per oggetto questa trasformazione tra una produzione
iniziale ed un mutamento stilistico e compositivo che l'artista continua a
mettere in pratica evolvendosi ad entità unica nel suo genere. La capacità del
nostro artista al tempo consisteva proprio nel rinchiudersi nel suo studio a
dipingere ripetendo lo stesso soggetto formale in miriadi di varianti cromatiche
che modificavano via via la dinamica compositiva dello stesso soggetto. E' da tempo che non ho sue notizie: in ogni
caso tale opera lo immette direttamente nel gruppo di artisti inseriti nel racconto
meta-artistico enunciato nel quarto Libro
della Pentalogia della Natura detto AION. Il Tetramorfo
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Gli occhi più belli di Hollywood
Il fascino dell'uomo prima che della star
PAUL NEWMAN
Il nome completo è Paul Leonard Newman nacque nell'Ohio nel 1925 sin da giovane si arruolò nell'aviazione della marina ma per problemi agli occhi dovette rinunciare alla carriera militare anche se durante la seconda guerra mondiale prestò servizio come mitragliere per di Avenger assistendo a circa 300 km di distanza alla distruzione di Hiroshima. Dopo la guerra il matrimonio e la frequentazione della scuola d'arte drammatica alla Yale University per poi iscriversi all'Actors Studio lavorò presso il teatro di Broadway.
Il calice d'argento segnò il suo esordio nel mondo del cinema e non sentendosi soddisfatto per il proprio ruolo comprò tutte le copie di The New Yorker perché desiderava migliorare. Nel 1956 fu la volta di Lassù qualcuno ci ama e questa volta fu la svolta. Realizzò numerose pellicole che lo resero in pochi anni una star del cinema mondiale: pensiamo alla Gatta sul tetto che scotta (1958), a Exodus (1969), Intrigo a Stoccolma (1963), Il sipario strappato (1966), ancora Nick mano fredda (1967) per arrivare a Butch Cassidy (1969). Per Il colore dei soldi vinse nel 1986 l'Oscar come migliore attore come sequel dello Spaccone.
Nella vita privata fu appassionato dalle corse automobilistiche soprattutto dopo l'interpretazione da protagonista nel film Indianapolis pista infernale (1969) ed in breve tempo intraprese la carriera di gentlemen-driver tra un film e l'altro. Fece numerose gare in cui guidò anche Ferrari, Porsche e Ford. Girò i suoi ultimi film per i fratelli Coen sino al 2007 in cui dichiarò ai notiziari di tutto il mondo che aveva deciso di ritirarsi dalle scene. Fu un accanito sostenitore di Eugene McCarty e poi del partito democratico americano ma nel tempo il cancro ai polmoni nonostante la chemioterapia decise di trascorrere gli ultimi momenti con la sua famiglia nel Connecticut. Morì a ottantatré anni nel settembre del 2008. Bello, occhi di ghiaccio, sguardo strafottente e sicuro di sé è stato l'idolo di un'intera generazione: sappiamo che il divo di Hollywood scrisse Paul Newman: the Extraordinay Life of an ordinary man ovvero un libro di memorie sulla perdita di suo figlio Scott nel 1978 per overdose di alcol e droga. L'attore dichiara di essere stata lui la causa, il cattivo esempio che avrebbe scatenato sentimenti di ribellione nel figlio; narra del rapporto che lui stesso ha avuto con l'alcol e di essersi spinto forse troppo lontano. L'effetto del successo e degli agi si sarebbero ripercossi sul giovane Scott: una perdita che mai riuscì a superare.
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Riflessi post-globalisti sul mondo dell'arte e della cultura
Dall'e-cash all'e-art
-(umano)+(macchina)= automazione ibridaContinuano i tentativi distopici delle fazioni amministrative globaliste nel volatilizzare il rapporto diretto del soggetto con ciò che gli appartiene. Questa volta partiamo dalla sperimentazione in corso attuata dalla Banca Centrale Europea che emette l'equivalente elettronico del contante: tale sperimentazione dovrebbe entrare in vigore ufficialmente entro due anni. Al momento si tratta solo di una proposta legislativa della Commissione Europea ma nel tempo l'euro digitale determinerà ovunque la sostituzione del vecchio denaro in una situazione di pagamento alternativo.
