Artisti
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Uscita n°25
Intervista:
Il rosso e il nero (2010). Olio a spatola su legno
Maria Di Solidea Falesiedi
Maria Di Solidea Falesiedi è un'artista di Tuscania in provincia di Viterbo che dipinge da diverso tempo. La cosa che mi ha colpito dei suoi lavori sono questi contenitori formali entro i quali predispone il colore: dal geometrismo rigoroso della forma spazia mediante il simbolismo cromatico giungendo così a delineare un linguaggio a metà strada tra il neoplasticismo ed un surrealismo governato dagli archetipi. Queste furono le motivazioni che mi spinsero a contattarla diverso tempo fa. E dalle nostre lunghe conversazioni in cui si parlava di arte è nato il desiderio di realizzare un'intervista strutturata analiticamente.
Nonostante qualche iniziale resistenza alla fine ha accettato e le ho posto una serie di domande. Del tipo: "Da quanto tempo dipingi? Domanda che ti pongo per rompere il ghiaccio!"
" Essenzialmente sono un'autodidatta. Per me la pittura è un fatto privato. Ho lavorato in tutt'altro settore, poi mi sono sposata e ho avuto dei figli, eppure il tempo per dipingere sono riuscita a trovarlo sempre nonostante gli impegni e la vita quotidiana. Sin da piccola disegnavo: amavo la spontaneità al punto che passai in breve tempo dalle matite alla penna"
" Quindi credi che lo studio delle tecniche sia superfluo o valuti che serva a qualcosa?"
" Sicuramente l'arte è innata: certo che le scuole sono necessarie per affinare qualcosa di innato. Eppure se non hai questa dote è difficile che venga nel corso della propria esistenza! Questa capacità non mi è stata insegnata eppure nel corso della mia carriera ho frequentato dei corsi ed ho studiato presso l'Accademia per qualche tempo e ti dico che mi è servito per raggiungere una maggiore padronanza e consapevolezza per ciò che facevo e che continuo a fare regolarmente"
" Da quali studi provieni? E quanto hanno inciso su di te?"
" Ho fatto Ragioneria. Vengo proprio da un altro mondo. Pensa che tra il matrimonio e i miei due figli hanno sicuramente impegnato il mio interesse eppure come ti dicevo ho sempre custodito uno spazio sacro dedicato a me stessa ed in quello spazio c' era l'arte: sia quando dipingevo sia quando nutrivo il desiderio di farlo"
" Quali sono gli stati interiori che custodisci allora? O meglio quando crei, percepisci un trasporto particolare o resti razionale, dedita allo sviluppo della tecnica?"
" Dipingo gli stati d'animo; ciò che sto vivendo in quel dato momento incide sicuramente sulla mia pittura: anzi, grazie alla pittura rifletto, sdrammatizzo situazioni che altrimenti potrebbero turbarmi. La pittura è sentimento, concentrazione e liberazione da ciò che è latente nell'inconscio"
"Quindi utilizzi la pittura per affrontare i tuoi stati interiori: è una sorta trance?"
" Forse: chiamala così. Come ti dicevo prima, sin da piccola disegnavo e per me rappresentava una forma di liberazione. L'Accademia mi ha fatto riconoscere cose che già mettevo in pratica ma nessuno può insegnarci ad essere ciò che siamo. Considera che nel 2006 ebbi un incidente in un supermercato: persi l'equilibrio e caddi. Da quel momento per me è stata dura nonostante interventi e riabilitazione. Eppure mediante la pittura sono riuscita a riprendermi interiormente ed ho avuto la forza di rialzarmi"
" Hai dei modelli pittorici di riferimento? O segui esclusivamente la tua ispirazione?"
" Entrambe le cose: sono ispirata da ciò che sento anche se comprendo la grandezza di Maestri che hanno portato l'arte a compiere passi da gigante; ricordo che quando ero iscritta ai Beni Culturali frequentai con dedizione le lezioni di Storia dell'Arte e lì compresi la grandezza di Giotto poiché in lui nasceva la modernità del linguaggio attraverso l'osservazione e la composizione naturalistica; adorai Mondrian, gli Espressionisti e compresi l'innovazione pittorica di Matisse"
" In tutto questo hai sentito l'influsso della Storia, della società o del mondo esterno nella tua pittura?'"
" Poco, quasi nulla. Da sempre mi chiudo nella mia nicchia e penso, rifletto, medito poi dipingo. Dal mondo esterno recepisco stati che proietto nei miei quadri: ecco come nascono questi tagli psicologici, tagli di un'esistenza che deve fare i conti con la realtà oltre la sfera dei sogni. Con la pittura si possono affrontare blocchi e superarli in nome di qualcosa che esiste poi concretamente"
"
Aneddoti particolari nel corso delle tua crescita personale nel campo
dell'arte?
" Tutti hanno sempre avuto qualcosa da dire. In particolare ricordo a Viterbo: di quando in una mostra furono associate le opere che portai allo stile di Capogrossi od in un'altra in cui dissero che il mio modo di dipingere fosse maschile. Onestamente non presto attenzione a quello che viene detto. Qualcosa subito viene recepita ed associata a qualcos'altro. Ho avuto diversi mutamenti nella pittura e dalle facce passai alla realizzazione di corpi, dettagli fisici magari ingranditi e messi sotto la lente di ingrandimento del mio occhio interiore".
"Dunque non ascolti le critiche che vengono dall'esterno. Deduco che non ti lasci influenzare dagli altri?"
" Non dico questo. Dico invece che cerco di trarre degli insegnamenti utili per la mia crescita. Un maestro riconobbe nei miei lavori la ricerca dell'anima; prima ad esempio utilizzavo colori freddi come il blu e il viola perché esprimevano l'aura, lo spirito che inonda le cose poi sono passata all'oro e all'argento come espressione neutra e preziosa delle cose. Amo la materia ad esempio: le tempere sono immediate mentre l'olio per mezzo di spatolate mi consente di essere più descrittiva. In ultimo aggiungo che è il disegno a governare sempre e poi arriva in secondo luogo il colore per mezzo del quale permeo di vitalità e di sensazioni ciò che era statico"
" Quindi valuti che l'arte sia pura e non contaminata dalle influenze circostanti?"
" L'arte è libera, è espressione immediata, è vita. Realizzo paesaggi dell'anima anche se non amo particolarmente i paesaggi naturali: metto in rilevo parti del corpo umano osservandoli da vicino quasi ad oltrepassarli e vederli dentro"
" C'è in te una ricerca profonda al limite di quegli stati latenti o nascosti dall'inconscio. Valuti che ci sia in te una forma di rilettura psicoanalitica in ciò che dipingi?"
" Sicuramente Jung attraverso la ricerca degli archetipi mi affascina particolarmente perché sono certa che esistano valori superiori a noi che viviamo in una determinata epoca con valori e codici comportamentali che frustrano questa natura universale. Entrando a contatto con le cose attraverso il mio sentire è come se dilatassi questo mio stato interiore ed entrassi in contatto a forme primigenie che vanno oltre l'apparenza e la costrizione. La pittura è il mezzo per eccellenza per dilatare la percezione del mondo divenendo universali noi stessi"
"Dici che l'arte contemporanea affronti queste tematiche?"
"Dico che l'arte contemporanea sia troppo legata nella stragrande maggioranza dei casi al business tralasciando la creatività in senso stretto: c'è povertà di idee nell'epoca dell'iper-informazione. A volte vedo brutte copie di opere di grandi maestri del passato e molti ancora pur di compiacere il mercato perdono via via ciò che hanno dentro sino a smarrire il proprio stile e profanare la propria identità artistica dalla quale erano partiti."
" Infine come ti definisci artisticamente?"
" Non mi definisco. Sento e dipingo; vedo ciò che sento e dipingo; percepisco mentre vedo ciò che sento e dipingo. Non potrei definire questo stato di cose anche se una volta mi fu detto di essere un'astrattista formale: magari sono questo o chissà? Tu sei il critico: dici che questa definizione mi si addica?"
" Non è del tutto sbagliata. Io la invertirei per renderla corretta: meglio sarebbe definire la tua pittura come Formalismo Astratto nel senso che partendo dall'opera verso l'osservatore quest'ultimo parte dal riconoscimento di forme precostituite che rinviano alla realtà di riferimento. I contenitori formali, disegnati e razionali dai quali parte lo sguardo viene poi approfondito e ricercato pittoricamente attraverso l'uso dei colori che per te hanno valore simbolico, materico, psicologico. I colori permeano gli stati interiori di quelle forme che avevi estrapolato dalla realtà e riportato in uno stadio della tua ricerca intima e personale. Ti ci rivedi?"
" Mi ci rivedo! Eppure mi riconoscevo anche nell'altra definizione: Astrattismo Formale! Cosa cambia?"
" In questa accezione l'osservatore dovrebbe partire da un impatto formale del tutto casuale poi razionalizzato dall'impalcatura cromatica. Considero il tuo modus operandi inversamente proporzionale a questa visione: ripeto che l'impatto sia di riconoscere agglomerati formali in cui poi secondariamente apporti il colore quale indagine simbolica e animica di elementi celati dal semplice sguardo"
1. Odori (2010). Olio a spatola su tela
2. Incroci (2021). Tecnica mista su legno
Uscita n°24
l'Intervista
Ambretta Rossi
Conosco Ambretta Rossi dal 2020 quando cioè espose presso Rinascenza Contemporanea II di Torino per una mostra che sviluppava gli Oniristi e che faceva parte del Gruppo degli Otto. Ricordo le nostre chiacchierate invernali presso lo spazio espositivo in quei freddi pomeriggi di gennaio. Poi lo stop improvviso tra la mia malattia e la pandemia.
Ora che tutto sembra volgere nuovamente alla normalità la ritrovo per un'intervista su una panchina soleggiata e là ci mettiamo a discutere mentre prendo appunti e le chiedo:
" Cosa pensi dei linguaggi attuali?
"Sono tanti e dispersivi: alcuni li prediligo altri no. La linea generale è troppo cerebrale, mentale, artificiale. Credo che quello che manca tendenzialmente sia un'arte rivolta ai sentimenti"
" Quindi valuti il discorso artistico fondamentalmente emotivo?"
" Certo. Quanto più l'arte è spontanea tanto più raggiunge il suo obiettivo. Credo che il modello essenziale sia nei bambini: loro non pensano alle regole o a ciò che è codificato. Loro sono spontanei e questo è il centro fondamentale di ciò che l'artista dovrebbe tornare ad essere: se stesso"
Proprio nel momento in cui Ambretta dice queste cose passa a una scolaresca di bambini in fila accompagnata dai maestri: glielo faccio notare e lei intanto sorridendo continua:
"Ecco ciò che dicevo. Sono puri, senza filtri, autentici. L'arte rischia di diventare troppo cerebrale al punto che l'artista diventi iper-critico verso la società e verso quello che crea. Troppa intelligenza fa male credo, e snatura ciò che potrebbe essere così audace e perfetto"
" Dici che sia il risultato del progresso della civiltà ad aver contribuito a questa inautenticità?"
" Dico che siamo il risultato di quello che viviamo: una persona libera nella natura pensa liberamente; una persona chiusa in una fabbrica ragiona come le macchine. L'arte è lo strumento che dovrebbe consentire sia a chi la fa sia a chi la vede di uscire dalla propria gabbia mentale e superare i confini del già detto e del già fatto. La rottura degli schemi è necessaria per generare nuovi orizzonti e prospettive"
"Quali sono secondo te i modelli attuali che inondano l'arte contemporanea?"
" L'Iperrealismo sicuramente come forma fredda e distaccata di rilettura del mondo concreto; mi stanca assistere a dipinti in cui la perfezione prevarichi in ogni dettaglio: in questo modo diventa un'opera asettica in cui la forma sembra tagliata con la lama di un rasoio ed il colore perde consistenza. Dall'altra parte l'arte astratta che leggo come mezzo importante per esprimere l'inesprimibile ma il più delle volte nasconde artisti che non sanno dipingere"
" Mentre per le istallazioni? Cosa pensi della Body Art o dei linguaggi in voga?
" Ti rispondo con un aneddoto: tempo fa sono stata alla XIV Biennale di Firenze e tra i diversi artisti spiccò una giovane ragazza iraniana impegnata in giochi acrobatici. Fin qui tutto bene. Eppure mentre si muoveva a ritmo di musica ha realizzato un'opera astratta. Era arte o ginnastica? Tu mi dirai una performance. Io invece ti dico che ebbi la sensazione di mera spettacolarizzazione.
Continuo a scrivere mentre Ambretta parla guardandosi intorno. Ho come la sensazione che sia concentrata sulle cose che dice ma nello stesso tempo senta il desiderio di disegnare. Tengo questa sensazione per me e proseguo nel mio lavoro attento alle cose che dice. Dopo qualche attimo di silenzio le chiedo ancora:
"Reputi dunque che stiamo vivendo una fase decadente?"
" E' evidente che siamo in una profonda decadenza culturale. Troppa superficialità, Internet usato a sproposito e persone distanti tra loro per quanto unite sul web"
" Come collochi la tua pittura in questo scenario?"
" La trovo immediata, sentita, vissuta. Uso gli acquerelli proprio perché mi consentono di dare l'idea di ciò che ho vissuto in quel momento. Mi spiego meglio: mi è capitato di dipingere all'aperto ma il più delle volte mentre vado in giro vedo cose, le fotografo e poi le sviluppo con calma a casa. Eppure mentre realizzo quel quadro ripenso all'atmosfera vissuta dal vivo e cerco di trasmetterla a chi vedrà il dipinto"
" Dunque dipingi i sentimenti?"
" I sentimenti che provo rispetto a qualcosa che accade veramente e le emozioni che dall'interno vengono in superficie. Ecco la ragione per cui adoro fare i ritratti a carboncino ad esempio, perché mi permettono di cogliere quelle espressioni, quelle sfumature di un volto che altrimenti non potrei cogliere"
" Quindi tornando all'istinto dai retta alle tue sensazioni: queste incidono su ciò che vedi?"
" Credo che nessuno credo veda davvero la realtà se non attraverso il proprio sguardo interiore. Se tu sei allegro trovi positività ovunque ma se sei depresso vedrai la stessa realtà diversamente"
" Quindi per concludere: cosa vedi nel futuro?"
" E chi lo sa! Non ho la sfera magica. Eppure resteranno i miei quadri che descrivono la vita quotidiana: momenti normali che le persone vivono ogni giorno senza accorgersene. Tipo anziani seduti sulle panchine a prendere il sole; donne che vanno a fare la spesa; bambini che giocano. Tutti impegnati nella loro esistenza ed io li fisso, li immortalo. Credo che nel futuro ci sarà sempre meno tempo per le piccole cose e questi lavori emozionali d'impatto restituiranno dimensioni sempre più rare. Dunque resterà l'opera in funzione dell'opera e chissà: qualcuno si degnerà di fermarsi un attimo e di vedere come noi in quest'epoca vivevamo. Quindi non conta in quale modo vivranno loro tra tecnologie avanzate e robot sofisticati. Ci guarderanno incuriositi e comprenderanno il senso dei sentimenti proprio servendosi della nostra pittura. Quindi quando mi fermo, tiro fuori i colori, mi guardo intorno e penso di fermare la realtà"
1. Nel suk di Torino (2023).Acquerelli
2. Anziani al bar (2023). Acquerelli
Seconda Intervista: VINCENZO DEL DUCA
Paesaggio del sud (Olio su tela)
Vortice (Tecnica mista)
Era un pomeriggio freddo quando contattai Vincenzo del Duca per un'intervista telefonica. Dapprima restio mi disse di fidarsi di ciò che avrei scritto poi gradualmente riuscii a coinvolgerlo chiedendogli dettagli che dessero un taglio a questo scritto. Lui si trovava lontano da Torino ma nel suo paese campano mentre a Torino pioveva e faceva freddo. Ecco ciò che mi disse:
" Sono in questo magnifico luogo del Cilento in provincia di Salerno: in questa zona del golfo di Policastro e del golfo di Palinuro siamo vicini a Paestum al limite della Basilicata. Qui la natura è ancora selvaggia: c'era la Magna Grecia. Io racconto i colori della mia terra che ho nel mio sangue e nel freddo Piemonte in cui vivo da anni ho trasmesso queste atmosfere lontane proprio attraverso la pittura"
" Dipinge da molto tempo?"
" Ho sempre avuto una predilezione per l'uso delle matite e dei pastelli: ancora adesso li utilizzo magari per aggiungere elementi ai miei dipinti. Ma è l'olio la tecnica che mi spinge a vivere delle emozioni che percepisco e che desidero condividere o le tecniche miste. Perché vede: l'arte è condivisione. Non rappresenta per me solo il momento in cui la faccio ma anche quello in cui la metto a disposizione degli altri. L'arte è comunicazione, è stare insieme, è vivere quelle emozioni condividendole proprio con gli altri"
"Ricordo quando nel 2017 fece da me una personale dal titolo La via mercuriale presso Rinascenza Contemporanea II di Torino e di quando veniva a trovarmi in galleria. Lei ha fatto molte mostre nella sua carriera pittorica. Cosa pensa di questi luoghi deputati all'arte?
" Non amo particolarmente esporre nei luoghi chiusi: mi sembra di rinchiudere i miei lavori in contenitori artificiali. Come le dicevo prima per me l'arte è vita, è gioia, è comunicazione. Per cui preferisco esporre all'aperto in luoghi festosi e pieni di gente. E' come se la festa di un luogo si trasmettesse ai miei dipinti e in questo modo mi carico anch'io di quella vitalità che i miei dipinti hanno vissuto in un determinato luogo"
" Quindi come vive questo interscambio con gli altri?"
"Sinceramente non presto molta attenzione a quello che dicono le altre
persone dei miei quadri: quando dipingo è per me un fatto intimo, personale,
sentito profondamente e nel condividere i dipinti ne ho sentite e ne sento di
tutti i colori..."
"...la soggettività dell'artista nel fare il quadro corrisponde alla soggettività degli altri nel vederlo quindi non è possibile secondo me dare un giudizio assoluto. Ognuno trova nelle cose una parte di sé perché siamo per fortuna tutti diversi e ognuno dà un'interpretazione personale alle stesse cose. Credo molto nella soggettività e non in quei dettami assoluti che vogliono uniformare la conoscenza. Immagini nel discorso artistico quanto il gusto incida sul giudizio!"
" Dunque per lei l'arte è espressione dell'inconscio. La soggettività rinvia alle sfere intime analizzate proprio dalla psicoanalisi: quanto dunque incide la sfera psicologica nell'artista? Ovvero quanto i fatti della sua vita privata determinano il risultato finale sull'opera?