Il sistema da non confondere con le cripto-valute è direttamente emesso dalla BCE convertendo il contante in euro digitale: ecco giustificato il fluire dei pagamenti elettronici che secondo gli esperti rafforzerebbe la sovranità monetaria dell'euro e questo dovrebbe consentire alle persone di pagare sia online che offline. Tutto ciò parte dalla tipologia di commercio elettronico che avviene costantemente via web in cui il funzionamento delle transizioni è oramai virtuale. Seguendo quest'ottica è risaputo che proprio le carte di pagamento oramai siano diffuse trasformando molti servizi di base accessibili attraverso questa forma spuria di pagamento.
Ovviamente si tratta di procedure determinate da sistemi che garantiscono al cittadino un livello di sicurezza affinché il proprio denaro non venga manipolato o gestito da enti terzi.
Ma ne siamo proprio sicuri? Quanto inciderà questa nuova trasformazione nei costumi della società? Saranno tutti pronti (soprattutto gli anziani) a questa forma di innovazione?
Sicuramente ogni forma di avanzamento tecnologico è da considerare come un'opportunità di semplificazione e miglioramento: sparirebbero le interminabili file agli sportelli degli uffici, sparirebbero quei truffatori che cercano di estorcere liquidità, avverrebbe maggiore trasparenza per quanto riguarda la liquidità individuale determinando un sistema centralizzato in cui pubblico e privato coinciderebbero sul piano organizzativo e gestionale. Eppure sul piano filosofico vengono fuori nuovi quesiti: la perdita fisica/materiale del denaro non porterebbe molte persone a perdere il controllo diretto del proprio denaro?
A questo poi inciderebbe il rischio della privacy: dall'anonimato del denaro corrente alla vigilanza del denaro digitale mantenendo questo distacco in superficie mentre un'intelligenza artificiale sempre più prossima al controllo avrebbe accesso a tutto ciò che in rete si muove. Torniamo quindi al punto di partenza.
La digitalizzazione in sé nonostante le dinamiche favorevoli di gestione dissocerebbe sempre più l'individuo dal contingente: il rischio delle nuove generazioni oramai assorbite dai cellulari, dai tablet, dall'IA sono oramai distanti dalla realtà tra piattaforme, social e acquisti per mezzo di Amazon.
Tornando nello specifico il dilagare del sistema E - Cash ovvero dell'Electronic Cash Payment Protocol elaborato da Digicash e fondata dal dott. David Chaum del Center Computer Scienze di Amsterdam per poi essere stata resa operativa grazie alla Mark Twain Bank di St. Louis, minaccia la scelta individuale tra usare denaro liquido e digitale. Quindi un vantaggio viene reso obbligatorio oltre la volontà del singolo individuo.
In questo senso tornano allora le riflessioni che costellano un articolo che pubblicherò sul prossimo numero intitolato La società Volatile: la Neomodernità sulla questione della trasformazione dalla Lira all'Euro e delle trasformazioni negative che il passaggio dalla nostra moneta ha subito dopo il trentennio d'oro (anni '70 – '90) in cui la nostra economia è caduta nell'abisso. Da essere la quarta potenza al mondo ai problemi che stiamo vivendo attualmente: non sarà anche questo passaggio un ulteriore flop al disastro a cui stiamo assistendo passivamente?
Se gli usi e i costumi di una società volatile o meglio volatilizzata in cui i sistemi di controllo abbondano per l'utente occidentale mentre vanno scemando sul piano internazionale come crediamo di uscirne fuori? Quando saranno le macchine a decidere cosa dobbiamo pagare? Quando saranno gli altri a gestire ciò che credevamo nostro? Quando cioè il diritto di scelta sarà standardizzato da qualcosa di predittivo e super-intelligente?