"Le ripeto quello che ho affermato aggiungendole un'altra cosa: quello dell'arte è un linguaggio libero non sottoposto a regole fisse. O meglio: le regole ci sono e chi studia comprende i meccanismi e le funzioni da mettere in pratica ma nel momento in cui l'artista crea userà anche quelle regole ma le metterà a poco a poco da parte perché tirerà fuori ciò che ha dentro. Vede io sono stato un autodidatta e forse per questo ho studiato tantissimo proprio per cercare di cogliere aspetti che già possedevo"
" Quindi la realtà esterna all'artista quanto incide?"
" Non è questione di dentro o fuori. L'artista deve cogliere l'invisibile. Le cose che vediamo qua fuori o che abbiamo dentro di noi sono proiezioni di qualcosa di antico o chissà, di spirituale: questo non lo sa nessuno. Eppure l'atto del creare costituisce già in sé un momento di distacco in cui il pittore si raccoglie e medita attraverso la propria opera. Il mondo esterno lo colpisce e lo invoglia a fare poi sarà il suo umore, la sua volontà, il suo stato d'animo a tradurre questi stimoli in forme e colori"
" Quindi la sua figurazione non racconta di ciò che vede ma di ciò che sente?"
"La mia figurazione racconta di ciò che ho nel cuore: l'arte appunto vive e non può essere statica perché è in movimento, perché tutto si trasforma continuamente"
" E l'arte contemporanea infine segue questi presupposti?"
"A volte si avvicina a quello che le ho detto ma in linea di massima trovo in giro artisti concentrati più sull'oggetto che sull'opera. Mi spiego meglio: quel dinamismo di cui le parlavo corrisponde ai moti dell'anima in cui origina il sentimento delle persone. La mia pittura evoca questi stati di passaggio servendosi di forme naturali come trampolino di lancio per accedere ai vortici di colore e luce. Ma nella stragrande maggioranza delle opere che circolano sembra che i dipinti siano statici, privi di sentimenti e venduti come oggetti qualsiasi. Questa non è arte ma commercio"
" Grazie signor del Duca del tempo che mi ha dedicato" E chiudo la telefonata ripensando alle sue parole. L'arte deve essere dinamica in cui si muovono i sentimenti come il Creato in cui tutto muta e si trasforma.
La casa dell'operaio (Olio su tela)
Uscita n°23
ACHER. Digital Art
L'Intervista
Maurizio Farina fa parte di quegli artisti che credono
esclusivamente nel valore del proprio operato mettendo in secondo piano la
vanità o la filosofia del personaggio manager. Dopo aver operato insieme per
diverse mostre che considervano il percorso storico della Post-Avanguardia
Italiana secondo i dettami della Digital Art siamo giunti a questa intervista
telefonica avvenuta diversi mesi fa. Nel susseguisri di domande e risposte
riusciamo così a dare voce al pensiero dell'artista dietro la sua opera.
Come è approcciato all'arte?
Sin da bambino ho coltivato questo orticello: disegnavo tantissimo prendendo spunto anche dai fumetti della Marvel e nonostante una scuola di grafica che mi ha insegnato tecniche ho sempre vissuto in me la dimensione artistica: dalla matita ai pastelli è stato nel 2009 che la digitalità mi ha coinvolto emotivamente.
Cosa la colpisce di questa forma di linguaggio nello specifico?
Semplicemente mi ha dato la possibilità di affrontare la complessità del colore. Essendo fondamentalmente un buon disegnatore è stato l'intervento digitale a dilatare la mia propensione creativa all'uso dei colori.
Dunque come vede l'avanzamento progressivo dell'intelligenza artificiale in questo processo?
L'arte è lo specchio dei tempi. E questa è un'epoca attratta solo dal denaro: un artista oggi è soprattutto una figura spuria a metà tra la voglia di creare e di vendere il proprio operato. In Italia le cose sono come all'estero anzi, c'è forse troppo attaccamento all'aspetto promozionale più da noi che in altri Paesi civili in cui sono stato. In questo senso l'Intelligenza artificiale può essere un'opportunità di progresso se utilizzata per facilitare la vita dei cittadini invece se abusata può diventare un'arma a doppio taglio e restringere le libertà ed il libero pensiero. Ogni cosa cambia in base all'utilizzo che si fa.
Sente di avere avuto riconoscimenti dal mondo della cultura?
Sono finito su libri di storia dell'arte da parte di studiosi prestigiosi: sono stato citato su "Artisti europei da non dimenticare" di Rosario Pinto ed ancora hanno scritto di me su "Eccellenze. Sguardi sulla pittura italiana contemporanea" del 2015 di Paolo Levi e soprattutto su "La via italiana all'Informale" di Virgilio Patarini in cui sono stato considerato per il mio stile e tecnica esecutiva.
Queste considerazioni hanno soddisfatto la visione che lei ha per se stesso?
Non riesco a giudicarmi: per me l'arte è qualcosa di laterale alla mia esistenza nel senso che non mi da di che vivere eppure resta fondamentale per la mia esistenza stessa. Non potrei vivere senza arte. In questo momento in cui scoppiano guerre, pandemie e dove l'uomo rischia di essere superato da macchine super-intelligenti, l'arte assume per me un valore ancora più grande perché scinde l'umano dal robot mettendo in evidenza le nostre potenzialità come i nostri limiti. Quindi per rispondere alla sua domanda dico che non si tratta di soddisfazione personale ma di una forma di consapevolezza perché essere considerati significa partecipare con i propri mezzi ad un percorso storico.
Quindi per lei è stato importante l'essere riconosciuto dalla storia?
Ripeto. Escluderei il fatto personale che scadrebbe nella vanità. Si tratta del condividere il proprio linguaggio a qualsiasi sfera di intelletto. L'arte ha questo scopo anche se molti artisti sono più attratti dalla fama e dal denaro che dalla condivisione del loro operato. E' tutta una questione di marketing e l'opera diviene mezzo per far soldi: per me questo è marginale!
LUNE ROSSE. Digital Art
E se il linguaggio non dovesse essere capito dalle genrazioni che verranno?
Questa forse è la paura più grande. Chiunque faccia arte desidera essere compreso: nel qui ed ora predominano gli schemi comportamentali, le regole codificate, le mode ma quando entriamo nel discorso creativo siamo in presenza di qualcosa di più elevato. Un artista crea nel suo tempo ma fa qualcosa che sopravvive alla Storia. Quindi è fondamentale che il suo lavoro non sia considerata solo nel proprio tempo ma che sopravviva ad esso e che proprio da quel tempo decolli verso un linguaggio universale comprensibile soprattutto a coloro che verranno nel futuro. Se questo interscambio non esistesse non avrebbe senso creare. L'artista parla universalmente quindi e non esiste tempo per l'opera che realizza nel proprio studio.
Tornando al suo lavoro quindi lei utilizza il digitale come forma di espressione universale mendiante la quale le generazioni future avranno modo di accedere e comprendere?
Sicuramente. La mia espressione parte da contenitori formali che definisco analogici nel senso che badano ancora ad una costruzione della forma nel rispetto dell'armonia e dell'equilibrio ai quali però l'evoluzione digitale spinge più in là questo approccio ad una ricerca cromatica da cui posso scegliere, intervenire, modificare sino ad ottenere quelle sensazioni metafisiche che attuano quel linguaggio universale di cui le parlavo prima.
Eppure anche i modelli dell'universalità che dice cambiano nel tempo e vengono risucchiati dal calderone delle mode. Accetterebbe di essere letto diversamente da ciò che sostiene e per cui opera?
L'artista non ha scelta. Ne è consapevole. Nel momento in cui si genera un'opera la realtà svanisce o meglio, viene momentaneamente tralasciata per essere amplificata emotivamente proprio nell'opera che si sta realizzando: quando la mente è concentrata resta in standby e rigetta tutte quelle atmosfere, quelle dimensioni sospese, quei pensieri latenti proiettandone la sostanza in quel manufatto. Questa dimensione psichedelica che domina i miei lavori serve proprio a dilatare l'apertura a qualsiasi visione: dunque come potrei fermare il flusso di pensieri in chi verrà? E' ovvio che tra cinquant'anni, cento anni o chissà quando il modo di intendere le cose sarà diverso nel bene o nel male. Eppure un linguaggio universale è fuori dal tempo o lo cavalca restando sempre attuale.
Le domando ancora se ha modelli ricorrenti o figure nel mondo dell'arte che la stimolano particolarmente. Può dirci qualcosa in proposito?
Sinceramente potrei farle una lista infinita di artisti che hanno influito su di me e le mie scelte. Eppure voglio andare al di là della pittura e citarle un leitmotiv che segue tra i tanti la mia ispirazione: si tratta di Vangelis. Quando creo ascolto molte volte brani sonori che accompagnano le mie esecuzioni artistiche. La musica è fondamentale nello spazio che dedico alla creazione perché mi da la possibilità di viaggiare con la mente e disperdermi nelle dimensioni separate, negli spazi infiniti e viaggio immerso in questo vortice di atmosfere sospese. Senza musica le mie opere non parlerebbero come fanno: a volte penso che siano scenari proprio di quei mondi distanti che Vangelis sonorizza.
Infine: valuta che resterà qualcosa di tutto questo?
Tutto quello che facciamo resta in qualche modo. L'arte è per me una sorta di messaggio dentro la bottiglia. Naviga nel tempo; rischia di essere dimenticato; resta nel buio per secoli poi ecco, per miracolo qualcuno lo tira fuori in un momento indeterminato nel tempo e voilà: le nuove generazioni troveranno questo reperto archeologico di pura fantasia che io ho realizzato quaggiù con le mie credenze e loro comprenderanno diversamente attraverso i loro linguaggi ed il loro modo di intendere il mondo. Questo è il mistero, questa è la sfida, in questo sta il bello!
WHO. Digital Art
Uscita n°22
Franca Sacchi
RAMI (2022).Vernice e pennarello a smalto su cartone telato
TOTEM
(2022). Vernici su cartone telato
Quando esposi per la prima volta Franca Sacchi presso Rinascenza Contemporanea II di Torino nell'estate del 2018 si trattava di una mostra personale dal titolo LAPIS PHILOSOPHORUM : La Quintessenza che faceva parte del Ciclo della Singolarità. Al vernissage conobbi l'artista che fino a quel momento si era interfacciata con me telefonicamente e scoprii una persona schiva, molto riservata e con una profondità d'animo fuori dal comune.
Su questi postulati dopo anni le ho chiesto tempo fa di farsi intervistare anche da me dato che di interviste e di mostre ne ha fatte in tutto il mondo ed ha accettato. Ecco di seguito, il resoconto della mia intervista:
" Lei signora Sacchi è un'artista poliedrica e su questo, credo, glielo avranno già detto. Come approccia quindi alla creazione prima ancora di creare?"
"Sono in ascolto: cerco tutto ciò che è bello e per far questo libero la mente da tutto ciò che potrebbe contaminarmi e per questo mi viene in aiuto la meditazione poiché attraverso noi stessi possiamo annullare i pensieri che ci affliggono e metterci in connessione con l'Universo"
" Cosa intende per Arte Enstatica?"
" Parto da Mircea Eliade che definì enstatica una via, un viaggio introspettivo dentro se stessi e questo è raggiungibile servendosi della musica così come della pittura. In altre parole l'arte è un ponte verso dimensioni a noi sconosciute e può aiutarci a star meglio"
" Sappiamo che lei sin da bambina studiò musica classica ed in modo particolare il pianoforte poi negli anni '70 ha affrontato l'elettroacustica attraversando linguaggi distanti come la danza , lo yoga e l'Aikido. Queste diverse discipline hanno un fondo comune?"
" Credo nelle doti innate: lo studio amplifica cose che noi già conosciamo. Sin da piccola avevo l'orecchio assoluto e provenivo da una famiglia di artisti. Pensi che mia nonna era già una pianista. C'erano in me esperienze pregresse che poi col tempo ho affinato attraverso lo studio"
" Come approccia quindi alla pittura?"
" Provenivo dalla musica e dalle sue dinamiche quale forma elevata di
ricerca poi a partire dagli anni'60
approcciai al linguaggio pittorico scoprendo nuovi canali che mi mettevano in
risonanza con la natura. Aggiungerei in questo anche la presenza di mio marito
architetto che influenzò in qualche modo questa mia crescita ed il mio
ulteriore sviluppo"
" Dunque tutta la creazione ha sempre a che vedere con la spiritualità?"
" Certamente: come le dicevo l'arte è solo uno strumento per dilatarsi nello spazio. E' una connessione a sfere superiori e per questo una dilatazione al multiforme mediante il quale trasformarsi e vedere oltre"
"L'arte contemporanea secondo lei è distante da questo
modello di ricerca?"
"Non c'è spazio interiore in un mondo governato dal mercato. Gli artisti di
adesso sono degli operatori commerciali attenti al marketing e non a quello che
sentono"
" Ed il suo rapporto con gli esperti?Come affronta il giudizio degli altri?"
" Parlano tutti oramai anche quelli che non hanno voce in capitolo: io vado per la mia strada, faccio le mie scelte a prescindere da coloro che si limitano alla superficie"
" Come lega la sua visione spirituale alle tendenze digitali della contemporaneità e soprattutto all'Intelligenza Artificiale?"
" Ho studiato in India ed in Europa con i grandi maestri Guru. Consideri che ho aperto il mio primo centro Yoga a Milano nel '68 proprio mentre iniziavo a dipingere. Poi da lì li aprii anche a Torino e a Roma: il focus dell'insegnamento sono gli asana cercando di capire gli aspetti interiori dell'allievo. Una macchina ha queste cose? Non credo proprio. Quindi cosa vuole che le dica? Una ricercatrice di stati interiori non può che darle visioni riduttive di questo mezzo che trascende lo spirito"
" L'epoca in corso dove ci porterà?"
" Io mi domanderei dove sono ora. Il qui e ora trascende lo spazio e il tempo. Consideri che siamo emanazione di energia pura e ci muoviamo per mezzo di onde. La mente emette onde e le riceve: una società fondata sulla guerra, sul profitto al di là dei valori di civiltà che livello di vibrazione può far risuonare? Bisogna coltivare il proprio orticello, vivere seguendo le proprie convinzioni senza lasciarsi travolgere dalla superficialità o dalla frenesia del progresso. Da sempre gli esseri umani sin sono sentiti nel progresso e da sempre hanno imposto le loro verità sulle verità degli altri. Siamo qui per crescere dunque: l'unica cosa che posso affermare è studiare, meditare tentando in qualunque modo di aprirsi e di entrare in connessione con il Tutto"
SOLE NELLA NEBBIA (2021). Vernici su cartone telato
Uscita n°21
L'Intervista:
Genova Boccadasse. Olio su tela (2001) [50x50]
Maria Marchitelli
"Sono un'autodidatta. Sin da piccola ho avuto questa vocazione per l'arte : strappavo lenzuola e mi costruivo il telaio su cui dipingere e su questo ricordo di quando mi fu regalata una valigetta di colori e la felicità di poter avere il materiale per le mie creazioni"
Così esordisce Maria Marchitelli nell'intervista telefonica fatta qualche tempo fa. Ricorda la sua prima mostra a Savona esprimendo l'emozione di quel primo evento che la metteva a contatto con il pubblico. Si trattava di una collettiva realizzata nel 2008 presso la Certosa di Loreto con la finalità di sistemare la tela di San Michele Arcangelo da cui poi l'artista decise di continuare in altre gallerie sparse per il mondo come in Francia ed in Egitto sino poi a collettive proprio in Italia.
" L'arte è stata sempre centrale per la mia esistenza: senza arte tutto non avrebbe senso. Quello che a me importa è mostrare ciò che faccio perché la condivisione col pubblico è lo scopo fondamentale: condividere i propri stati d'animo e non stare esclusivamente a pensare alla vendita od alla fama".
Le chiedo cosa pensi dei critici e del sistema che rotea intorno all'arte:
"Sicuramente la critica d'arte è importante perché dovrebbe spingere i profani ad incuriosirsi verso cose distanti dalla vita ordinaria eppure molte volte sono prime donne intente più a fare profitto che a curarsi delle emozioni dell'artista. Questo è insopportabile"
Giungo così a chiederle quali siano i suoi modelli di riferimento:
"Rimasi affascinata dagli artisti presenti presso la Galleria Sabauda di Torino: vidi nei maestri della tradizione la capacità concreta di rendere vera la finzione, di attraversare lo spirito toccando con mano gli stati profondi dell'anima. L'arte dovrebbe tornare ad essere arte e non solo mercato, apparenza, denaro. Cosa dire di mostri sacri che hanno da sempre stimolato la mia ispirazione? Monet, Picasso e tutto ciò che ha a che vede con le Avanguardie storiche. Ora c'è forse troppa carne al fuoco e l'arte in generale ne risente"
A questo punto entriamo nello specifico tentando di valutare con lei se nel corso delle sue esperienze nel mondo galleristico si sia sentita capita:
"Non so. In realtà dipingo perché ne ho voglia. Da quando espongo ho sentito tante voci in merito alla mia pittura ma a prescindere da ciò che dicono o pensano in merito continuo per la mia strada. Mi reputo umile e aperta al cambiamento facendo tesoro dei punti di vista degli altri eppure non mi lascio influenzare. Proprio per questo ho spaziato attraverso la ricerca di tecniche diverse come con gli acquarelli a partire dal 2006 in cui ho frequentato corsi per perfezionarmi nella tecnica"
L'artista ribadisce lo stato profondo che l'arte esercita nel momento in cui dipinge soffermandosi sul dato emozionale eppure si rende conto che molte volte nel momentodella condivisione siano più le funzioni economiche, di visibilità o di puro mercato a primeggiare scadendo nel business tralasciando valori che per lei sono fondamentali
"L'arte in generale dovrebbe aprire il cuore delle persone e non ridurle a parte di un sistema chiuso basato sulla fama e il denaro. In questo si sente troppo la presenza tecnologica e l'impatto che essa esercita sul pubblico: l'arte è ancora fatta di tecnica e non funzioni algoritmiche"
Nello specifico le chiedo l'Italia che ruolo abbia sul piano della comunicazione:
" Anche il nostro Paese sta subendo l'impatto della globalizzazione ed il mecenatismo accieca gli investitori: bisogna tornare ad ammirare il lavoro di un artista per il grado di emozioni che la sua opera è in grado di trasmettere al di là del fatto che sia o non sia famoso. La troppa visibilità, la tecnologia, i social hanno forse standardizzato e appiattito la comunicazione stessa"
A questo punto le domando quali siano i suoi progetti futuri:
" Dipingere, dipingere, dipingere. Veniamo sicuramente da un momento storico piuttosto complicato: dal Covid alle guerre, dalla crisi ambientale a quella finanziaria c'è stata una fase di preoccupazione generale che al momento persiste. Io ne ho risentito come tutti e per qualche tempo sono stata assorbita da fatti privati della mia vita eppure non mi fermo. Non dobbiamo lasciarci scoraggiare. La pittura rappresenta per me ancora un'isola felice"
La Marchitelli ha spaziato nella sua carriera pittorica attraverso tecniche distanti come dall'olio alla porcellana, dagli acquerelli agli acrilici sino ai pastelli in cui il senso profondo della ricerca formale gioca un impatto preponderante. La sua calma, dolcezza dialettica è evidente anche nella pittura .
Ciotola di ciliegie (2006). Acquerello
Uscita n°20
L'Intervista:
Nella luce (2020) Acrilico su tela
Il saggio (2020).Acrilico su
tela
Anna Actis Caporale
Conosco da anni l'artista Anna Actis Caporale ed in particolar
modo dall'ultima mostra personale che realizzammo nel 2021 a Torino presso
Rinascenza Contemporanea II nella Mostra
d'Inverno facente parte del ciclo Le
Stagioni dell'Anima. Da allora sono accadute tante cose sino poi
all'intervista di qualche mese fa realizzata telefonicamente in cui lei ha
iniziato raccontandomi aneddoti della sua vita privata:
" Ho sempre amato l'arte. Mio padre era artista e così mio fratello. Quest'ultimo aveva uno stile geometrico completamente diverso dal mio poi morì in un incidente stradale. Eppure il loro insegnamento è stato fondamentale per me: io lavorando in banca e non avevo tempo per dedicarmi alla pittura quindi riuscivo a viaggiare e lì sentendomi finalmente libera scattavo tantissime fotografie"
Le chiedo quindi da quanto tempo dipinge e quanto il viaggio sia stato importante per lei:" E' da molto tempo che dipingo ma negli ultimi anni ho trovato proprio nella pittura lo slancio per mettere in pratica ciò che documentavo attraverso la fotografia. Ricordo quando nell'82 andai in Cina e rimasi colpita dall'apertura mentale di quelle persone o quando pochi anni dopo mi recai nella popolosa India. Poi nello Yemen percepii atmosfere che mi riportavano indietro nel tempo: era come ritrovarsi nel medioevo toccando con mano atmosfere perdute dalle Mille e una notte"
Ed ancora: Cosa pensa della società in cui vive e dell'arte contemporanea?
"Penso che l'Arte sia qualcosa di intimo e individuale e che non ci siano modelli di riferimento soprattutto per le nuove generazioni assorbite dai social. E' una fase storica controversa priva di ideali in cui la super-informazione sta contribuendo ad una forma di appiattimento generale in cui si rischia di perdere la spontaneità. L'arte è il frutto di questa dissociazione e non ha scopo se non quello di trasformare l'artista i strumento di questo meccanismo insano. A queste condizioni non mi trovo a mio agio e dipingo secondo ciò che sento: ora sono le mode a dominare e che a loro volta siano risucchiate dal mercato"
Le chiedo ancora se esiste l'arte.
" Esiste nonostante tutto ed esisterà per sempre anche quando crederanno che non esista più: come dicevo un mondo rapido sempre più assorbito dalle guerre, dall'economia e dall'utilitarismo mira alla concretezza e all'efficienza non a schemi di pensiero creativo.
Eppure proprio in un sistema chiuso e automatizzato l'arte rappresenta uno spiraglio al proprio Sé, un ritorno ad aspetti che ogni uomo custodisce gelosamente anche senza saperlo o rendersene conto"
Cosa la ispira di più?
" L'attimo. Il momento di straniamento da tutto in cui vivo nei ricordi, nelle emozioni profonde, nei silenzi e nelle atmosfere che ho ereditato proprio nel corso dei miei innumerevoli viaggi per il mondo. La natura è la maestra superiore ed ora ad esempio mi sto concentrando sulle mongolfiere e sul senso di libertà che mi trasmettono"
Quindi le mongolfiere come anelito alla libertà: usciremo dal tunnel storico in cui siamo piombati?
" Me lo auguro e ne sono quasi certa se le popolazioni umane non fanno un passo falso: siamo sempre in tempo per salvare ciò che sembra inevitabile e l'umanità può tornare a guardare il cielo e lo splendore della creazione.
Ecco perché dipingo queste mongolfiere: rappresentano la capacità dell'uomo di innalzarsi da terra lasciandosi trasportare dal vento e dalle correnti. Sì è possibile sempre venirne fuori ma ciò che non deve mai soccombere è la speranza: la pittura per me è quella speranza verso la vita stessa"
Prima quali modelli di pittura affrontava?
" Negli anni '70 mi destreggiavo nel disegno e con le chine. L'espressionismo mi affascinava e così mostri sacri come Picasso, Dumier, Klimt ma come le dicevo non avevo tempo per cimentarmi nella pittura quindi era la fotografia il mio strumento prediletto che mi consentiva di fissare l'attimo tenendo sempre l'occhio vigile e attento. L'attimo è l'elemento essenziale che consente di connettersi al tutto"
Per il futuro cosa vede?
" Non ne ho idea. Sicuramente continuerò a dipingere anche se la civiltà così come noi la conosciamo dovesse mutare radicalmente. Senza la pittura per me sarebbe difficile. Consideri che una decina d'anni fa circa pungendomi con la spina di una rosa infetta persi una gamba: l'infezione colpì una gamba che poi mi fu amputata e questo sconvolse la mia esistenza. Non viaggiai più e fui costretta a cambiar vita.
Pensi che proprio nei lunghi mesi della riabilitazione fu la pittura l'elemento che mi dette la forza di non arrendermi e di ricominciare. Forse da quell'esperienza dolorosa ho capito profondamente il senso intimo delle cose. Ed eccomi qua: viaggio con l'arte, faccio rivivere attraverso i miei dipinti frammenti di mondi che visitai una vita fa e torno alle atmosfere remote di mondi mutevoli che continuano a cambiare. Quindi l'attimo è il centro di ogni cosa"
Attraverso le sue parole tasto con mano la capacità di un individuo di rimettersi in gioco, di cambiar vita senza troppi ripensamenti. Infine aggiunge:" Pensi che nonostante tutto continuo a curare le mie rose perché amo i fiori e tutto ciò che è vivente". Straordinaria testimonianza penso tra me mentre concludo l'intervista.
Controcorrente (2021). Acrilico su tela
Uscita n°19
Autodichiarazioni:
Visioni estetiche di un Critico d'Arte attuale:
parla il dott. Andrea Domenico Taricco
ORDO ITALICUS. 2012 - 2020
Il Sesto Ordine Architettonico
Partendo dal "De Architettura" di Vitruvio risalente al 15 a.C. sino a giungere a la "Regola delli cinque ordini d'architettura" del 1562 di Jacopo Barozzi da Vignola sono trascorsi 1577 anni circa. In questo asse di tempo assistiamo ad una lenta elaborazione che come vediamo dall'estratto del lavoro di Vignola stabiliva in sostanza cinque ordini architettonici:
1. Ordine Dorico
2. Ordine Tuscanico
3. Ordine Ionico
4. Ordine Corinzio
5. Ordine Composito
Nel 2012 ed esattamente dopo quattrocentocinquanta anni da questa definizione e dal 2012 ad oggi sono giunto a codificare un sesto ordine: l'Ordine Italico che promossi nel mio primo spazio espositivo "Rinascenza Contemporanea" nella città dannunziana di Pescara ivi rimasi tra il 2012 ed il 2016 data in cui tornai definitivamente a Torino per aprire Rinascenza Contemporanea II. Certo dalla classicità al manierismo e da qui allo slancio Barocco, Rococò, Neoclassico l'architettura ha attraversato diverse fasi storiche pensando agli azzardi dell'800 mediante i Modernisti e la grande stagione dell'Art Nouveau. Il cantiere Funzionalista andò in tutte le direzioni con la Grande Guerra sino al macro-contenitore sperimentale del Bauhaus che porterà a nuovi slanci novecentisti come l'Art Deco, al Costruttivismo sino al Funzionalismo. Ancora al Brutalismo della II guerra mondiale passando per lo Strutturalismo ed alle grandi sperimentazioni Postmoderne intrise di citazionismo decorativo sino al Decostruttivismo opposto a quello precedente ed alle spinte più vicine a noi intese sui principi della Nuova architettura Classica ed infine al Neo-Futurismo di Daniel Schinasi in cui l'evocazione al futurismo avviene in chiave dinamica. Il lungo excursus riassume brevemente le differenti tendenze architettoniche avvenute in circa mezzo millennio. Ragioni che mi hanno spinto alla realizzazione di questo sesto ordine fondato in terra italica e che riassume le caratteristiche della contemporaneità:sintesi, freddezza, possenza,spersonalizzazione. L'Ordo Italicus rappresenta il fondamento costruttivo su cui devono innalzarsi strutture forti e slanciate eppur motivate non più dalla colonna esile e dal capitello elaborato. Tantomeno l'assenza del basamento lo relaziona ulteriormente al suolo rendendolo consecutivo ad esso. Semplici parallelepipedi interconnessi verticalmente et orizzontalmente con lo scopo definitvo di determinare sicurezza e maestria in chi osserva.
L'ESSENZA dell'Arte Contemporanea
Il concetto di bellezza è stato per secoli legato al principio di proporzione, armonia, numero ed equilibrio delle parti. Pensiamo al concetto di sezione aurea o divina proporzione ovvero la possibilità di dividere lo stesso segmento facendo in modo che il rapporto tra la sua parte più piccola e quella più grande fosse lo stesso con quello del macro-segmento. Questa conoscenza giunse ai greci per via minoico-egizia e qui da Babilonia che aveva già approfondito i calcoli computazionali necessari per edificare i loro templi. In tal senso pensiamo a Luca Pacioli che scrisse "De divina proporzione" a cui lavorò tra il 1496 etil 1497 con i disegni di Leonardo da Vinci. Sosteneva che tutti i dotti avrebbero dovuto conoscerne la trama: una prima parte applicava la sezione alle arti, una seconda a Vituvio ed una terza al "Libellus de quinquen corporibus regolaribus" di Piero della Francesca. Ma il concetto di Bellezza è mutato con il trascorrere delle epoche artistiche giungendo a quello di Sublime che nell'800 ma già in fase pre-romantica Edmund Burke elaborò nel suo testo "A Philosophical Enquir into the Origin of our Ideas of the Sublime and Beautiful" (1757) come predominio del Sublime sul bello. Questo presupposto di analisi all'arte varierà ulteriormente con il principio di arte Perturbante messo in campo da Sigmund Freud circa un secolo fa nel 1919 in cui ne" Das Unheimliche"(il Perturbante) in cui osservava come precedentemente erano stati considerati il bello, il sublime come formulazioni dell'attraente mentre ciò che lui risvegliava era la paura dell'irrazionalita' che dominerà l'estetica di tutto il '900. Una sorta di disagio che ha irrimediabilmente allontanato il pubblico dall'arte contemporanea. Premesse queste analizzate nel mio testo di storia della filosofia dell'Arte "ASHERAH. IL LIBRO DELLA NATURA" nel quale propongo una definitiva e più coerente forma di concezione artistica: l'essenzialismo sinaptico diviene la moderna ESSENZA della creazione volta a ricercare il sentimento del fautore del manufatto nell'attimo stesso in cui ha immortalato il proprio sentire sul supporto. Questa traslazione emozionale si allontana dall'idea dell'artista intelligente che desidera stupire, attrarre il pubblico sottomettendosi alle leggi di mercato: l'Essenza è quella funzione che sradica il significante dal significato, la forma dal contenuto sul piano puramente fruitivo non dimenticando che l'artista sia figlio del suo tempo e della sua tradizione storica ma che parte da essa per comunicare degli universali. Le espressioni Informali, Neo-Dada, Neo-Informali sino a quelle Post-Moderne hanno portato a compimento questa formulazione di analisi. Esse sono state la culla di tutto ciò che dall'inizio del XXI secolo per questi primi vent'anni post-concettuali si è mosso nel revisionismo e citazionismo estetico che ha privilegiato il corpo superando il Body, l'ambiente superando il Land ed il Concettuale ovvero superando la stessa forza delle IDEE. Che sia l'emozione a smuoverci dall'immobilismo del tempo in cui esistiamo ed il dettaglio, il particolare, il frammento indicheranno la via di questo processo animico ed involontario. L'Essenza corrisponde all'aura della creatio quindi rappresenta l'anima stessa dell'oggetto (scartandone la superficialità del Bello o la momentaneita' del Sublime così come l'attrazione negativa nel Perturbante) che diviene opera quale testimonianza della sacralità del creatore/artista ed in questo modo, solo in questo modo diviene Immortale.
Seraféo: Progetto: Museo RINASCENZA Contemporanea III
RC3. Ideazione: critico d'arte Andrea Domenico Taricco
È con estremo piacere che con la collaborazione dell'architetto Tosco viene alla luce il Seraféo. Tale struttura è il tempio sacro dell'arte contemporanea deputato a prolungare nell'eternità il mio operato nel mondo dell'Arte di ogni tempo. Nasce dall'elaborazione dell'Ordo Italicus (ordine italico) da me progettato come sesto ordine architettonico di pilastro moderno e come tale sviluppato per la generazione di un Museo, ovvero Rinascenza Contemporanea III. Secondo queste premesse il Seraféo (dalla Serafica, ovvero dal luogo in cui attualmente sono custoditi i miei lavori pittorici) è costituito da un pronao colonnato da cui si accede ad una doppia sala quadrata ove al centro si elevano quattro pilastri mentre ai lati corrispondono le lesene dello stesso ordine. Lo spazio ricavato tra una colonna e l'altra sarà caratterizzato dalla pittura mentre al centro dei due ambienti vi è un corridoio vetrato lateralmente in cui verrà posizionata la "Venere Imbavagliata" protettrice del luogo sacro. A mo' di architrave l'intera copertura è vetrata su cui è scolpita la struttura dell' Achet ovvero della doppia catena dell'albero della vita rielaborato nel mio testo ASHERAH. Il Libro della Natura. La scelta del vetro in alternanza al marmo diviene essenziale per la realizzazione del contrasto tra antico e moderno oltre che per una ragione puramente funzionale destinata a far filtrare la luce zenitale. Il vetro lo ritroviamo anche nella gradinata frontale in contrasto ai blocchi laterali realizzati in marmo e nell'architrave del portale d'accesso. I dati descrittivi li ritroviamo nell'immagine del progetto in cui l'equilibrio delle parti è ravvisabile dai prospetti frontali e laterali così come dalla planimetria che riporta alla sintesi del tutto. Questa è la potenza della struttura ideata orizzontalmente su un asse che simula il simbolo dell'infinito con lo scopo di riportare in vita una grecita' attualizzata evocando così l'idea della proporzione fondata sull'armonia della sezione aurea così come della linearità attuale. Questo Museo concepito ancora in 2d prende finalmente forma dopo anni di riflessioni per l'eternizzazione del mio operato. Il Seraféo costituisce questo slancio verso il futuro delineando con la pittura dimensionale e la scultura citazionista il senso ultimo della Rinascenza delle Arti.
LA VENERE IMBAVAGLIATA (2012)
Seguiamo
il percorso di quest'opera da sinistra verso destra in cui il tema di Afrodite
che vince la mela della bellezza per mano del giovane Paride sconfiggendo così
Giunone ed Atena ha ispirato tre creatori di epoche distinte (rispettivamente
del XIX secolo, XX secolo e XXI secolo) . Questa scelta scatenata dalla dea
Eris non invitata al banchetto degli Dei porterà alla guerra di Troia. In ogni
caso Venere diviene espressione di bellezza e protettrice delle Arti (Ragione
per la quale l'ho generata a protezione del mio spazio espositivo). Dapprima
Bertel Thorvaldsen nel 1816 realizza "La Venere del Pomo" ora
custodita presso il Thorvaldsenmuseum di Copenhagen. Successivamente
Michelangelo Pistoletto riprende l'opera generando "La Venere degli
Stracci" (1967) custodita presso il Museo d'Arte Contemporanea del
Castello di Rivoli. Infine arriva il dott. Andrea Domenico Taricco che
nel 2012 ripropone l'opera non solo mozzandone il braccio destro che sorregge
il pomo della discordia da cui seguito' una guerra devastante ma aggiungendone
successivamente la mascherina in relazione alla tragedia pandemica messa in
atto dal coronavirus. Nasce così " La Venere Imbavagliata" (2020)
custodita presso lo spazio espositivo Rinascenza Contemporanea II di Torino
Uscita n°18
Museo Civico Casa del Conte Verde - Rivoli (TO)
ENTELECHIA, la coscienza delle cose
Mostra Antologica di Fulvio Bresciani
Tratto ora di una mostra presentata circa un anno fa presso il comune di Rivoli di cui il protagonista resta uno dei più grandi pensatori/scienziati della nostra epoca: il dott. Fulvio Bresciani. Per una civiltà fondata sulle immagini e sul potere virtuale dell'apparenza, è fondamentale giungere a una forma di espressione che miri a mostrarsi per quello che è non solo in potenza ma in atto: in questo caso ci viene in soccorso l'entelekeia aristotelica ovvero l'en telei ekein che indica l'essere nel suo pieno sviluppo seguitando le proprie regole in senso compiuto. In altre parole ogni cosa avrebbe in se stessa il principio primo ovvero lo scopo verso cui tenderebbe spontaneamente a evolversi; detto diversamente è come se esistesse una sorta di destino predefinito secondo cui la materia in quanto tale provvederebbe ad adempiersi compiendosi: come dire che il seme possegga in potenza ciò che raggiungerà mediante la propria evoluzione fisica. In contrasto a questo principio di destino preordinato in sé, era nell'idea platonica che dava attributo non alla causa finale attraverso la materia ma a connotazioni preordinate mediante l'aspetto ideale.
Cioè è la materia a evolversi in se stessa o seguita l'intelligenza divina?
Ed eccoci al dott. Fulvio Bresciani: dal ciclo di mostre precedenti a oggi ci ha fatto comprendere attraverso il proprio modus operandi dell'Astrattismo Inverso come la casualità possa essere resa dalla logica causale trasferendo sul piano ideale lo spontaneismo delle scie atomiche in griglie pittoriche cui dare un senso artistico; da qui il secondo livello di ricerca in cui elabora sculture cinetiche che partono dall'estremo opposto: genera causalmente forme plastiche astratte che girando su una piattaforma a circa 500 giri al secondo creano nuovamente una forma riconoscibile.
In questo caso entriamo nella Sincronicità junghiana secondo cui diversi eventi che avvengono contemporaneamente siano connessi tra loro influenzandosi reciprocamente in una sorta di coincidenza a-spaziale, a-temporale. Da qui al terzo livello in cui la decodificazione di queste linee in formule matematiche poi tradotte in note e suoni analogici sintetizza un percorso iperuranico nel quale la creatio intuitiva dava allo scienziato la possibilità di svelare l'equilibrio celato dalla materia. In questa Mostra Antologica il dott. Bresciani compie uno sforzo intellettuale ulteriore abbracciando esattamente la tesi opposta secondo cui quell'Idea preordinata platonicamente in un Ente superiore viene letta servendosi della Materia cosciente e intelligente ovvero nella materia stessa. In questo senso da un valore immanente della materia (qui ragiona da scienziato) accetta quello trascendente e spirituale (qui da artista) proponendo una sintesi perfetta da cui elabora il principio di Anima.