Rispondo con l'unica cosa a me cara e prioritaria: con l'arte. Di essa mi occupo e le domande che mi pongo non hanno altra finalità che comprendere gli effetti che la società determina sugli artisti e sul loro modo di intendere il linguaggio creativo. Per una società quindi volta alla standardizzazione dei suoi costumi è possibile trovare nicchie di un linguaggio libero da simile costrizione etica e morale?
L'arte è il riflesso dei tempi e l'artista costruisce il proprio linguaggio proprio in funzione degli schemi che quella data società impone per quanto libera: dall'E-cash si giunge all'E-Art. Il passo è breve.
Gli artisti mirano ad usufruire dei contenitori attuali in vigore e quelli attuali sempre più dissociati dai tradizionali spazi espositivi, dal contatto col pubblico, dal senso diretto della condivisione stanno mutando alla diffusione in rete, in meta-spazi in cui l'opera navighi sul web e dal web il riscontro finanziario e di successo momentaneo. L'E-art vive nel qui ed ora di una tecnologia spersonalizzata che detterà legge sempre di più sino alla totale eclissi del pensiero libero e della creazione pura fatta di anima e sangue.
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MODELLI CULTURALI & STEREOTIPI EDUCATIVI
Pappagallismo: Il buco nero della cultura
La cultura nasce dalla ricerca, dallo studio e dal confronto di idee contrastanti.
Eppure nella società contemporanea molti pensatori proclamano le proprie idee come verità assoluta cercando seguito e consenso generale magari scimmiottando coloro che la pensano diversamente.
Già ai tempi dell'Università notai studenti che per compiacere i loro docenti si limitavano allo studio mnemonico citando passi e mischiando dati non verificati solo con lo scopo di raggiungere il proprio risultato. Ma era un risultato mutevole e momentaneo dati gli effetti.
Ad essi mancava l'analisi ed il giudizio obiettivo dal quale era
fondamentale trarne delle conclusioni e confrontarle accademicamente.
Leggevano, ripetevano e studiavano a memoria: superavano gli esami e dimenticavano sistematicamente ciò che avevano momentaneamente incollato nella mente.
Ecco perché siamo in mano ad inesperti e incompetenti.
Non si trattava di studiosi ma di pappagalli che un giorno avrebbero occupato ruoli senza la benché minima idea di cosa fosse la cultura in senso stretto.
Ricordo una conversazione con altri "eruditi" nella quale sono venute a galla queste ipotesi ed il risultato del confronto è stato disastroso: tutti sanno, si sostengono e non ammettono divergenza ideologica.
Siamo in un'epoca in cui solo gli esperti hanno il diritto di esprimere il proprio giudizio perché avvalorati dalla loro posizione senza essere in grado di sostenere un dibattito civile, un confronto puro.
Al massimo accusano l'altro di ignoranza tra risatine idiote e occhiate ammiccanti ai propri seguaci perché incapaci di capovolgere il discorso a proprio vantaggio.
A
questo punto mi chiedo se è mai possibile confondere la conoscenza con qualcosa
di cristallizzato nascondendosi dietro il già detto? Nozionismo o cultura?
Molti intellettuali si arrampicano sugli specchi magari tentando banalmente di avere ragione rafforzando il loro dire servendosi delle affermazioni di studiosi conclamati con l'unico scopo di avvalorare le proprie tesi: "...lo ha detto Tizio, Caio quindi è giusto". Essere eruditi quindi significa decadere nel citazionismo becero?
Credo sia giunto il momento di andare un pochino oltre il proprio naso sforzandosi di superare i limiti del già detto.
L'obiettivo consiste nello spingere l'ingegno al di là delle Colonne d'Ercole della menzogna.
Facile pappagallare ciò che è stato ampiamente sostenuto dai vecchi pensatori oramai trapassati nell'oblio: questo dovrebbe compiere il ricercatore puro altrimenti ci si smarrirebbe nella vanagloriosa erudizione.