Per una via o l'altra dunque il dott. Bresciani è in grado di dimostrare la coscienza delle cose a prescindere dal proprio grado e livello d'interpretazione. Dall'elaborazione su monitor di particelle che si muovono nello spazio formando casualmente griglie da cui estrae figurazioni traslate pittoricamente inducendo così l'osservatore a riconoscere ciò che la Natura ha prodotto casualmente all'elaborazione di sculture cinetiche che invertono la causalità nella casualità fino al terzo livello di sperimentazione dell'Acustica: ci dimostra che il principio di iperuranità secondo il trascendentalismo platonico (Esteriore) sia perfettamente coincidente con l'immanentismo aristotelico (Interiore). Ne l'Ombra del vaso le linee derivate casualmente dalle scie del moto particellare sono isolate in un determinato frame sino al momento in cui lo studioso fissa pareidolicamente un'immagine oggettiva e riconoscibile da cui in seguito pone ironicamente il contrasto del vaso e della sua ombra femminile; lo stesso avviene in The Moon in cui vede un astronauta gravitare intorno al suolo lunare e così ne Il sogno in cui una figura fanciullesca si allontana dal suolo mediante tre palloncini.
Moti contenuti nelle linee del tempo quasi come se lo studioso tentasse di comprendere il linguaggio nascosto delle cose attraverso le particelle subatomiche che una volta codificate vengono tridimensionalizzate concettualmente servendosi della scultura per essere poi definitivamente sonorizzate. Questa triplice trasposizione tende alla lettura di un destino entelechico non solo in potenza ma in atto che dimostra l'esistenza di un'anima predefinita. In questo senso accettiamo un'intelligenza, una profondità, una relazione sincronica tra gli eventi secondo cui nella materia coesisterebbero un'anima vegetativa/istintiva raggiunta servendosi della pittura, un'anima sensitiva determinata dal moto e attuata dalla scultura e infine un'anima intellettiva raggiunta per mezzo della razionalità mediante la partitura musicale. L'arte per Bresciani ha un valore di riscoperta dell'anima e la tecnica rende possibile la comprensione di meccanismi a noi sconosciuti. Che sia il destino o il libero arbitrio delle cose è nella materia e attraverso la materia stessa che si attua il disegno naturale: in questo stato Bresciani dimostra un'equazione ilemorfica mediante la quale l'anima non sia distinta dal corpo ma coincidente proprio con la sua forma.
Uscita n°17
UNIQUE CONTEMPORARY ART
di Patrick Caputo
Via Vanchiglia 16 (Interno cortile) - TORINO
Andrea LILLO
"Mates":
ricordi di una mostra presentata a dicembre!
Questi compagni ideali, queste anime intrappolate nella forma mediate la sequenza degli olii su tela divengono sguardi vivi, punti di riferimento, fulcri stabili in un mondo in costante movimento. Classe 1978 nasce in Sud America a Guayaquil Ecuador sino poi al suo trasferimento nel nostro Paese dove quasi per caso inizia a dipingere.
Ed è qui che mette in campo la sua tecnica minuziosa mediante uno stile Iperreale attuato dalla profondità della monocromia in cui si ispira a celebri fotografie di grandi maestri della storia; grazie a questa operazione dunque sembra riportare in vita pittoricamente vecchie fotografie animandole di quel qualcosa in più. Della fotografia in realtà coglie l'attimo in cui è stata impressa, l'istante in cui quello sguardo si è fissato sulla pellicola, il momento celestiale in cui quell'anima è stata rubata: in questo gesto melanconico di pop, iper, post trasmissione di valore estetico post novecentesco, post-concettuale, post-impressivo genera un'ESTRAZIONE fotografica che ho definito fotoestrattismo secondo cui parte da un singolo dettaglio colto nella realtà od in quella zona spuria tra realtà ed interpretazione di una fotografia tradizionale da cui però inizia il suo viaggio pittorico ricercando quanto più debba essere riportato in vita fedelmente: un fulcro energetico dal quale poi ricerca il momento dilatato in tutte le sue forme. Il fotoestrattismo della Lillo a prescindere dalla sua ricerca precedente o dalla sua provenienza culturale è l'espressione pura di una posa che metteva in risalto un volto, uno sguardo, un centro focale di energia da cui il flusso di linee, di colori e movimenti strutturali ha preso corpo e dimensione: assistiamo così al malinconico sguardo dei Soggetti Prigioni come Mick (2021) che stringe tra i denti un coltellaccio o 1984 (2020) in cui è il monocolo e la sigaretta del soggetto ad attrarre la nostra attenzione così come nella Petite Chérie (2021) nel gesto sospeso della mano della bambina che sorregge un oggetto mostrandolo al pubblico sino al Self portrait (2020) in cui sono sempre gli occhi dell'artista stessa il punto di gravità da cui tutto il magnetismo si muove. Dai soggetti prigioneschi ovvero racchiusi in queste gabbie emozionali poi abbiamo i Soggetti Corali come in Sons (2021), The Trip (2021) o Young Women (2021) in cui la Lillo descrive occhi parlanti e di conseguenza soggetti assorbiti dalla propria storia, dalla propria cultura, dal proprio mondo ma isolati sempre nella propria individualità e nella profondità della propria anima. Il fotoestrattismo lillesco consiste proprio nell'isolare la dignità del soggetto estrapolato così dal suo universo di provenienza e riportato in evidenza mediante una pittura diretta, sincera, priva di filtri ed illusioni. Occhi parlanti nel silenzio della ragione. Il resto lo farà il pubblico confrontandosi con il potere di queste immagini e donando ad esse un grado empatico di emotività grazie alla quale l'opera stessa prende corposità e diviene viva. Muoversi tra questi lavori è come attraversare una galleria di specchi riflettenti che non ti perdono mai di vista.
Uscita n°16
L'Intervista:
MARCO CREATINI
L'Entusiasmo della Creazione
"Per me è complicato parlare di me stesso" mi dice l'artista Marco Creatini davanti a un caffè:"...ora mi trovo in un momento creativo in cui la consapevolezza accademica si infrange nel qui ed ora!"Creatini è un maestro d'arte della vecchia scuola: la consapevolezza pittorica ereditata con il suo collega Andrea Berlinghieri dalla bottega di Antonio Nunziante a sua volta proveniente da Antonio Ferroni stabilisce una cultura dell'arte.
Eppure la discendenza metafisica nel tempo ha preso in lui una diversa connotazione e proprio ora che insegna al Corso di Pittura presso la Novel Academy della scuola d'arte di Torino spinge la ricerca in questi termini: "Il mio compito..." dice guardandomi dritto negli occhi:"...è quello di comprendere il livello tecnico dei miei allievi che a loro volta generano in me nuovi stimoli che poi trasferisco nel mio lavoro pittorico!"
Conobbi Marco oltre una decina di anni fa. Stavo organizzando una collettiva per un Hotel torinese che metteva a disposizione le sue sale per un'esposizione di giovani artisti: mi innamorai letteralmente dei suoi lavori e da quel momento collaborammo insieme per altri eventi come ad esempio per una mostra personale nella mia galleria di allora nella città dannunziana.
Ritrovarlo in questa fase dopo anni oltre la pausa pandemica mi fa riconoscere in lui tenacia e determinazione: è stato sempre il pittore che non ha mai dato importanza alla vendita dei suoi quadri eppure ha sempre venduto tutto. Quando gli chiedo infatti quanti suoi lavori possieda ancora mi risponde secco:" A casa me ne sono rimasti solo quattro. La mia pittura viaggia. Non sta mai ferma!" e sorride portando il discorso da tutt'altra parte:
"Ho periodi in cui non ho tempo per chiudermi nel mio studio e lavorare per tutto il tempo che vorrei e in questi momenti di transizione in verità progetto, porto in vita con la mente l'idea del mio prossimo quadro e fantastico al punto di realizzarlo esattamente come avevo immaginato".
Per Marco il soggetto è centrale nel senso che da esso si genera il focus della composizione da cui si svilupperà l'intera impalcatura dell'opera. "Ovvio..." aggiunge:"...in fase di elaborazione può divenire altro ancora!" ma di solito la creazione di una struttura rigorosa su cui fondare formalmente l'intera significazione simbolica del dipinto è basilare. La teatralità al limite della scultura metafisica posta in primo piano e dove il paesaggio retrostante solitamente rappresenta lo stato emotivo quasi a descrivere i sentimenti del soggetto divengono caratteristiche portanti della sua pittura..
" Parto dal disegno su cui creo una base monocroma con Terra d'Ombra sino poi ad aggiungere una velatura d'Ocra Rossa" mi ripete spigandomi come un maestro di bottega rinascimentale i segreti della sua scienza per ottenere poi questi capolavori strabilianti.
Nell'arco della conversazione mi descrive anche i suoi modelli di riferimento nel panorama dell'arte extratemporale e mi cita geni del calibro di Thomas Cole, William Turner, John Constable ricordandomi una mostra presso la Venaria Reale per non parlare di Caravaggio.
Da quello che emerge dagli appunti che prendo mentre
lui parla è che l'idea sia centrale nella sua produzione che poi mette in opera nella realizzazione
fisica del soggetto: da questo il colore avrà un senso tecnico e decorativo al
contempo per rendere realistici o alquanto veri i criteri illusivi della scena
poetica espressa. In questo senso aggiunge:" Per me è importante anche il titolo da
attribuire al mio lavoro. Proprio dal titolo si darà una direzione al
visitatore di ogni tempo per comprendere la ragione di questo mio sforzo
compositivo". Nel titolo infatti è nascosto il significato ultimo del
valore intrinseco dell'opera a prescindere dal tempo storico in cui fu
realizzato. Nell'arte di Creatini il simbolismo, la metafisica sono poetiche di
una teatralizzazione del mondo: come quinte di una messinscena pone al centro
iperrealistiche figure spesso sculture, bronzi di cavalli, mappamondi, elmi che
si caricano di significato grazie ai paesaggi retrostanti che li aprono al cosmo:
genera così un dentro ed un fuori, un sopra e un sotto, un avanti e un
indietro. Una direzionalità, una teatralizzazione appunto che porta noi
contemporanei ad esserne inglobati. " Quello
che conta..." dice infine:"...è mantenere
entusiasmo! L'entusiasmo è il fuoco
che alimenta ogni cosa!" e ci salutiamo come due vecchi amici.
Uscita n° 15
L'INTERVISTA: EMANUELE CHIANESI
Sinestesia neopitagorica
Il principio di autoguarigione
Era un pomeriggio d'autunno
quando io e Emanuele Chianesi ci siamo incontrati nel bar dell'Nh Hotel nel
cuore di Torino. Prima di iniziare l'intervista ha estratto dalle sue cose un
pendolo ed ha disegnato su carta una sequenza di misurazione che gli consentiva
di percepire la mia energia. Poi tra una cosa e l'altra ha finto di trascurare
questo aspetto ed è passato ad altro. Chianesi è un formatore oltre che
ricercatore contemporaneo che ha ideato il metodo Human Balance Equalizer riconosciuto a livello nazionale. Presente
anche nei registri speciali Aspin opera sul riallineamento dell'equilibrio
psico-emozionale servendosi di questa sofisticata tecnologia di cui tratteremo
a breve. "Tutto partì da un cliente sordo…"
mi rivela sin da subito"…mi occupavo di
progettazione acustica all'epoca e realizzavo sistemi di riproduzione sonora
per audiofili". Dopo qualche pausa continua, sorseggiando da un calice di
vino bianco:" …l'impianto di diffusione
sonora doveva funzionare attraverso le vibrazioni tattili: il cliente avrebbe
potuto così riconoscere il senso musicale dall'emissione di onde cogliendo così
la traduzione dei segnali sonori sul proprio corpo". Dopo alcuni salti
pindarici siamo giunti nel cuore della questione: il progetto denominato HBE (Human Balance Equalizer) secondo cui il
benessere della persona è strettamente legato alla frequenza interiore e questa
regola il corretto funzionamento dei processi psicofisici. In questa direzione
la gamma dei dispositivi progettata da Chianesi è ampia e molto strutturata: la
Legge di Risonanza è la chiave per
procedere in questa direzione, dal generatore di Schumann per ritrovare le
frequenze benefiche terrestri nell'intimità della nostra casa sino alla Sfera Emozionale Grounding prezioso
strumento di riconnessione e radicamento (utilizzata dagli operatori del
benessere appositamente formati) fino alla Chaise Longue emozionale ovvero una preziosa
poltrona concepita sulle proporzioni auree affinché il paziente possa
sperimentare il riallineamento dei propri centri energetici. Il lavoro di
Chianesi si basa sull'utilizzo di campi di frequenze, nello specifico quelle
vibro-tattili nate dall'integrazione tra stesura sonora e algoritmi matematici
frutto del decennale lavoro svolto con l'amico, compositore cinematografico maestro
Enrico Sabena che ne ha riconosciuto la validità strutturale partendo dal
presupposto che si tratti di una formulazione tradotta in un impulso mediante l'emissione
di un suono/frequenza atto a curare, livellare, equilibrare. Quello che Chianesi
specifica è che:"… tali dispositivi non
guariscano da patologie ma spingono al ritrovamento del proprio stato naturale
di equilibrio ed armonia con le cose perché noi siamo parte del Tutto ed il
Tutto è presente in noi nella sua forma attuale". Entrando più nello
specifico Chianesi descrive gli studi della Nasa negli anni '70 rivolti alle
onde Shumann per il benessere umano in previsione dell'inquinamento
elettromagnetico che avrebbe depauperato le nostre abitazioni dalla ricezione
delle frequenze di madre natura e schermature che creano barriere al giusto
flusso delle energie telluriche del pianeta: l'apparecchiatura in questione
riproduce la gamma armonica di tali
frequenze ristabilendo l'equilibrio energetico del soggetto che lo utilizza, la
relazione con se stesso e gli altri. In altre
parole il metodo HBE risintonizza l'organismo attraverso vibrazioni tattili che
servendosi di basse frequenze sonore inducono il corpo ad abbandonare le
tensioni: " Parliamo di Vibroacustica
quando ci spingiamo più in là della musica
udita attraverso orecchio ma di vibrazioni che percepiamo sul corpo grazie alla
risposta della rete muscolare della struttura ossea e dei vasi linfatici".
In questo modo interagisce la Sfera Emozionale la quale: "…mentre gli algoritmi matematici intervengono sui fusi neuromuscolari
attraverso le vibrazioni, i battiti binaurali sintonizzano gli emisferi
cerebrali nello stato delle onde Alpha". Parliamo così di musiche ideate
sul respiro universale che richiamano alla fase prenatale dell'esperienza della
vita. Aggiunge lo studioso: " La Sfera
infatti è composta al suo interno da due camere acustiche simmetriche come il
cervello umano. La realizzazione è un'opera lignea che attinge all'antico
sapere della più antica liuteria italiana abbinata ad un originale sistema di
traduzione dei segnali"
Ed ancora:" Sono sempre stato affascinato da una dichiarazione di uno dei più grandi geni dell'umanità, Nikola Tesla che sosteneva di quando l'umanità avrebbe compreso la relazione tra i numeri 3, 6 e 9 scoprendo così le chiavi che regolano l'Universo". Un importante testo ha supportato questa dichiarazione ovvero il celebre Hearling Codes for the Biological Apocalypse di Leonard Horowitz in cui vengono spiegati gli studi che hanno portato alla codifica delle frequenze del Solfeggio Armonico e dei benefici ottenuti dal loro ascolto. Oggi queste frequenze vengono sperimentate in numerosi centri di ricerca per correlarle con la biologia umana. Chianesi affascinato da questi sei toni ha concepito un ciclo di suite musicali originali contenenti queste informazioni terapeutiche ove le singole frequenze sono state traslate in note opportunamente introdotte nella stesura armonica e ritmica dei brani. Su questi effetti di natura terapeutica è d'accordo la dott.ssa Fiorella Gossetto medico foniatra, omeopata, agopuntrice la quale spesso associa nei trattamenti di ozonoterapia l'ascolto di frequenze in cuffia. La pratica è stata condotta su pazienti oncologici e soggetti con esiti da polmonite interstiziale; questa ha potenziato energeticamente e definito con maggior precisione l'intento terapeutico di ri-ossigenazione aumentando la compliance del paziente che risulta più rilassato e ricettivo. Una di queste frequenze è 528 Hz detta Frequenza del Miracolo probabilmente uno dei toni sinusoidali più sperimentati al mondo utilizzato in molti trial medici grazie alla presunta capacità di rigenerare l'elica del DNA. E dice: " In altre parole il corpo umano è dotato naturalmente di un trasmettitore e di un ricevitore di frequenze evoluto. E' come se dentro ognuno di noi esistessero delle antenne interne dette aminoacidi ed organizzati nel DNA di cui solo una ventina di antenne sono funzionanti di cui le altre quarantaquattro rimarrebbero perennemente spente. Grazie al principio di Risonanza e all'uso di specifiche frequenze possiamo muovere la risposta biologica corporea verso un riallineamento alla Natura". Accompagnare le persone a ritrovare le proprie frequenze interiori è un processo che aiuta il benessere psicofisico, la percezione degli avvenimenti attorno a noi così come migliora le interazioni con gli altri. Infine Chianesi spiega in maniera articolata il suo principio:" Credo fermamente nell'uso del suono per ampliare la nostra parte intuitiva e abbandonare gli schemi razionali che ci governano migliorando la risposta emotiva per superare i condizionamenti. Un conto è l'ascolto di un brano musicale inciso da un cantautore altra cosa è la fruizione di apposite suite contenenti frequenze di riprogrammazione. Nel secondo caso non è necessario un ascolto attento ma basta stanziare in un luogo dove queste vengano trasmesse adeguatamente per riceverne l'informazione benefica. Da questa idea sono nati dei contenitori cromatici che possono offrire tale esperienza, una vera e propria installazione". Da questo trattamento infatti sono stati elaborati dei contenitori cromatici: ovvero per sei brani di sequenze ne sono stati realizzati pittoricamente solo quattro di cui uno in particolare riprodotto in fondo in veri e propri Quadri Armonici come risultante di un'opera immersiva dettata dall'ascolto di Frequenze del Solfeggio Armonico. Poi se a questo vogliamo legare il piacere estetico del dipinto all'esperienza benefica dell'ascolto interviene a mo' di cornice l'installazione Sound Hearling che riproduce dal suo interno proprio i suoni terapeutici descritti dal Solfeggio Armonico mentre lo spettatore è immerso nella contemplazione cromo-terapica del quadro. In questo senso risulta semplice descrivere la relazione che esiste tra i suoni ed i colori. Ciò spinge l'ingegno umano a ricercare la perfetta simmetria e costruzione divina inclusa nella proporzione aurea: in altre parole stiamo trattando della costante di Fidia corrispondente al numero irrazionale 1,618 in cui vi era la correlazione tra macrocosmo e microcosmo, tra Dio e l'Uomo e che riportava al principio stesso di bellezza e di armonia. Leonardo da Vinci lo riprese nella struttura dell'Uomo Vitruviano sino a La geometria segreta dei pittori di Charles Bouleau in cui descrisse la sezione aurea come costrutto diffuso tra gli artisti prerinascimentali del calibro di Giotto, Cimabue e Duccio seguitando gli insegnamenti poi descritti in De Divina Proportione di Luca Pacioli.