Il citazionismo è l'aspetto fondante dell'erudizione quale sottoprodotto della cultura.
Questa invece è determinata oltre che dell'erudizione stessa dal pensiero critico quale alta sfera dell'applicazione diretta della conoscenza pura e assoluta.
L'erudizione quindi è fine a se stessa perché sottoposta a schemi di pensiero codificato mentre la cultura apporta nuove visioni del mondo di riferimento.
In altre parole ci sono sciocchi simulatori di ricette di saggezza che decantano i filosofi di un tempo perché non hanno alternativa e poi liberi pensatori che citano solo se stessi perché vedono oltre.
Dunque rivolgendomi alla coltre di pappagallatori incalliti dico: fermatevi un attimo a riflettere giusto per stimolare il cervello ad un libero e sano pensiero critico per quanto fuorviante!
Il dotto è come un canguro saltatore che zompa sempre più in alto sino a illudersi di volare.
In realtà di un canguro si tratta ma di quelli che sprofondano tra i flutti del passatismo contemporaneo: dunque è tempo di risorgere.
È condizione perfetta quella discendente dopo la quale è inevitabile la risalita.
Ergo allo sprofondare nelle tenebre è subitaneo il risalire verso la luce.Pagina 11
LA PROFEZIA
EGEMONIA DISTOPICA
Nella speranza di sbagliare: un incubo che potrebbe realizzarsi
Il sogno di generare tecnologie capaci di assolvere alle mansioni umane fu sperimentato oltre 3000 anni fa già dagli antichi egizi: Hathor era un automa ovvero una statua meccanica che simulava la maternità. E potremmo andare avanti citando l'orologio meccanico di Archimede o le sperimentazioni in Cina e in Giappone in cui gli Automi seppur meccanici mancavano solo di intelligenza. Eppure nel medioevo per arrivare a Leonardo da Vinci l'obiettivo era quello di semplificare la vita umana o quantomeno agevolarla. Ancora in Russia ci giungono documentazioni dei complessi automi di Fabergé ai quali però mancava una coscienza. E questo fu il punto di svolta per giungere a quello che oggi è realtà. Il computer è stata la via per giungere a qualcosa di speculare alla nostra rete neurale. Gli automi non solo oggi pensano sulla base di calcolo ma avranno anche una coscienza ed una libera iniziativa.
Ed eccoci al dunque: dalla seconda guerra mondiale il principio di computer iniziò da Enigma, un dispositivo elettromeccanico che serviva per decifrare e Alan Turing per sbaragliare i nazisti dette vita alla prima forma di computer meccanico. Questa fase pionieristica è determinata da un processo di Simulazione. Vediamo come: si avviò mediante macchine sempre più sofisticate che portarono all'automazione.
Già negli anni '50 formuloò il "Test di Turing" per mettere a confronto l'uomo ed un computer innanzi a un giudice verificandone le potenzialità. Dalle teorie del calcolo di Turing a quelle di Shannon dell'informazione sino a quelle cibernetiche di Wiener portando Misnsky e Edmonds al primo neuro computer e negli anni '60 al primo elaboratore denominato ELIZA di Weizenbaum.
Le sperimentazioni si protrassero sino alla data cruciale del 1995 da cui poi prese slancio: erano gli anni in cui la macchina Blue Deep vinceva Kasparov il campione mondiale degli scacchi per giungere ai moderni veicoli di guida autonoma.
Era il tempo in cui gli operai diventavano operatori e le macchine costruivano altre macchine in serie.
Così entrammo nell'era digitale e la produzione cibernetica intensificò i programmi rigenerativi: l'AI al suo primo stadio raccoglieva dati con lo scopo di accumulare dati da riutilizzare e affinare.