Questi gli spunti essenziali tratti da un pomeriggio interessantissimo in compagnia di un ricercatore dedito al senso profondo della sua missione intellettuale e scientifica. Abbiamo aspettato il tramonto per mettere in pratica parte della sua conoscenza: riprendendo il pendolo con il quale aveva esordito ha misurato per la seconda volta la mia energia. Costatando come la avesse potenziata mi ha guardato negli occhi con una profondità ed una sensibilità fuori dal comune. Era riuscito a farmi star bene e questo lo entusiasmava.
Uscita n°14
L'INTERVISTA
GILDA FERRANTE
L'arte di amare il prossimo
Orchidea (2010) Acrilico su tela
Far beneficienza aiuta a star bene:
Child Rights e i bambini bisognosi
In un freddo pomeriggio autunnale sorseggiavo un caffè con Gilda in un bar di Piazza Solferino mentre prendevo appunti sul mio taccuino. Avevamo programmato un'intervista che poi ha preso tutt'altra piega: sono rimasto colpito dall'onestà intellettuale dell'Artista che mi ha confessato la sua perdita progressiva di fede non nella sua pittura ma nell'ARTE in generale. Ha dichiarato il senso di smarrimento innanzi alla spettacolarizzazione dell'arte mediante mostre, premi, giurie: " Questi signori..." diceva amaramente:"... richiedono solo denari mercificando quanto resti di più nobile sulla Terra! L'arte non ha prezzo ed ora costa solamente". Parlava con il cuore ed io annuivo. La Gilda dichiara apertamente la sua disillusione dal mercato che ha comprato tutto ed in questo SHOW mediatico le vittime sono proprio gli artisti costretti a vendersi accettando compromessi e svendendo il proprio lavoro in nome dei loro sogni che in ogni caso andranno perduti. Da qualche tempo la Gilda si è risvegliata seguendo insegnamenti che l' hanno portata oltre sino a rinascere spiritualmente: ha compreso che dare significhi più che ricevere; amare è un donare incondizionato e l'essere altruisti apre il cuore ad universi sconfinati. Un percorso il suo che è andato oltre il significato ultimo delle esperienze precedenti tornando così ad Essere.
L'artista piemontese Gilda Ferrante dopo una lunga ricerca artistica ha deciso di cambiar pelle e stravolgere le certezze a cui era ancorata tentando la via della beneficenza OFFRENDO aiuto a chi necessita: mette in vendita una decina di pezzi il cui ricavato andrà ai bambini senza niente! come?
CHILD RIGHTS è l'organizzazione internazionale non governativa con sede in Spagna (Valencia) che si occupa di offrire un futuro ai bambini indiani donando cibo, cure mediche, educazione gestendo orfanotrofi in India con l'ONGI-INDIA di cui due sedi si trovano in Jaipur ed una terza in Khajurako. Chi fosse interessato ad acquistare una sua opera saprebbe che il ricavato andrebbe in soccorso a queste persone bisognose e di conseguenza non ci sarebbe guadagno materiale per l'artista. Per maggiori informazioni sul tipo di organizzazione c'è il sito https://childsrights.es/en/
Girasoli (2010) Tecnica mista su gesso e tela
Viola (2010). Tecnica mista su tela e gesso
Ed è così che entriamo più da vicino alla sua esperienza di vita oltre che artistica. Prima era ipnotizzata dalla realtà mediatica credendo nel valore superficiale delle cose: ha fatto mostre partecipando a collettive e personali, a premiazioni e concorsi artistici di ordine pubblico. Sappiamo di lei infatti che sin dall'età di sei anni ha amato disegnare sino poi a intraprendere studi specifici: ha fatto il primo Liceo Artistico di Torino sino poi a corsi di pittura con il Maestro Luigi Pagliari giungendo così al magistero dell'Università di Torino. Il senso di sperimantazione l'ha ulteriormente avvicinata al mondo del Teatro pensando ad un corso di scenotecnica per il Teatro Nuovo di Torino. Poi dal 1992 espone pensando al MC Expo Montecarlo alla Galleria d'arte Studio Logos di Roma ed ancora alla Galleria Bonan Studio Arte 2 di Venezia fino al XXI Premio Firenze a Palazzo Vecchio od a Expo Internazionale "Italia Arte" di Villa Gualino a Torino sino al progetto da me realizzato nel 2011 in collaborazione del Salotto dell'Arte intitolato MILLENIUM presso il Museo delle Scienze Naturali del Piemonte nel 2011. Così dopo un perido considerevole di riflessioni o crisi intellettuali è arrivata la Pandemia che ha dato il colpo di grazia portandola dal distacco totale da questa realtà superficiale.
Personalmente era lì che avevo conosciuto l'artista. Ma in questa seconda vita la Gilda è cambiata profondamente: le angosce per la realtà di riferimento fanno parte della donna consapevole ancor prima che dell'artista eclettica capace di lavorare con la cera, con il gesso, la sabbia, l'argilla manipolando, assemblando, sperimentando in qualsivolgia tecnica i diversi materiali con i quali si trova a confrontarsi. La Gilda di oggi è una persona completa: è obiettiva, distante dalle bassezze della materia. La trovo purificata, svuotata, consapevole. Mi fa comprendere di aver venduto tantissimi lavori nel suo percorso artistico e di voler cedere questa rosa di dieci lavori pittorici donando il ricavato a questa organizzazione internazionale atta ad aiutare i bambini bisognosi. La sensazione è che questi lavori pittorici facciano parte di un percorso di vita trapassato con il quale l'artista convive ma dal quale voglia allontanarsi per risorgere defintivamente. A parte le impressioni superficiali resto colpito dalla profondità del suo Essere rendendomi conto dell'unicità della sua personalità e dell'amore che ha verso il prossimo. Sono pochi gli artisti capaci di privarsi delle proprie opere per aiutare gli altri.
Uscita n°13
Dalla strada ai musei
SUBCULTUR
Il termine subcultura deriva dall'analisi socio-antropologica e indica gruppi di persone che si differenziano dalla cultura ufficiale accomunando gruppi di persone per età, etnie, classi sociali, orientamenti religiosi, politici così come dal modo di vestire e di parlare. In questo senso possiamo anche distinguere forme di arte alternativa distinta da quella ufficiale come quella primitiva, delle bombolette spray diffusa nelle periferie ed ai margini della civiltà: la Street art tende a diffondersi nelle periferie cittadine come ad esempio nei quartieri bassi di Napoli. Pensiamo a Scampia a Napoli in cui persino l'arte di strada è caduta sotto il mirino del mercato consentendo a mostri sacri di quell'ambiente come Blu e Jorit di rilanciare quartieri che altrimenti sarebbero sprofondati nel degrado. Jorit infatti crea un omaggio a figure come Pierpaolo Pasolini il quale aveva già compreso in vita l'importanza di questi luoghi al di là delle apparenze. Non solo Pasolini ma anche Maradona e volti riconoscibili dalle linee Moai di guerra che indicano la forza ruggente di coloro che sono immortalati sugli edifici di un mondo perduto, laterale, dimenticato dalle istituzioni. Non solo Napoli ma anche in Calabria si sono alternati per il Diamante Murales 40 artisti del calibro di Kraser, SteReal, Tony Gallo e lo stesso Jorit con la citazione ai profughi africani che riempiono i nostri mari.T emi scottanti, realtà lontane e che fanno parte di un trend alternativo ma attrattivo da parte degli studiosi più attenti allo sviluppo delle nuove tendenze. Il progetto Giulìa urbana ideato dal collettivo RUBLANUM (Rogliano, Parenti, Mangone, Cellera, Pediviglianio, Scigliano, Rose, Santa Sofia d'Epiro, Belsito, San Giorgio Albanese e Nocera Terinese) nelle aree tarantine in cui si alterna anche il progetto itinerante T.R.U.St. Insomma sono molteplici le sfaccettature e le volontà di dare rilievo a ciò che sembrava fosse dimenticato. Molti artisti che sono partiti da questo mondo ora sono stati avviati alle grandi collezioni di tutto il mondo. Una realtà alternativa che rischia di diventare il ricettacolo della delinquenza, della malavita e della depravazione: l'arte ha lo scopo ricreativo di rilanciare, di osservare e studiare le nuove tendenze che fermentano laggiù dove nulla è possibile e dove la spontaneità diviene l'unico modo per sopravvivere.
Uscita n°12
PAGINA 8
Le Porte della
PercezionePAGINA 9
Quando si parla di artista maledetto viene subito in mente l'estro del genio ribelle William Blake vissuto tra il 1757 ed il 1827 in una Londra che non considerò appieno il valore della sua opera. Effettivamente l'intera sua produzione artistica fu vista con indifferenza sino ad essere del tutto sottovalutata sia per quanto riguarda la dimensione poetica racchiusa in una sfera mistico - profetica che quella più strettamente pittorica: addirittura molti sostennero che fosse impazzito e che le sue idee stravaganti o bizzarre provenissero da un disturbo mentale. In realtà lui utilizzò la poesia e la pittura come un unicum espressivo attraverso il quale canalizzare mentalmente e dal punto di vista prettamente visivo le presenze che lo circondavano: mirava ad una forma di ipnosi mediante la quale spingere l'osservatore a varcare le barriere iniziatiche per una dimensione nella quale fosse del tutto inesperto e privo di qualsiasi fondamento. Pensiamo che lavorò alla produzione del Libro di Giobbe della Bibbia tentando di interpretare in chiave alchemica gli stessi Profeti dell'Antico Testamento e spingendo la Mistica a traguardi esplicativi mai raggiunti prima da altri pensatori e studiosi. In qualità di artistica l'alchimista utilizzava il simbolismo come chiave di lettura per leggere codici espressivi validi per pochi e questo gli dette il colpo di grazia rendendolo criptico, misterioso ed occulto nell'epoca Romantica in cui visse relazionata ad altri codici uniformati al sistema dominante. Era infatti convinto che l'umanità attraverso l'immaginazione potesse evolversi ed in questo modo varcare le Porte della Percezione destinata ad anime elette.
La sua era una famiglia borghese ed in qualità di essere il terzo di sette fratelli fu educato in casa dalla madre essendo il padre un mercante: appartenevano alla Chiesa Morava e questo permise alla Bibbia di entrare presto nella sua formazione.
Era l'epoca in cui si dilettava a copiare le incisioni e disegnava riproduzioni di Michelangelo, Raffaello, Durer: divenne assistente dell'incisore James Basire che lo fece andar e a riprodurre i particolari delle chiese gotiche. Da qui il fervore artistico lo condusse ad iscriversi alla Royal Academy ove si ribellò al formalismo di Rubens tanto elogiato dal caposcuola Joshua Reynolds. Eppure dopo una serie di relazioni sposò Catherine Boucher sino al momento in cui George Cumberland, uno dei fondatori della National Gallery approvò la qualità dei suoi lavori. Era l'epoca della rivoluzione francese e di quella americana a cui Blake riponeva fiducia per i principi di libertà ed uguaglianza.
Sappiamo che a trentuno anni iniziò a lavorare sull'incisione a rilievo il cui metodo fu successivamente utile per le profezie e per la realizzazione delle tavole sulla Bibbia.
Ciò che adorava compiere era il viaggio di poesie illustrate secondo cui valutava la forza che avevano certe immagini se accompagnate da un testo poetico: in questo modo la mistica nascosta dai disegni poteva indurre il lettore a cercare con gli occhi ed in questo a varcare i limiti della propria ignoranza.
Sappiamo che aderì alla Società Swederborghiana e questo gli dette la facoltà di introdurre nella vita di coppia anche una concubina: fase in cui scrisse il poema Milton sino poi a scrivere ed illustrare Jerusalem. Volle creare ritratti per I racconti di Canterbuty di Chaucer sino poi ad essere raggirato da Robert Cromek nell'affare.
Conobbe George Cumberland che presentandolo a John Linnell si riunnì ad
artisti di cui faceva parte l'eccentrico Samuel Palmer nel gruppo degli Shoreham Ancient: costoro erano critici
verso le mode del tempo desiderando una nuova Spiritualità e questo gli dette
la forza per credere ulteriormente nella forza della natura.
PAGINA 10
Questa scelta lo spinse ad integrare la propria spiritualità ad una sottoforma di protesta politico-ideologica: era avverso alla politica e pronunciò frasi contro la corona e questo gli costò un'accusa molto grave che poi gli fu fortunatamente scagionata.
Era oppresso dall'idea di non possedere effettivamente il diritto alla libertà politica sino poi a spingersi contro i dettami della Chiesa quale manifestazione di una politica terrena in nome di Cristo.
Altro interesse di Blake fu Dante Alighieri sino all'illustrazione della Divina Commedia: a partire dal 1824 John Linnell gli propose la realizzazione di una serie di incisioni sull'Inferno. Ma la cosa che stupisce è la magniloquenza di un progetto ambizioso che attraverso il disegno riconsiderasse criticamente la significazione profonda dei Testi Sacri (partendo ad esempio ne Il Paradiso perduto nell'immagine di un satana quale protagonista effettivo della cacciata dal Paradiso). Nonostante fosse perplesso per l'ammirazione che Dante riservava alla perfezione della classicità greca condivideva con il sommo poeta l'avversione contro il materialismo e dedicò tutto a questo lavoro definitivi prima che la morte lo cogliesse improvvisamente nel 1827.
Sappiamo infatti che sino all'ultimo giorno di vita egli lavorasse perpetuamente a queste illustrazioni. Chiese alla moglie di stare ferma e la ritrasse vicino al letto; poi posò gli strumenti di lavoro, cantò gli Inni e dopo aver promesso alla moglie il suo amore eterno morì accanto a lei.
Dopo la sua morte la moglie si trasferì nella casa dei Tatham per fare la governante convinta che lo spirito del marito le facesse visita regolarmente: fu proprio Frederick Tatham che considerando eretici gli scritti di Blake li bruciò in buona parte essendo un Irvingita.
Sin da giovane Blake sostenne di aver avuto visioni: si presentavano anime come quelle dei genitori od angeli che gli suggerivano di spalancare portali di rappresentazione sacra. Infatti potevano essere piacevoli manifestazioni del divino attraverso immagini bibliche sino a creature misteriose come gli Arcangeli che davano visione di un mondo parallelo.
Tutto ciò ci mette nella posizione di concepire questo artista visionario al limite di una sfera temporale: la sua capacità di dialogare con presenze di altri mondi lo elevano a mistico di una cultura alternativa seguita da una sensibilità fuorviante. Tanto che i suoi contemporanei non lo capirono, anzi William Wordsworth scrisse:"... Non c'è dubbio che questo poveraccio fosse pazzo, ma c'è qualcosa nella sua pazzia che attira il mio interesse più dell'equilibrio di Lord Byron e Walter Scott"
Credo che non ci sia altro da aggiungere per comprendere l'emarginazione di un creatore instancabile, di un ricercatore della mistica e della poetica angelica. Queste parole definiscono il clima sprezzante ed ingrato nel quale visse il genio ribelle senza riscontrare alcuna forma di successo. Solo pregiudizio, superstizione e tanta indifferenza che lo isolarono ed alienarono definitivamente.
Uscita n°10
PAGINA 11
GIGER MUSEUM
Neo-Surrealismo : H. R. GIGER
Quando pensiamo a Giger vengono subito in mente le
scene horror del film di fantascienza ALIEN
di Ridley Scott nel 1979 anche se prima
aveva già collaborato ad Hollywood con Alejandro Jodorowsky per la
realizzazione di Dune un progetto che
non decollò mai. Sappiamo infatti che il romanzo di Frank Herbert doveva
accogliere diversi spunti come il trono wc di Duchamp, con le musiche dei Pink
Floyd sino alla partecipazione di Dalì nei panni dell'Imperatore. Eppure la sua
dedizione per il macabro, per i teschi o per i feti umani ci portano indietro
nel tempo a quando il padre farmacista gli diceva di stare lontano dai farmaci
nel suo laboratorio e di quando da grande decise di frequentare la scuola di
design industriale sino alle arti applicate proprio a Zurigo. Dipinse tantissimo tentando autonomamente di esporre in Svizzera
una serie di opere fondate sul precisionismo anatomico e la cura ossessiva di
dettagli: dall'olio alle chine ed inchiostri apprendiamo la cura e la maniacale
dedizione ai particolari.
Giunse nel tempo a creare forme nuove rasentando una nuova forma si neo-Surrealismo: le forme ibride da lui definite Biomeccanoidi trovano il consenso generale del pubblico. A metà strada tra forme organiche e robotizzate queste manifestazioni mostruose di tecno-civiltà stimolano il desiderio di andare decisamente oltre.
A questo punto della sua carriera decise di creare a New York un bar con arredi e designer personalizzati: anche in questo caso il progetto fallì e decise di aprirlo nella sua città natale.
A Coira utilizzò un progetto minore che divenne GIGER BAR e lo inaugurò nel 1992 ed è stato aperto in una zona commerciale che ha stimolato successivamente il desiderio di aprirne un secondo in Giappone di cui sappiamo che fu chiuso perché frequentato esclusivamente dalla malavita locale conosciuta col nome di Yakuza.
Sempre in questo periodo decise di lavorare al progetto ambizioso del GIGER MUSEUM che prese forma all'interno del castello medievale di St. Germain in un borgo svizzero di Gruyeres e fu inaugurato nel 1998.
In questa dinamica espressiva il riferimento al Surrealismo daliniano si ritrova in una serie di disegni in cui la mistica a fondo infernale guida lo spettatore in una serie di viaggi fantasmagorici verso le zone d'ombra del proprio inconscio.
Adorava William Blake così come l'alchimia di Hieronymus Bosch eppure prendeva spunto dalla lezione dei maestri Fiamminghi così come dal mistero estetico dei Preraffaelliti.
Desiderava in ogni modo mettere a nudo le angosce infernali che lo ossessionavano in cui da una parte doveva spiccare il macabro a metà strada tra l'orrido e la morte dall'altra invece la sensualità e il desiderio carnale.