Questo Processo di Analizzazione consisteva nel passaggio successivo e l'AI che fino al decennio precedente aveva studiato gli umani ora li controllava entrando direttamente nella vita privata degli individui: Internet consentiva a milioni di persone di compiere continuamente ricerche, acquistando, chattando, inviando email.
A questo punto la vecchia classe privilegiata di operatori si riduceva ad un numero esiguo di tecnici specializzati che si limitavano a pura manutenzione.
Noi ora siamo entrati nella terza fase di sviluppo tecnologico ovvero quella in cui proprio le nostre informazioni sono merce di scambio, energia, fonte di ricchezza grazie ad algoritmi che veicolano le nostre scelte. Parliamo del Processo di Correzione che stabilisce parametri predefiniti che scavalcano le forme morali, etiche, identitarie dell'essere umano piegandolo alle sue norme binarie. A questo punto è l'AI a progettare, veicolare, dirigere le operazioni costruttive e gli umani e verranno via via scartati dai sistemi strategici e di controllo.
Infine il Processo di Deumanizzazione in cui il controllo sarà uniformato, omologato, equiparato mediante previsione di metadati che valuteranno aree di sovrappopolamento, scatenando razzie di droni, virus letali od intervenendo direttamente sui caratteri riproduttivi: le masse saranno tenute in vita in aree specifiche degli agglomerati urbani e controllate attraverso il frazionamento selettivo.
Coloro che non saranno considerati idonei dall'AI non saranno legittimati all'esistenza.
Entro duecento anni la TecnoRete controllerà gli equilibri del pianeta subordinando gli umani ai loro criteri li neutralizzerà sino a sterminarli del tutto.
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Paure, angosce e sentimenti disequazionali per un'epoca tormentata
L'Isola dei morti: ovvero Un luogo tranquillo
La Terra un luogo tranquillo? Assolutamente no: Bocklin ci trasmette un incubo
L'opera di cui trattiamo in questo numero e che abbiamo disposto in copertina celebra Arnold Bocklin il quale realizzò tra il 1880 ed il 1886 una serie di cinque opere di cui la prima versione terminata nel 1880 come testimonia una sua lettera, decise di non separarsi mai dal suo capolavoro. Inoltre realizzò altre quattro opere variando sui colori o determinando dettagli che trasformavano il lavoro iniziale: sappiamo ad esempio che la terza versione fu commissionata dal mercante d'arte Frtiz Gurlitt che ne dette il titolo emblematico; la quarta invece faceva parte della collezione del barone Heirich Thyssen e che poi andò perduta sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale; così la quinta versione andò alle Belle Arti di Lipsia dove tuttora si trova. Diversi intellettuali e personalità rimasero folgorati dal capolavoro: da Sigmund Freud che la lesse psico-analiticamente a D'Annunzio che desiderò una sua copia nella camera da letto sino ad Hitler che acquistò la terza versione del dipinto originale per esporla nella cancelleria del Reich. Esiste una foto del cancelliere tedesco nel suo studio con il ministro degli Esteri sovietico Vyacheslav Mikhaylovich Molotov ed il ministro degli Esteri tedesco per il patto di non aggressione tra Germania e URSS.
Colpisce che troneggi proprio il celebre dipinto in questo patto che poi naufragò con l'invasione germanica dei territori sovietici.
Lo spettro della morte affascinava il fautore del nazismo: un'ombra oscura che aleggiò nell'Europa del secolo scorso e che trasformò il genocidio in normalità: oltre la guerra di estensione antisovietica trasformò i lager in fabbriche della morte che ancora oggi non trovano una giustificazione plausibile.
Le generazioni attuali sono disperse nel distacco dis-equazionale, quantico, metafisico: dobbiamo tentare con tutte le nostre risorse di sensibilizzare soprattutto le nuove generazioni alla comunicazione, al senso umano di condivisione e di rapporto con gli altri. L'educazione all'arte ha questo scopo.