Eros e Thanatos convivevano farmaceuticamente nelle ibridazioni meccaniche in cui qualcosa di nuovo, spaventoso ed originale doveva prendere il posto della tradizione.
La cupezza del suo stile attrasse artisti di tutto il mondo: pensiamo agli Emerson, Lake & Palmer che gli chiesero di elaborare un disegno per la copertina dell'album Brain Salad Surgery sino poi ad approdare a David Lynch.
Insomma un genio d'altri tempi approdato al cinema per vie trasverse e che avrebbe segnato un capitolo nella storia delle arti.
La vita, i misteri, il rapporto col satanismo e le leggende nate intorno al genio ribelle lo accompagnarono per il resto della sua vita sino quando nel 2014 all'età di settantaquattro anni si spense dopo una caduta improvvisa.
PAGINA 12
Fu a cavallo del 2008 che ebbi la possibilità di raggiungere in automobile la Svizzera partendo da Torino. Era a cavallo tra l'inverno e le prime luci di primavera quando giungemmo nella cittadina svizzera che sembrava avvolta da un'atmosfera medievale mentre all'interno del museo cambiava tutto: dalle scenografie cinematografiche al soffitto realizzato con ossa sembra di entrare in un mondo mortifero a metà strada tra fantascienza ed horror.
Una dimensione sospesa che l'artista volle riprodurre fedelmente per sottolineare la fama raggiunta dopo aver vinto l'Oscar per i migliori effetti speciali per il film Alien che lo rese famoso a livello mondiale.
Eppure non si montò mai la testa: come lo stesso regista Ridley Scott
ricorda quando lo incontrò per la prima volta in un parco soleggiato e lui era
pallido ed avvolto in un impermeabile quasi come se detestasse la luce e non
volesse farsi vedere dalle persone.
Il museo rispecchia questi aspetti cadaverici della sua personalità bizzarra: lì dentro si respira un'atmosfera trasgressiva attraversando incubi ad occhi aperti tra teschi, quadri, sculture ed ossa finte che creano una volta mortifera tra la vastità dello spazio e delle tombe egizie. Tornare alla realtà sarebbe risultato assai complesso dopo una simile esperienza perché lo slancio verso l'altrove era molto forte: ma il mondo lo guardammo con occhi diversi perché la stranezza di quelle camere, l'unicità di quei lavori in cui il maestro aveva creduto sembravano parlarci da una dimensione sospesa; era come se ovunque il suo sguardo magnetico ci perseguitasse. Durante le due ore di permanenza in questo luogo/non luogo un improvviso smarrimento si impossessò di me tramutando una visita in un viaggio introspettivo.
Usciti di là tornammo al medioevo realmente esistito e respirammo l'aria con piacere estremo.
Uscita n°9
Marco
Giovanni
Gianolio
La neo-narrazione del reale
L'utilizzo dei colori ad olio ed in particolar modo del bianco e dl nero su legno così come le imponenti tele monocromatiche determinano un po' la personalità dell'artista piemontese Marco Giovanni Gianolio il quale è perennemente alla ricerca di uno stile descrittivo atto a documentare l'epoca storica in cui vive in attesa di risposte e reazione della realtà di riferimento.
Dalla lunga conversazione telefonica abbiamo parlato della nostra società, del decadimento dei valori, della crisi etico-politica che sta assorbendo le nuove generazioni risucchiando noi veterani nati negli anni '70: ha ricordato la sua infanzia a partire dalla maestra che comprese la sua abilità nel disegno sino ai connotati introversi della sua personalità che lo hanno sempre fatto sentire diverso nel senso positivo del termine.
Personalmente avevamo già collaborato in passato poiché il rigore compositivo del suo stile a metà strada tra iperrealismo e precisionismo descrittivo lo muove verso la neo-narrazione della realtà.
L'intervista
Aspetti estetici dell'introversione pittorica
Neo-Narrazione nel senso che osserva attentamente ciò che lo circonda e lo elabora in termini di composizione sino poi a rigenerarlo analiticamente e destrutturarlo idealmente: la risultante è un'alterazione della realtà attraverso il proprio criticismo intellettuale che lo spinge più in là delle mode concettuali riportandolo al senso della pittura. Per lui infatti l'arte"...è rappresentazione del tempo, dell'epoca, come documento di denuncia sociale". Forse la pittura gli da la possibilità di abbattere le apparenze, la falsità e l'ipocrisia borghese:"...si tratta di una lotta individuale ancor prima che sociale poiché siamo diventati schiavi dell'ego". Da qui parte il suo viaggio personale attraverso le cose guidato dalla riflessione e dalla ricerca di materiali, di tecniche nuove e di perenne sperimentazione.
In una realtà storica in cui i vecchi valori come credenze perdute vengono meno ecco allora farsi largo il suo criticismo pittorico o meglio questa forma di neo-narrazione fondata sul disequilibrio degli schemi concreti ribaltati nell'esorcizzazione espressiva permeata sulle immagini in quanto tali: ecco il senso di Impotenza in cui le espressioni degli uomini più potenti del mondo raccontano lo scempio che sta avvenendo alle loro spalle segnando una pagina storica che mai sarà dimenticata. Il contraltare di questo elaborato lo troviamo invece in Visi in cui denuncia polemicamente la falsità dei colletti bianchi, dello sfruttamento riportando alla luce l'antico sapore della lotta di classe quando ancora si parlava di politica. Insomma in una realtà appiattita dai media e dal buonismo, tra mascherine, file umane ed iper-tecnologia ecco un artista intellettuale che scrive pittoricmente col pennello facendoci ricordare che il compito fondamentale dell'arte sia non solo quello di farsi contemplare dai fruitori ma di far condividere dagli stessi uno scorcio di realtà, di verità, di storia: il suo potere espressivo consiste proprio nel raccontarci storie che appartengono a noi viventi e che un giorno avranno un sapore antico.
Uscita n°8
Rapporto 2020 -2021
Effetti della trasformazione: il portale delle tenebre
Lo STATO dell'ARTE
Sino ai primi del mese di gennaio del 2022 l'opera di Auguste Rodin concessa dal Musée Rodin di Parigi all'Italia è un modello di fusione in gesso su scala 1:1 per il Quirinale. L'artista la concepì ispirandosi proprio al genio dantesco ed in concomitanza ai settecento anni che celebrano la morte del Sommo Poeta è stato un traguardo richiedere alla Francia l'opera che decanta i gironi infernali della Divina Commedia. Non solo però: oltre alla porta dell'Inferno presso le Scuderie del Quirinale sono state esposte anche altre opere provenienti da tutta Europa pensando a Cezanne, a Manet, a Goya così come a Delacroix o Beato Angelico. Non potevano mancare geni del calibro di Bruegel o Bosch per non parlare di Botticelli.
Eppure Rodin che per oltre un quarantennio lavorò circa centoquarant'anni fa al mastodontico progetto non avrebbe mi pensato di giungere a Roma.
Eppure nel simbolismo esoterico di quest'epoca turbolenta non è un caso che giunga proprio a Roma, capitale europea e globalista del Big Project in cui gli occhi delle nazioni di tutto il mondo stanno osservando il divenire di un Paese occidentale innanzi al maxi-esperimento tecno-scientifico: nell'arco di due anni infatti è variato considerevolmente lo stile di vita e le abitudini che contraddistinguevano la nostra nazione come luogo per eccellenza della libertà e del benessere. Le cose sono precipitate di mano: interi reparti sociali sono stati cancellati, filiere di lavoratori hanno perso il lavoro e molte attività considerate inadatte hanno dovuto abbassare la serranda perdendo il diritto al lavoro. Gente con la mascherina, sui cellulari e costretta ad interminabili file mentre la propaganda incessante spingeva ai vaccini, al green pass alla discriminazione verso le minoranze ed alla libera scelta. Non è questa sede per affrontare simili argomentazioni eppure il mondo dell'arte è stato completamente assorbito dal cambiamento repentino dell'economia sociale.
La vita alla quale eravamo abituati è caduta
nell'oblio: un inferno continuo in cui vediamo fette sociali in contrasto ad altre,
odio gratuito, il giudizio degli uni contro gli altri; insomma siamo realmente
precipitati in questa dimensione infernale dalla quale sembra impossibile
venirne fuori: gli stati di emergenza si prolungheranno all'infinito, le forme
di riadattamento virale mediante varianti si protrarranno perpetuamente e
l'agognata libertà non tornerà più. Coloro che credono che si tratti di un
periodo di transizione si sbagliano di gran lunga. Questo è solo il principio
di un golpe globale che cambia l'era dell'uomo in quella digitale che
controllerà ogni piccolo impulso di iniziativa individuale. Il Demonio sembra
avere la meglio e sulla Terra la luce della speranza sembra estinta del tutto:
mai come adesso il portale degli Inferi sembra essere al posto giusto! Mai come
ora non si poteva valutare l'idea di celebrare la vittoria delle Tenebre in
Terra.
Come ha inciso tutto questo nel mondo delle arti? Secondo il rapporto di Parigi pubblicato l'8 ottobre 2021 dal Presidente di Artmarcket Thierry Ehrmann"...le strategie di vendita che offrono una grande quantità di opere a prezzi relativamente convenienti e l'aumento della domanda da parte di collezionisti multigenerazionali hanno consentito al comparto dell'arte di resistere...": considerando in questo ragionamento le aste soprattutto la tecnologia mediante gli NFT e dai prezzi elevati di giovani artisti spinti ulteriormente verso il mercato asiatico che si è fatto largo in questa dimensione pioneristica. Se a questo includiamo i presupposti di digitalizzazione comprendiamo la fine di ogni singolarità e la creazione di spazi virtuali.
La Cina infatti è diventata la protagonista indiscussa di questo nuovo mercato incidendo sul 40% del fatturato globale a cui seguono gli Stati Uniti ed il Regno Unito. Per chiudere il cerchio da Monet a Warhol da Basquiat a Picasso è sicuramente Banksy a spiccare nel mercato dell'arte anche se l'americana Avery Singer ha venduto un'opera a quattro milioni di dollari. Tutto questo è stato determinato dal potere della digitalizzazione, della sostenibilità e dalle strategie messe in campo dalle più prestigiose case d'aste come Sotheby's, Christie's o Phillips che hanno saputo rilanciare l'opera d'arte come oggetto di mercato.
Tutto questo ha nutrito sicuramente il macro-mercato ferendo a morte i gli artisti emergenti senza le spalle coperte, le piccole gallerie d'arte e le piccole o medie imprese nel mondo dell'arte che non hanno avuto sostegni finanziari da parte di grossi finanziatori od aiuti da parte dello Stato che avrebbe potuto intervenire salvando un universo in via di estinzione. A questo punto devo supporre che il disegno consistesse proprio in questo tentativo di boicottare le giovani imprese incapaci di resistere ad un sistema globale fondato su grossi interessi e profitti. Il Dio denaro ha avuto la meglio e le porte del male si sono spalancate verso i poteri forti, gli eletti, i favoriti dall'alta finanza disperdendo le maestranze od interi reparti sociali abbandonati a loro stessi.
Le tenebre insomma sono scese in Terra. Non è un caso che proprio in Piemonte dal 24 settembre al 3 ottobre dell'anno appena trascorso proprio presso la Sacra di San Michele in Val Susa Franco Borrelli un fotografo abbia realizzato un allestimento luminoso proiettando verso il cielo la luce come di una spada angelica contro le tenebre nel senso di una guerra cosmica tra le forze del bene e del male.
Sappiamo infatti che proprio in quel luogo mistico della via francigena lo scontro tra queste forze è avvenuto nella notte dei tempi e che il Lucifero sarebbe stato vinto da MiKaEl e seppellito al di sotto del luogo sacro edificato per celarne il potere devastante. Qualcosa è scattato in questo periodo di non ritorno.
I portali infernali esautorano energie ancestrali che ingannano le masse assuefatte dall'addomesticamento perpetuo e dal desiderio di far prevalere la legge dei pochi sulle masse allo sbaraglio.
Anche se in questo momento sembra non venirne fuori non scoraggiamoci, tutto può mutare!
Eppure esiste già da cinquecentosettant'anni a Firenze La Porta del Paradiso sul lato orientale del Battistero. Realizzata d Lorenzo Ghiberti e da suo figlio Vittore tra il 1425 ed il 1452 fu denominata così da Michelangelo Buonarroti oltre che dal Vasari stesso il quale scrisse:"...la più bella opera che si sia vista mai fra gli antichi e moderni..." ed aggiunse che in essa fosse espressa:"...leggiadria e grazia". Sappiamo inoltre del concorso delle formelle per il portale nord fu stabilito da una giuria di trentaquattro giudici a cui parteciparono Brunelleschi e Ghiberti e che spalancarono a quest'ultimo le porte per la realizzazione del capolavoro.
Il sacrificio di Isacco fu la tematica: mentre Brunelleschi spinse la rappresentazione su due piani orizzontali sino ad un principio di piramidalità in cui l'angelo fermava il gesto di Abramo quella di Ghiberti avveniva verticalmente promuovendo una discorsività sul piano emotivo e scenografico.
Così Ghiberti si espresse nei Commentarii: "Universalmente mi fu conceduta la gloria sanza alcuna exceptione" anche se i giudici furono letteralmente indecisi sul verdetto finale.
In verità correva l'anno 1424 e Lorenzo Ghiberti aveva appena terminato la porta settentrionale del Battistero in modo che la Corporazione dei Mercanti lo incaricasse di realizzarne un'altra e per la quale impiegò ventisette anni mantenendo questa al suo posto d'onore.
Questo gioiello di bronzo dorato costituisce la forza complementare alla porta rodiniana che evoca l'apertura di un varco oscuro verso le forze del male: si spera che i simboli messi in campo da maestranze diverse nel tempo e nello spazio (le cui implicazioni superstiziose pur rimanendo perfettamente invariate nel corso dei secoli) non possano prevaricare proprio ora che l'equilibrio della forza è messo a dura prova.
Uscita n°7
Letizia Cucciarelli Migliorini
La Vibrazionista
E' con sommo piacere che Rinascenza Contemporanea II di Torino avrà l'onore di presentare dal 25 novembre al 22 dicembre 2021 Letizia Cucciarelli Migliorini.
Ultima mostra dell'anno 2021, ultimo evento di Rinascenza Contemporanea II nella speranza di non sacrificare definitivamente il mio personale operato dopo più di dieci anni di gestione del progetto RC: dapprima Rinascenza Contemporanea a Pescara dal 2012 al 2016 e da qui presso Torino l'attuale spazio espositivo che spinge il gruppo delle Trasmutatrici, ovvero delle quattro artiste precedenti che hanno esposto presso il ciclo delle Stagioni dell'Anima e Colei da me definita sacerdotessa Vibrazionista per la capacità di trasformare il senso puro delle emozioni della corrente Individualista così come la dimensione mnemonica della corrente Smaterialista di cui la nostra Letizia fa inavvertitamente parte.
Da qui il Mutazionismo dell'epoca Covid spinge le direttive della Rinascenza, ovvero dell'era della Natura dopo il Medioevo Romantico ed ancor prima dell'Arte Antica verso il cosiddetto ciclo Oscuro governato dalla tecnologia, dalla tecnocrazia, computer super-intelligenti e persone desocializzanti e globalizzate.
In questo contesto si inserisce l'artista mediante la potenza della sua energia evocativa quale ponte tra questo e quel mondo, tra la dimensione terrena e quella metafisica, tra il reale e l'irreale: dalle cromo-pitture alle sculture in cui il ciclo dei Papi/anti-Papi rievoca la forza templare di coloro che cercando attraverso la strada del Graal videro il divino negli occhi tornando al mondo purificati.
Queste sono le ragioni innate della sua arte sperimentale: mediante la posizione delle composizioni plastiche spinge lo spettatore alla ricerca metafisica di simboli archetipici che rinviano a verità ancestrali, mistiche, esoteriche. Sappiamo che la poetica della sua ispirazione origina dall'autoipnosi, dalla contemplazione, dalla concentrazione ultramondana mediante la quale assorbe le energie circostanti sino a dialogare con entità oramai obliate che la illuminano in un percorso unico ed originale. Ecco allora che da una visione ancestrale proiettata successivamente in ricerche storiche e magiche consolidando nel tempo una concezione chiara di fatti ed eventi che altrimenti sarebbero rimasti sepolti: simili rivelazioni prendono forma attraverso gli schizzi e disegni che divengono pittura. Il senso plastico di queste visionarie elucubrazioni connaturano la volontà in una forza innata che smuove la creta ed i materiali che spaziano tra le sue mani. Questo è lo stadio
della visione che sublima in quello della manifestazione.
Dopo la ricerca della nostra artista non si arresta ma si amplia: osservando i risultati raggiunti evoca nella memoria, scava nelle documentazioni millenarie e delinea nuovi percorsi, giungendo a nuove emozioni e stimoli per progetti successivi.
E' inarrestabile in questo processo trasformativo che passo dopo passo giungerà nella dimensione della contemplazione. Noi diveniamo attori di questo ultimo processo trasformativo senza limiti.
L'artista bolognese parla infatti di canali energetici aperti, di brezze sottili che la attraversano sin da quando era piccola infatti ammette di avere dapprima disegnato e poi scritto: dopo una carriera nel mondo dell'economia scopre un luogo magico in Toscana dove vive e si dedica alla ricerca artistica, spirituale, iniziatica. Alica è il luogo incantevole in cui si è trasferita dal 2003. Dimensioni che troveremo in questa mostra in cui la Vibrazione dei suoi Papi e l'energia di manufatti dotati di energia e vitalismo proprio.
Oltre questo non voglio svelare: ora che sono all'apice delle mie
esposizioni chiudo il ciclo di questi eventi significativi con la Vibrazionista
che spalanca i portali dimensionali.
JESSICA SPAGNOLO
Mostra d'Autunno
Sulle note di Antonio Vivaldi chiudiamo il ciclo delle STAGIONI dell'ANIMA. Questa volta tocca a Jessica Spagnolo, l'artista torinese che affronterà con noi la Mostra d'Autunno. La conobbi nel 2016 durante un suo vernissage e mi colpì la forza espressiva di questa giovane artista giunta ad un grado di maturità espressiva.
In lei percepivo forza, volontà e tanta fragilità: forme decise in contesti cromatici che esaltano le zone d'ombra mentre la luce diviene il negativo di una metafisica capovolta. Pienezza evocativa di soggetti e pose figlie del fotografismo ed istinto cromatico in cui l'artista trova il coraggio di esprimersi sinceramente senza i confini stabiliti dalla forma.
L'impressione che instaura in chi la vede parte proprio da questo contrasto: sembra che la forma rappresenti per lei il limite invalicabile da superare proprio per mezzo del colore che lotta contro la luce per essere nuovamente assorbito dall'ombra, dalla riflessione, dalla malinconia di un passato incombente. Sensazioni che ci riportano alla materia da cui lei voleva fuggire ed in cui è rimasta imbrigliata. Grazie a questo capovolgimento noi restiamo attratti proprio da ciò che voleva abbattere: dalla forma, dal soggetto e dalla realtà.