Per chiudere il cerchio
abbiamo anche un'altra versione realizzata da Bocklin e intitolata L'isola dei
Vivi realizzata nel 1888 che voleva fare da contraltare alle versioni oscure
della morte. Quest'opera e la prima versione fanno parte del Kunstmuseum di
Basilea. Speriamo quindi di uscire dal tunnel attuale e trovare la via della
luce.
Arte del Fumetto
The Flinstones
Prodotti da Hanna –Barbera productions The Flinstones o meglio gli Antenati sono una serie televisiva americana lanciata negli anni '60.
Il successo che hanno raggiunto nel tempo hanno reso note anche delle pellicole cinematografiche in cui spiccano i personaggi celebri di questa serie: pensiamo al simpaticissimo Fred e della moglie Wilma, degli amici barney e di sua moglie Betty che vivono in una moderna città preistorica replicando le stesse cose che avvengono nella contemporaneità ma in modalità differenti.
La città denominata Bedrock è una metropoli costituita da normale aeroporto, da banche, uffici, supermercati o da bowling solo con mezzi che richiamano l'età della pietra o da autobus trainati da dinosauri.
Tutto rispecchia il boom sociale degli anni '60 riproposto in chiave ironica da personaggi che vivono la modernità solo in un'altra epoca.
Ed è proprio questa la caratteristica preponderante della serie animata:
tra mammut e drive-in gli usi e costumi di una società americana al top del suo
progresso finanziario ci spinge in una preistoria evoluta in cui si utilizzano
elettrodomestici, automobili e televisori solo in modalità differente.
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Arte o pornografia?
MARY Millinnghton
Una Pin Up fuori dal comune
Il suo vero nome era Mary Ruth Maxted e nacque a Quilter nel 1945. Non fu mai riconosciuta dal padre e visse sempre con la madre a Dorking: lasciata la scuola sposò Robert Maxted tentando di fare la modella.
Partì infatti da foto glamour spingendosi al softcore e a partire dagli anni '70 partecipò a numerose commedie erotiche aprendo nel '74 il primo sexy shop del Regno Unito. Nonostante il fatto di vivere un'esistenza dissoluta ovvero prestando sessualmente il suo corpo in nome del denaro aveva un rapporto libero con il marito e questo le dava la possibilità di viaggiare molto.
Erano gli anni in cui alla madre, grande fumatriche fu diagnosticata una brutta malattia e questo le dava la spinta di guadagnare, posare e rapportarsi anche con uomini facoltosi per compiere la scalalta verso il successo. Erano gli anni in cui Mary Whitehouse fondava la NCROPA per contrastere la facilità di costumi mentre le forze dell'ordine continuavano a sequestrare materiale pornografico che non era contemplato dalle norme britanniche.
Dopo la morte della madre nel '76 iniziò la sua crisi: si suppone che iniziasse ad abusare di droghe pesanti mentre diveniva gradualmente una star pronografica attraverso pellicole piccanti.
I problemi con la legge o le informazioni che accumulava intorno a uomini influenti nel mondo britannico la portarono ad isolarsi chiudendosi sempre più in se stessa anche se nello stesso tempo era all'apice del successo internazionale.
Tra droghe e graduale crisi depressiva che la indusse
ad ossessioni, a cleptomania e paure decise di togliersi la vita il 19 agosto
del 1979. La ragazza sorridente che amava il sesso libero spariva così dalle
scene.
Critica della Critica
Dalla figurazione all'astrazione
Il FIGURABILE
Canoni di un'estetica riflessa nella società
Diversi mesi fa ed esattamente a metà gennaio dell'anno in corso si è conclusa a Torino presso il Mastio della Cittadella un'interessantissima mostra intitolata Omaggio a Mirò in cui era possibile entrare in contatto con più di un centinaio di opere che costellano la produzione dell'artista catalano.