Precisione, osservazione e duro lavoro sono le caratteristiche di questa pittura fresca e cupa, di questo slancio verso la luce e la caduta nelle tenebre dell'anima. D'altronde il ciclo delle Stagioni dell'Anima si chiude proprio qui, in Autunno, quando cadono le foglie e la stagione secca della natura spinge la natura a morire lentamente per addormentarsi definitivamente al freddo inverno. L'umidità primaverile porterà nuovamente al caldo estivo e la vita terrestre ed universale continuerà imperterrita in tutte le cose: una consapevolezza materiale che spinge al ricordo, alla memoria, al vissuto. Il tempo e lo spazio. La Materia diventa Spirito.
L'intero percorso parte da qui e qui si chiude: ecco il senso vivaldiano dell'intero ciclo che voleva mettere in movimento l'anima umana prima che appassisse definitivamente sotto la morsa oscura di un tempo illimitato in cui l'universo si catapulterà in maniera incontrollata nei tempi che verranno e che sono già in atto..
Solo coloro che Guarderanno con l'anima Vedranno
veramente mentre gli altri saranno perduti. L'arte rappresenta questo anelito,
questa speranza, questa possibilità: la Spagnolo è l'artista che ci guida in
questa scelta perché con le sue tele ci aiuta a comprendere la lotta interiore
che ognuno di noi è tenuto a svolgere in questa forma, in questo mondo, in
questa dimensione che stiamo vivendo a prescindere da qualsivoglia
manifestazione casuale.
Uscita n°6
Intervista a
CLARA MARCHITELLI ROSA CLOT
Morgana e le Fate Sorelle (2010) Acrilico su tela (100x70)
Clara Marchitelli Rosa Clot è un 'artista complessa che ha visto cose, ha attraversato la storia dell'arte italiana ed è giunta ad un livello di consapevolezza che la elegge a pieno titolo a Maestra d'Arte contemporanea.
L'intervista e il dipinto al lato vengono dedicati a sua sorella morta da poco. La conobbi tempo fa quando lavoravo presso il Corriere dell'arte. Scrissi diverse recensioni sino poi ad organizzare diverse mostre personali in cui ebbi il piacere di conoscerla personalmente: compresi che era un essere diverso dagli altri. Carica di grinta, di vivacità ed esuberanza non smetteva mai di comunicare alle persone, di sentirle, di percepirle o di viverne la dimensione umana.
Quando le ho proposto recentemente di farsi intervistare telefonicamente ha accettato nonostante il malumore del distanziamento sociale, delle quarantene perpetue e dell'isolamento forzato. Ed in breve si è lasciata andare ad un flusso di idee, argomentazioni e slanci dialettici.
"Ho avuto maestri senza tempo..." e la voce si commuoveva:"... da Piero Ruggeri maestro informale proveniente dall'Accademia Albertina di Torino a Virgilio Fontan che insegnava ad utilizzare la spatola sino a Piero Martina esponente della Generazione di Mezzo al genio di Sergio Albano in cui ci si calava nel disegno puro."
L'elenco
dei maestri, delle esperienze personali e della vita vissuta è davvero
lunghissimo eppure la nostra artista ha la forza di una ventenne, di una mente
creativa perennemente all'avanguardia e dice:"...oramai tutti dipingono: senza scuola, senza esercizio, senza arte molti
divengono informali solo perché non sanno disegnare le figure dal vero! Deve
venire prima lo studio della forma poi la scomposizione e l'astrazione della
stessa; solo però quando davvero si conosce. Oggi manca cultura, mancano le persone
e l'arte ahimè ne paga le conseguenze".
Poi scende nei dettagli, spiega cose che sui libri non vengono descritte. "Ero una ragazza allora..." aggiunge mentre io dall'altra parte della cornetta prendo appunti:"...ed avevo la curiosità di imparare. Ho attraversato in punta di piedi le vie dell'arte facendo dapprima la modella e poi mettendomi a studiare con i maestri dall'arte di quel tempo sino a dipingere e ad esporre ufficialmente come loro..." e conclude sorridendo:"...l'arte mi ha dato vita, non mi ha mai scoraggiata anzi, mi ha dato la forza per diventare ciò che sono ora!".
E mi ha inviato l'immagine di questa opera Morgana e le Fate Sorelle (2010), un acrilico su tela che dedica ad una delle sue sorelle scomparsa da poco: vediamo al centro la sorella più grande Maria all'epoca Miss Rivoli 1948 mentre ai lati Grazia e Vittoria che piegano le braccia simmetricamente sino a creare l'immagine di ali aperte. Ancora la bambola che indica il regalo della sorella più grande, la rosa quale simbolo di resurrezione ed eternità in mano alla piccola Clara-Morgana sino al ranocchio che rinvia al fratello Ugo. Mentre il fratello Eugenio sacerdote e fisico matematico viene simbolizzato dal cielo informale.
Nel quadro viene descritto un frammento della sua esistenza fondendo la consapevolezza formale in cui tutte le figure rinviano ad un'entità specifica del suo vissuto con la potenza informale dello sfondo grazie alla quale comprendiamo che l'energia ideale della nostra artista sfocia perennemente nel simbolismo evocativo con l'obiettivo di decantare la propria poetica intrisa di emozioni, ricordi e sensazioni personali.
L'arte è vita e la vita è arte. Chiudo l'intervista con una frase con
cui la nostra artista ha esordito:" Ho
amato tantissimo e sono stata amata. Amare significa soffrire e dopo tante
esperienze, percorsi e scelte di vita ho finalmente raggiunto la pace dei sensi
e comprendo che sia giunto il momento di godere il frutto di tanti sforzi e
slanci verso l'esistenza".
Mostra d'Estate
AMBRETTA ROSSI
Sulle note di Antonio Vivaldi apriamo la Mostra d'Estate facente parte del ciclo intitolato Le Stagioni dell'Anima con la nostra Ambretta Rossi. La abbiamo conosciuta l'anno scorso nel ciclo precedente de Il Gruppo degli Otto quando la nostra realtà non era stata ancora turbata dall'immane pandemia. Torna adesso ad esporre con una collezione di opere che ha realizzato in questo periodo travagliato: non perde slancio il suo stile descrittivo in cui l'immediatezza formale ottenuta attraverso l'impulsività e l'improvvisazione tornano in superficie più che mai. Sembra quasi che l'Istintivismo di questa pittrice sia demarcato proprio dal desiderio di restituirci l'atmosfera della realtà che imprime sul supporto: ciò che coglie il suo interesse sono proprio gli istanti indeterminati, le dimensioni passeggere, quegli attimi insomma a cui la nostra concentrazione fissa momentaneamente senza rendersene conto.
La pittura diviene per lei lo strumento per eccellenza
per cogliere questi frammenti temporali, questi attimi sublimi di un tempo
fugace destinato a smarrirsi definitivamente. Agisce seguendo l'impulso dei
fotografi o di quei pittori impressionisti che desideravano cogliere l'attimo
mentre si consumava: a volte come lei stessa ammette scatta in giro qualche
fotografia per poi svilupparla in pittura oppure si ispira ad immagini viste
casualmente su riviste o giornali; eppure sono solo slanci compositivi: quello
che a lei importa veramente è ciò che vive, ciò che assorbe dal vero sino a
motivarla a prendere un foglio ed osservare. Il suo Istintivismo consiste
proprio nell'immediatezza del fare in cui le emozioni sono oramai trascorse e
resta ancora la memoria quale ponte ultra-dimensionale per sentire il vissuto,
l'atmosfera, il ricordo di quel dato momento. Il flash dimensionale quindi
rinvia a qualcosa di autentico soprattutto adesso che l'arte ha imboccato la
via della finzione e del mercato fine a sé stesso. La mostra d'Estate ci ridarà
il sapore delle piccole cose, dei momenti vissuti e dell'importanza di esserci.
Uscita n°5
L'artista ribelle
ANDREA Gruccia
Viso ritrovato su una Grotta interiore (2010) China, ossidi, colla e matita su carta
Parlare di un artista del calibro di Andrea Gruccia non è cosa facile. Autonomo, indipendente a volte strafottente è il classico intellettuale fuori dalla righe non tanto per eccentricità o sotto forma di ego smisurato: tutt'altro. Andrea Gruccia è un artista genuino capace di trasmettere attraverso la sua pittura quel senso di oppressione di una civiltà giunta al suo limite ed in crisi. Narra infatti la crisi di un'epoca, di un modo di vivere oramai tramontato e spinge più in là questa ricerca mediante la potenza della forma ottenuta attraverso il colore in cui questo smette di essere tale dialogando diegeticamente con la filosofia dell'opera stessa divenendo quindi espressione del sangue, dell'anima materiale; insomma di quell'humus o linfa vitale che scorre nelle cose e nel farlo le lascia morire, le lascia deteriorarsi sino al vuoto cosmico dell'esistenza. Il nucleo di questa sofferenza ha origine da qui. Il vuoto come riempimento della nullificazione portante: Andrea attraverso la sua pittura è un nullificatore?
Andrea Simone Appendino (questo il suo nome completo) ha un talento naturale: come ha dichiarato altrove"...pittura, fotografia, poesia, le mie passioni. Nella fotografia intervengo sui miei scatti digitali stampandoli in bianco e nero su diversi tipi di materiali modificandoli con varie tecniche..." a volte strappa le foto, le ricompone tendendo alla distorsione dell'immagine decontestualizzando il soggetto: "...ricerco nei soggetti e in me stesso ulteriori indagini psicologiche e introspettive. Passando dal digitale in un realtà fisica interagisco con la pittura così le immagini acquisiscono unicità, una pelle, cicatrici. Figure a volte sospese nel vuoto, avvolte da un senso di precarietà e inquietudine che dilaga nella realtà odierna"
La sua storia è complessa e ci aiuta a comprendere il senso della sua pittura: lascia presto gli studi a causa di un'irrequietezza che lo porta a ricercare, a ricercarsi mediante la pittura, la musica e le arti in generale. Ha convissuto con la depressione e conosce un altro artista Maurizio Ferrari con il quale condivide il senso della creazione e della dannazione dell'arte.
Lo psichiatra Paolo Berruti crede per primo nella loro arte: eppure tra ricadute e slanci creativi riesce Andrea a diplomarsi partecipando contemporaneamente a diverse mostre sino alla pubblicazione di racconti Capelvenere (2016) e a due romanzi Il Tatto delle cose sporche e nel 2019 La nuda anarchia dell'anima.
Leggendo tra la documentazione leggo alcune sue visioni:"...secondo me l'arte pittorica dopo Francis Bacon non è più nulla e nel nulla si deve evolvere. Penso che la distorsione che ha effettuato Francis Bacon abbia aperto le porte ai corpi, alle loro anime sofferenti ha fatto entrare luce nelle caverne affiancando le scoperte dell'inconscio. La pittura è perpetua crocifissione ed è stata crocefissa dalla madre arte quando le sue vesti sono state spartite tra critici e collezionisti e sbranata dal mercato.
Non c'è più nulla da rappresentare nella realtà tridimensionale, le false sperimentazioni di M. Cattelan o Damien Hirst sono state patetiche. L'uno ha crocefisso animali veri mettendo i tori in formalina, l'altro ha appeso un cavallo imbalsamato allungandogli le zampe e loro, si sono nascosti nella trincea dell'arte concettuale..."
Ed altrove ancora: "...cerco nell'arte una religione che torni a parlare con la voce di un'altra natura, non morta ma viva, l'arte dei fotoni, degli antifotoni. Dell'antimateria."
Ed infine gli ho chiesto di bombardare quanto più sui suoi punti fermi che costituiscono la sua visione personale. Lui così ha commentato:"...c'è un Amazon anche per l'arte contemporanea, l' individualismo: non vedo nessuna collaborazione tra artisti, cosa che è sempre stata fondamentale: non ci si taglia più un orecchio per un litigio..." e conclude:"...l'arte è un ectoplasma che gli artisti cercano di accaparrarsi per avere più visibilità. Siamo nella stasi di un passaggio, una quarta dimensione che è virtuale ma meccanizzata, non interiore..." e dialogando per messaggi infine aggiunge: ":..forse è l'insegnamento dell'arte sbagliato alla base: van Gogh andrebbe studiato partendo dalle lettere al fratello, dalla perizia con la quale cercava gli accostamenti di colori.
Amo gli autodidatti. In tutti questi anni l'arte non è stata in grado di concepire il concetto stesso di bellezza: la bellezza è un male che distoglie la creatività. Siamo ancora ai tempi in cui Carol Rama disegnava donne che cagavano mentre il popolo e gli addetti ai lavori ridevano. E' ancora rischioso essere liberi nell'arte. Certi argomenti sono ancora tabù ed i grandi hanno pagato l'ignoranza dei pochi...".
Nella sua creazione
vivono queste parole, trasudano espressioni ribelli di una mente fertile,
esplosiva, unica: Andrea Gruccia è l'artista filosofo che soffre l'isolamento
creativo da un'epoca ancora troppo giovane per comprenderlo.
I percorsi dell'anima (2016) tempera grassa e olio su tavola
Mostra di Primavera
Maria Carmen Salis
Parlando di Maria Carmen Salis entriamo nella seconda mostra del ciclo Le Stagioni dell'anima in cui l'artista sarda rievoca la mostra di Primavera (12 marzo 2021 - 12 maggio 2021). L'artista nata ad Angera (VA) nel 1967 lavora e vive in Sardegna ed esattamente a Chia: parlando con la pittrice fu la madre a trasmetterle questa passione donandole una tavolozza all'età di tredici anni e da allora non ha mai abbandonato l'arte. Dopo aver frequesntato il Liceo Artistico ha fatto un corso triennale di restauro è entrata a contatto con altri maestri e tecniche antiche come la tempera all'uovo che utilizzerà sempre: laureatasi in Pittura presso l'Accademia delle Belle Arti di Carrara approfondirà il suo percorso con maestri del calibro di Umberto Buscioni e Omar Galliani per divenire conseguentemente lei stessa Docente delle Discipline Pittoriche. Questo l'iter che ha spinto la sua creatività ad esporre in collettive e personali.
Ora la ospitiamo presso Rinascenza Contemporanea II di Torino con una mostra stagionale che avrà come modello la Primavera vivaldiana. Dopo l'inverno evocato da Anna Actis Caporale ora è tempo di risorgere con la pittura che verte al calore di una metafisica onirica oramai protesa ad obliare l'Onirismo precedente del Gruppo degli Otto spingendo il senso emotivo sempre di più in quello mnemonico in cui il ricordo, la sensazione e l'atmosfera di quel dato evento oramai scardinano la mente dalla realtà per restituirla ad una sfera idealizzante.
Anche lei Trasmutatrice oramai proietta l'onirismo
precedente nell'istintivismo puro
grazie al quale nonostante il tormento di un'epoca come la nostra strutturata
sulla malattia e sul dolore si spinge oltre consentendo all'osservatore di
rivivere momenti lontani che fanno parte dell'esperienza personale. Siamo nel
pieno dello Smaterialismo e nella
fase media della Rinascenza in cui il Covid
trasforma le nostre abitudini.
Uscita n°4
L'intervista
Giusy Mellà:Verso la libertà.
L'arte salva la vita (2017)
Partiamo dal titolo del suo testo autobiografico " Verso la libertà. L'arte salva la vita" da cui l'artista mediterranea trapiantata oramai da tempo nel contesto piemontese ci descrive il suo senso esistenziale: ci confida infatti che sin dall'età di dodici anni ha sentito la vocazione per l'arte che l'ha spinta a frequentare successivamente l'Accademia delle Belle Arti. Ma la caratteristica è che la sua profondità d'animo proiettandola nelle regioni inesplorate dell'inconscio dove ha trovato lo spirito. Laggiù ha visto cose a noi ignote.
E' stata infatti ispirata da forze energetiche stravolgenti verso la consapevolezza dell'essere sapendo di operare nel bene verso la luce ed il successo. Così è andata. La meditazione è il fulcro della sua ricerca interiore in cui comprende il valore del distacco, del silenzio e della contemplazione. Caratteri che fanno sicuramente parte della sua pittura fatta di gesto, di colore condensato in slanci gestuali molto significativi. A volte è come se qualcuno la prendesse per mano e le indicasse il percorso da svolgere: sovrasta in lei un animismo che la proietta in forma benefica nel modo stesso di affrontare la vita.
C'è in lei un senso di bellezza e rispetto, di serenità e profondità capaci di dilatare il tempo stravolgendolo nel suo divenire sino a svuotarlo delle certezze precedenti. In questa luce mi ha descritto le sue esperienze professionali ricordando una mostra organizzata all'Hotel Carlton di Cannes realizzata anni fa dal ritorno dai Caraibi e dell'incontro con un noto chef di Zurigo che la invitò a sue spese ad esporre nella rinomata città svizzera: "Voleva questi quadri..." dice l'artista dall'altra parte della cornetta: "...li aveva amati dalla prima volta che li vide e desiderava portarli nel suo contesto e venderli. Cosa che fece annunciandomi che avrei stravolto ulteriormente con la mia pittura!"
In tutti questi anni la Mellà ha dato tantissimo con collezioni rivoluzionarie pensando a quella intitolata Cielo fino a lavori di ricerca profonda come Terra passando anche per vie controverse come Nero in trasformazione, Punto d'incontro ed altre ancora. In tutti questi lavori creativi si percepisce il suo stato meditativo grazie al quale è capace oramai di raggiungere il vuoto mentale ed aprirsi ad ascoltare cosa assai ardua per un'epoca materiale come questa. Le sue opere credo hanno proprio questa facoltà intermedia, al limite del subliminale in cui incuriosiscono l'osservatore per poi imbrigliarlo in tutta una catena di percezioni dilatate che hanno l'obiettivo di scuoterlo con dolcezza e di risvegliarlo dal sonno della ragione in cui è sprofondato.
Ha conosciuto il prof. Sgarbi che subito è entrato in sintonia con lei sino a portarla in relazione ad un altro intellettuale poi scomparso del calibro di Maurizio Sciaccaluga.