Ma in questo caso non desidero soffermarmi sulla comunicabilità universalmente riconosciuta del genio universale quanto sul fatto che a curarla fosse il critico d'Arte Achille Bonito Oliva il quale ha sorprendentemente dato una rilettura alternativa al celebre maestro surrealista affermando in più di un'intervista:
" La prima visione della mostra ha confermato quello che definisco un paradosso: il vero artista è indeciso a tutto e Mirò opera tra astrazione e figurazione. E' quello che chiamo il figurabile"
Il grande Bonito Oliva ha sintetizzato così il senso profondo di uno stato più vasto dell'artista catalano ma di un modo di intendere la realtà di riferimento. La figurazione diviene contenitore simbolico di colori in cui esprimere i propri stati interiori; esteriorità ed interiorità dialogano così tra loro; dinamiche improvvisate di esecuzione e paradossi cromatici dotati di senso stravolgono l'equilibrio che proprio quella forma definiva sul nascere della composizione stessa.
Ecco come il creatore della Transavanguardia è riuscito a sintetizzare con l'espressione Figurabile uno stato creativo che dal Surrealismo a noi è stato trasformato in concetto.
Anzi, proprio servendoci di questa espressione del noto critico d'arte campano riusciamo a comprendere con occhi attuali quel paradosso in cui astrazione e figurazione si compenetrano divenendo l'uno parte dell'altro: legando questa idea poi a ciò che nella contemporaneità mira esclusivamente al concettuale trova ulteriore codificazione espressiva.
Questa zona spuria tra ciò che realmente è o sembra solo in apparenza non è forse la linea predominante di una società malsana chiusa nei propri spazi abitativi, iper-informata dai social ed assorbita perennemente dal web?
Solo la superficie, solo l'apparenza, solo il figurabile appunto: ovvero qualcosa che c'è, che vediamo, in cui proviamo a credere eppure è effimero ed inconsistente.
Ecco dunque la figurabilità della società stessa.
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Storia del CINEMA
Tra leggenda e realtàUscito nel 2019 nelle sale di tutto il mondo la pellicola Gemini Man diretta dal regista Ang Lee tratta del giovane Henry Brogan, un vecchio cecchino statunitense che lavora per l'intelligence americana tentando di procurarsi il pane facendo fuori delinquenti, terroristi e figure scomode per la politica internazionale.
Non sbaglia mai un colpo ed è famoso nel suo ambiente per essere una delle pistole migliori degli Stati Uniti: eppure nell'ultima missione iniziano i sensi di colpa data la presenza di una bambina accanto all'entità che doveva far fuori in un treno ad alta velocità in movimento.
Decide così di ritirarsi e di tornare ad una vita che non aveva mai vissuto.
Lo vediamo andare a noleggiare una barca e di darsi alla pesca quando ritrova il vecchio amico Zakarewski il quale trovandosi sul proprio yacht gli spiega che l'uomo ucciso faceva parte di un piano alternativo.
Da quel momento il direttore dell'Agenzia Lassister per cui lavora lo vuole catturare od uccidere direttamente: la ragazza al noleggio era una guardia sulle sue tracce e si allea a lui per sfuggire dall'organizzazione.
Tra gli inseguimenti arrivano in Colombia da un
vecchio amico che conosceva tra i marines ed è la volta in cui gli mettono alle
costole un giovane Sé clonato perché considerato il migliore dell'Agenzia:
Junior. Henry così si trova immerso in una serie
di inseguimenti, depistaggi e combattimenti con il suo doppio il quale a sua volta
è stato creato come surrogato e dal loro incontro si genera una perplessità
reciproca: lui vede se stesso più giovane e ne comprende il modo di ragionare;
l'altro invece apparentemente freddo studia l'avversario comprendendo di essere
a sua volta usato dai membri dell'Agenzia.
Il capo Clayton Verris interpretato da Clive Owen disputa con il giovane rampollo facendogli credere di essere per lui il padre nonostante il fatto di essere solo un clone e lo spinge ad odiare l'altro Sé che non risponde ai comandi ed ha preso una strada sbagliata.
Per più di una volta si affrontano ma alla fine la verità viene a galla e nella disputa finale si alleano sconfiggendo gli avversari. Da questo momento tornano alla vita comune riuniti in una neo-famiglia: vediamo infatti Henry Junior andare all'università ed Henry adulto andare a prenderlo.
L'adulto guarda se stesso comprendendone pregi e difetti e lo stesso vale per Junior che sente di conoscere intimamente il suo nuovo fratellastro.
Gemini man è un film fantascientifico non tanto per la trama legata al concetto di clonazione ma per la tipologia di lavorazione tecnologica che ha consentito all'elaborazione digitale di intervenire su Will Smith e di ringiovanirlo: noi eravamo abituati agli stuntman per scene d'azione in cui gli attori non potevano cimentarsi invece a questo punto è intervenuta la tecnologia ringiovanendo il protagonista di vent'anni e adattandolo a Junior ovvero al clone in disputa col protagonista.
Una sorta di clone digitale che contraddistingue l'originalità di questo film: se aggiungiamo che le riprese hanno utilizzato un frame rate elevato (120 fotogrammi al secondo) comprendiamo il successo da botteghino che ha raggiunto. Per quanto ci riguarda è interessante constatare la centralità d'impatto dell'innovazione tecnologica che ha rappresentato una nuova tappa verso il futuro. In altre parole da questo film in avanti non solo sarà possibile ringiovanire gli attori ma realizzare film senza attori: verranno film con Marylin Monroe, con Marlon Brando o Vittorio Gassman? A questo punto li potrà fare chiunque dal proprio computer!
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Jenny Holzer
Jenny Holzer è un'artista statunitense nata nel 1950. Fa parte di quella corrente definita neo-concettuale che poi è venuta alla ribalta a partire dagli anni '80 assieme ad altre artiste di genere femminile come Cindy Sherman, Barbara Kruger e Louise Lawle.
Su queste linee è fondamentale comprendere il senso contemporaneo del vuoto, del silenzio: la risposta delle tendenze neo-concettuali così come di quelle post-minimaliste tendevano proprio a trasformare l'esperienza di questo iper-intellettualismo autodistruttivo in istallazioni ironiche, in contenitori carichi di significato in cui la perdita progressiva dei codici espressivi traduce il nulla così come il vuoto in cifra portante di incomunicabilità
E' come dire: dire tutto e non dire niente.
In questa metafora strafottente l'artista trova il modo di comunicare senza comunicare veramente e seguendo questa via rischia di rimanere smarrita o deprivata proprio di quei valori che aveva ricercato attraverso quella data opera.
La dialettica che avviene tra artista e l'opera diviene proprio il limite da superare: non è tanto frutto dell'ispirazione quanto di un'idea; non è prodotto definitivo ma contenitore che interagisce con gli altri molte volte tenuti ad intervenire; non tanto frutto di un'emozione ma di qualcosa da rimuovere che non sia necessariamente macrocosmico o filosofico.
Un dettaglio, l'anatomia di un pensiero che circola magari nella mente oppure qualcosa di fastidioso che sia estrapolato dal suo contesto di riferimento è posto sotto l'attenzione del pubblico: la dilatazione di quel dettaglio consentirà forse di rileggerlo generando sensazioni simili e contrastanti.
In questo senso le opere/non opere fungono da trampolini discorsivi in cui le parole stesse perdono significato e restano solo frasi vuote intese come decorazioni luminose che ossessivamente ripetono la stessa idea. Tutto entra mentalmente in contrasto col tutto sino al limite ed alla incoerenza. In questo il neo-concettuale. Uno specchio di ricezioni date dall'iper-informazione che sintetizza la semplicità, la mediocrità, il vuoto appunto tra l'uomo moderno e le cose che lo circondano.
In questa linea sono da leggere le suggestive le creazioni sperimentali svolte a partire dalla metà degli anni '90 in cui consentiva al fruitore di intervenire via web sui suoi lavori o le proiezioni/istallazioni allo xeno in cui assistiamo a frasi luminescenti che possono tappezzare intere aree cittadine.
Looming (2004)