Il suo è un temperamento forte, deciso, positivo: caratteristiche che hanno determinato il suo essere da quando era piccola. "Nessuno può modificare l'eterno presente" mi dice con voce ferma a telefono mentre la intervisto per l'articolo. Siamo in zona rossa, chiusi nelle nostre rispettive case nella seconda settimana di novembre mentre il mondo è sconvolto dalla Pandemia. Eppure lei non si scoraggia esprimendomi il suo disappunto per un'epoca travagliata come la nostra in cui i pochi hanno la meglio sulle masse e la cattiva amministrazione sta abbattendo definitivamente ciò che restava del nostro amato Paese. Ma alla fine, prima di chiudere la conversazione trova il coraggio di ripetermi: " Dobbiamo solo tenere a mente che abbiamo un percorso da svolgere..." e con voce sorridente conclude: "...e che alla fine la luce vince sulle tenebre"
LOOK OVER
LOOK OVER
Anna Actis Caporale
Mostra d'Inverno
11 gennaio - 11 marzo 2021
l ciclo delle quattro Trasmutatrici viene aperto dalla figura di Anna Actis Caporale pittrice e fotografa piemontese oramai dedita all'arte da diverso tempo: da una parte il padre Aldo noto artista canavese Sergio suo fratello sperimentatore hanno inciso in lei un desiderio di ricerca che fino a qualche tempo fa esorcizzava attraverso il viaggio. Poi d'un tratto le cose sono cambiate: a causa di un incidente domestico dovuto alla puntura di una rosa si sono accavallate delle complicazioni di salute che hanno via via radicalizzato la vita dell'artista.
Ma lei non si è scoraggiata, anzi: il fatto di non poter più viaggiare fisicamente ha definito in lei quel coraggio tipico degli esploratori indomiti spingendola a tirar fuori proprio quelle fotografie che faceva nel corso dei suoi innumerevoli viaggi per il mondo e li ha così convertiti in pittura. La mostra d'Inverno armonizzata dalle note di Vivaldi racconta proprio di questo viaggio oltre i confini delle nazioni dall'Asia alle Americhe sino all'Africa portando con sé colori, le atmosfere e le dimensioni di mondi assolutamente lontani ed affascinanti. Soggiace un senso di contemplazione atto a ridefinire quanto è stato trasmesso dall'artista mediante uno spontaneismo tattile in cui i colori sembrano amalgamarsi sino a perdere il senso della profondità, del volume o della tridimensionalità: questo smascheramento della forma la mette a nudo restituendoci l'essenza stessa delle cose. In questo modo la descrizione del contingente diviene più efficace spingendo l'osservatore a soffermarsi sui dettagli al limite del vero per la forza evocativa dei colori capaci addirittura di cogliere i suoni, i moti e le voci delle figure che popolano i suoi quadri. Un viaggio nel viaggio dunque ottenuto attraverso il sapiente uso della tecnica messa a disposizione di uno stile maturato nel tempo: la pittrice traduce così i modelli pittorici del precedente Gruppo degli OTTO che fondavano il loro ragionamento sull'Onirismo espressivo ossia sull'elaborazione concettuale a metà strada tra la realtà ed fantastico per approdare all'Istintivismo puro. In questo flusso la creazione tende alla Smaterializzazione assoluta varcando confini che non danno più spazio alla materia per quanto questa rappresenti solo lo stadio iniziale.
Uscita n° 3
APOCALISSE.2020
1.TrasMutazione:Globale
Ciò che ho da dire lo dico proprio nel giorno in cui Cristo entrò trionfante a Gerusalemme in groppa ad un asinello simboleggiando la resurrezione oltre la morte. Sia l'esempio e la guida della nostra vittoria mediante la quale sconfiggeremo il male e torneremo ad essere liberi!
Ed alla fine ce l'ho fatta. Sono arrivato di nuovo e
per la prima volta a questo giorno, al mio quarantacinquesimo compleanno.
Quest'anno giunge proprio alla fine del periodo quaresimale della Pasqua e nel
bel mezzo di questa quarantena che ha messo a dura prova tutti gli esseri umani
viventi. A questo aggiungo l'esperienza da me vissuta circa due mesi fa quando
ho dovuto affrontare la mia battaglia personale contro un tumore che grazie a
Dio e ad un capacissimo staff medico ho
sconfitto! Tutto ciò mi mette spiritualmente nella posizione di essere
positivo! Concordo sul fatto che possiamo farcela ma il sacrificio è enorme:
non finirà assolutamente in breve tempo e dovremo abituarci a convivere con
un virus che muta e che si adatta.. E noi dovremo adattarci a lui cambiando
radicalmente il nostro modo di vivere. Difficilmente tornerà come prima. È in
corso una selezione naturale in cui alcuni si adatteranno altri no e dove i
sistemi tecnologici avranno la meglio entrando a gamba tesa nelle nostre
vite.
A.D.T.1975. 55° giorno della mia Quarantena
DISCORSO SULL'ARTE
APOCALISSE.2020
5.TrasMutazione Globale
La fiera delle vanità
Tecnici,
specialisti ed esperti di tutto il mondo gridano dalle loro cattedre teorie
infondate che svelano i limiti della propria conoscenza
eppure non riescono a comprendere il virus sotteso, invisibile, mellifluo che
si aggira tra noi seminando morte. Teorie di ogni tipo si innalzano nella
fiera delle vanità: ne viene fuori una carnevaleide di dati partendo da
fantomatici laboratori, alla natura ribelle, a
multinazionali o ad magnati corrotti disposti a vendere le proprie madri per
un pugno di dollari sino al famigerato 5G, controllo sociale e non può
mancare il celebre 1984 di Orwell etc. Siamo alla frutta. Il disagio sociale
è al limite. Tutti chiusi da settimane nelle abitazioni - prigioni, in fila
ai supermercati, tra mascherine ed autocertificazioni, tra selfie dell'ultima
pietanza e bandiere sventolanti sui balconi. Intanto cambiano i dati dei
morti dall'Asia così come assistiamo tutti i giorni al freddo numero dei
nostri morti che i camion militari portano in file sconsiderate verso la
cremazione. La nostra vita viene considerata in fase 2 e fase 3 poi ancora la
fase 1 e verrà la 2 ed all'infinito...così!
Ci diranno cosa indossare, dove stare, cosa pensare mentre il virus sotteso,
invisibile e mellifluo continuerà per anni a circolare tra noi richiudendoci
nelle abitazioni-prigioni. Le masse diventeranno individui e questi
comunicheranno solo con gli iPhone, tablet e tecnologie indispensabili a cui
affideremo la vita, le idee, il denaro. E quando ci toglieranno anche queste
piattaforme di comunicazione virtuale? Prima diamo e rendiamo indispensabile
poi togliamo. Intanto il virus sotteso, invisibile e mellifluo si prenderà
tutto... anzi sarà lui a vivere per le strade delle nostre città, dall'alba
al tramonto prendendo il posto di tutti coloro che a singhiozzo dovranno
essere ibernati per lasciargli spazio... e sì! Mentre questo maledetto mostro
ci riempirà di paura e psicotormenti altri avranno il tempo di manipolarci
togliendoci gradualmente tutto. Dalla libertà all'omologazione per divenire
parte di un'intelligenza digitale che ci utilizzerà come serbatoi di
informazioni. A questo punto siamo arrivati? Zotici vanesii incapaci di
uscire dalla gabbia strutturale in cui ci configuriamo al punto di capire/non
capire/far finta di non capire e restare fermi, silenti, in fila assistendo
allo scempio sotto gli occhi, zitti, sottomessi, impotenti. E allora va bene
così, anzi "Andrà tutto bene"... sperate nel domani con le mani in
mano, non fate niente finché vedrete le vostre cose portare via, poi toccherà
alle persone sino alle cose più care ed a voi stessi (sempre che ve ne
importi). Quel domani se continueremo così non arriverà mai. Il virus è
dentro di noi, liberiamoci. Tornare a
vivere, guardandoci negli occhi, insieme. D'altronde eravate fissi nei vostri
cellulari e vi siete scordati del mondo. Vi siete fatti rincoglionire ed ora
state a casa! I pochi vinceranno attraverso quel virus sotteso, invisibile,
mellifluo e sterminatore del genere umano che ha fatto comprendere le
potenzialità ed i limiti a quella semplice scimmia che un tempo accese il
fuoco credendo così di giungere a Dio. Ed ora scansati il tempo è
trascorso!!!!
IlSopravvivente
A. D. T. 1975. 59°giorno della mia
Quarantena
APOCALISSE.2020
6. TrasMutazione Globale
Il Castello di carte.
Credo fermamente che l'essere umano sia ben poca cosa per questo pianeta che sta vivendo una delle sue stagioni. Il pianeta Blu diventa Bianco ed il Bianco torna ad essere Blu con una velocità galattica che trasforma le Epoche e gli Eoni in maniera simultanea e costante riducendo le forme di vita a qualcosa di momentaneo e transitorio: in questo attimo è da considerarsi il passaggio dai rettili ai mammiferi ed all'uomo. Come una qualsiasi forma di vita questo insignificante parassita (l'uomo) si nutre e riproduce coalizzando il mondo con l'unica speranza di non soccombere alle variazioni climatiche che inevitabilmente metteranno a dura prova la sua esistenza.Il pianeta Blu mediante l'alterazione spontanea della Circolazione termoalina vedrà un progressivo sciogliersi dei ghiacciai sino alla fusione delle acque dolci con quelle salate la cui risultante sarà l'innalzamento degli oceani e la sommersione graduale dei continenti. A questo processo seguirà il congelamento delle acque: il pianeta Bianco ibernerà tutto sino al successivo riscaldamento. Qui noi saremo ridotti a zero poiché i cicli cosmici rapidi ed inevitabili determineranno l'esistente solo grazie alle leggi selettive e di adattamento di qualunque forma di vita.
Secondo queste concezioni l'essere umano non agisce ma viene agito dai cambiamenti climatici: al massimo gli si può imputare di accelerarne il processo di riscaldamento. Su questo punto esistono diversi dibattiti e non sarà certo la conoscenza a salvare il mondo. Ne sono convinto. Per quanto esistano intellettuali, movimenti culturali e tendenze ideologiche intente a sensibilizzare i danni che compie non si riesce a fermarlo. Da questo punto di vista vediamo quanto incida sul cambiamento climatico considerando i problemi legati alla deforestazione, all'emissione di gas serra o di combustibili fossili. L'evoluzione umana ha rappresentato nel corso dei secoli un processo di sopraffazione destinato alla sottomissione di popoli, di territori e di risorse finalizzati al predominio dei più forti verso i più deboli.
L'uomo, simulatore bipede dei sistemi preesistenti ha sempre giustificato i soprusi e l'incoscienza passiva. La nostra storia inizia dal momento in cui le pitture sono diventate scrittura che dalle pareti di pietra son giunte alla carta ma la Memoria ha sicuramente dimenticato le intere foreste abbattute per essere convertite in libri di carta che ammassano le nostre biblioteche. Forse è un vantaggio la crescita tecnologica perché digitalizzando gli usi ed i costumi delle nuove generazioni si risparmieranno centinaia di chilometri foreste. L'Australia è andata a fuoco e l'Amazzonia è in grave pericolo. Intere isole di plastica navigano nell'Oceano Pacifico e montagne di rifiuti tossici devastano il Pianeta. Non siamo forse noi il Virus letale che come un parassita spietato danneggia, inquina e consuma il mondo che ci ha generati? Di questo non sono sicuro.
Sicuramente generiamo inquinamento: persino nello spazio lasciamo rifiuti del nostro passaggio eppure credo che la Natura si riprenda Tutto e che viva i suoi cicli di cui noi, sue creature, ne facciamo parte come ogni cosa. Ergo non imputando all'uomo l'origine dei cambiamenti climatici affermo che non sarà certo la consapevolezza od un libro così come qualsiasi forma di conoscenza a fermarne il processo inevitabile delle trasformazioni messe in atto dalla notte dei tempi della Natura Madre.I cataclismi, terremoti, asteroidi o Virus come il Covid-19 che sta decimando le vite avvengono in maniera imprescindibile e cadenzata. L'inquinamento che produciamo è ben altra cosa ovvero una forma di autodistruzione che non ci permette di vivere al meglio questo dono.
Effetto Domino
APOCALISSE 2020
8. Trasmutazione Globale
Il racconto dei racconti: Punto di non ritorno
Ormai è iniziato. Il processo trasformativo dell'umanità è in atto e difficilmente potrà interrompersi. Chiamala Era dell'Acquario, chiamala Agenda 21 del piano degli Illuminati. Siamo di fronte ad un'apocalisse senza precedenti che abbatterà definitivamente il concetto tradizionale dei essere umano inteso come Homo Sapiens ed aprirà la via all'Homo Evolutis secondo i principi dell'eugenetica messa appunto dai signori del mondo. Descritto da me come Individualesimo è divenuto il TRANSUMANESIMO. Impianteranno chip attraverso vaccini nei corpi umani che reagiranno alle onde 5G reagendo costantemente a mutazioni che prenderanno il posto delle forme tecnologiche obsolete. Allo stesso modo sparirà tutto ciò che è superfluo: gli anziani, i malati, gli inetti e dovrà essere impiantato legalmente in tutti coloro che vorranno continuare a servire il sistema globalizzato, unico, centrale. Gli illuminati sono alla svolta e noi adulti nati verso la metà del secolo scorso siamo passivi, immobili, spaventati. Prima o poi spariremo nel NULLA solo per aver pensato.
IlSopravvivente 1975.
Uscita n° 2
CARMEN PEDULLA'
Freelance in via Roma a Torino (2018) Olio su tela
Carmen Pedullà è l'artista calabrese che incarna attraverso la pittura il desiderio di uscire dalla fredda realtà circostante per calarsi in quella sfera metalinguistica a metà strada tra la poesia pura e la narrazione fiabesca ovvero in quelle dimensioni dello spirito in cui le storture della realtà non possono giungere e la bellezza di un mondo parallelo possono connaturarsi.
Seguendo questa via lei parte dalla circostanza fisica della realtà di riferimento come ad esempio un evento che si svolge tra le strade della nostra città e lo fotografa estrapolandolo dal contingente quasi facendolo suo. La fase successiva di questa operazione sarà quello di metterlo in pittura e tradurlo attraverso il suo stile in cui la luce, il colore, l'armonia saranno caratteri preponderanti mediante i quali darà nuova vita a quanto è stato scelto istintivamente dal mondo reale. Come vediamo dal dipinto stesso la sua attenzione si è riversata su questo giovane artista di strada che mostrava al pubblico le sue qualità musicali e lei ha saputo cogliere l'atmosfera dell'evento descrivendo nei dettagli i movimenti sincronizzati del giovane intento a creare il ritmo tra la confusione degli oggetti vari che emettono vibrazione in contrasto all'anonimia delle persone che passano indifferenti o quelle che momentaneamente si fermano per ascoltare. Si vedono in profondità le luci dei negozi, le vetrine immerse nel caos di via Roma, una delle strade commerciali più importanti di Torino in cui l'attenzione per il denaro mette in secondo piano queste figure marginali inghiottite dall'indifferenza. Il senso profondo della sua sensibilità viene in superficie attraverso una pittura fresca, trasparente e luminosa.
Il Cristo (2018). Tecnica ad acquerelli
AMBRETTA ROSSI
Donna con la spesa(2020). Acquerelli su carta
La pittrice degli Otto concentrata sulle ombre ci onora di una intervista rapida in cui ci descrive il suo modus operandi tentando di indurre l'ascoltatore alla comprensione del suo stile e gusto personale. Le chiedo: "Da quanto tempo dipingi?" Lei guardandomi negli occhi risponde: "Pasticciavo sin da bambina poi all'Università frequentavo i corsi di Pinetta Gramola ed ho iniziato ad usare diverse tecniche come i gessi e l'olio. Per un periodo ho lasciato perdere poi dal 2000 con la Bey ho ricominciato a dipingere."
Poi ancora incalzo: "Cosa provi sensorialmente con le diverse tecniche?" Lei immediata dice: "I gessi sono plastici e mi danno una sensazione tattile. Con loro è un rapporto fisico mentre con gli olii sento una distanza da me stessa. Non li prediligo. Mentre con gli acquerelli sono loro a dirigermi: l'impatto formale viene mosso dalla forza dell'acqua, del movimento e di un dinamismo che vive. Fanno tutto loro quasi a dire che il dipinto si faccia da solo. Per me ogni volta è una sorpresa."
Ed infine: "Prospettive per il futuro?" " Mi concentro sul ritrarre persone: mi interessano le espressioni, i dettagli, i particolari dei volti più disparati ed accumulerò tanto materiale da fare progressivamente nuove mostre"
Cisano: Il ponte sul neva (2012). Tecnica ad acquerelli
GABRIELLA MONTINI
Nel caso di Gabriella Montini il concetto di dualità diviene forma mentis di un percorso stilistico ed esistenziale. L'estro creativo spicca notevolmente osservando i suoi lavori ad acquerello: il tormento e l'estasi sono le due componenti che coesistono irrimediabilmente forse incanalando la sua psicologia di un percorso pittorico o semplicemente disvelando elementi esistenziali che fanno parte della sua natura interiore.
Secondo questi postulati il tormento caratterizza la mente fertile della Gabriella donna ancor prima dell'artista secondo cui le esperienze di vita che costituiscono il suo bagaglio individuale l'hanno portata a rifugiarsi in un mondo tutto suo costellato di ricordi, di amarezze e di certezze atte ad allontanarla definitivamente dalla spietatezza del mondo. A volte il martirio, l'autoflagellazione così come i sensi di colpa tendono a prendere il sopravvento in lei, altre volte invece è l'egoismo umano, la freddezza di una civiltà atta al dominio ed al desiderio di onnipotenza a scardinare il senso del bello e dell'equilibrio: in questa consapevolezza di dolore cosmico ecco prendere corpo il Cristo (2018) ovvero un acquerello emblematico che rappresenta lo strazio dell'uomo divino morente e destinato alla resurrezione. Una sorta di anelito alla speranza. Dall'altra parte assistiamo all'estasi attraverso un senso di pace e gioia espressiva dettata da opere che spingono l'anima di chi osserva verso luoghi incantati e celestiali in cui il tempo resta sospeso. Questo è il caso di Cisano: il ponte sul Neva (2012) un paesaggio estatico in cui l'immagine del ponte che collega le due rive del fiume diviene simbolo di una ricerca personale in cui percorso d'acqua sottostante spinge l'istinto a ricercare un compromesso, una via possibile capace di mettere insieme gli opposti e tentare una sorta di sintesi dei paradossi in cui il bene ed il male, la valutazione del giusto e dello sbagliato, i criteri di accettazione del bello e del suo opposto riescono ad amalgamarsi ed a convivere tra loro secondo un principio di reciprocità mettendo al bando qualsiasi forma di pregiudizio effimero. Ecco allora prendere forma questo ponte sospeso tra gli eccessi del giudizio assoluto: il ponte stesso diviene espressione dell'accettazione, del criterio di una donna matura che ne ha passate tante e che proprio per questa ragione è disposta ad accettare le cose da un altro punto di vista che non bada molto all'amor proprio quanto a qualcosa che indipendentemente dalle parti badi a qualcosa di giusto, di vero e di assolutamente bello dal punto di vista di una morale oramai rafforzata dalle esperienze esistenziali. Il processo trasformativo che porta l'artista dagli eccessi del tormento esistenziale alla consapevolezza estatica di una bellezza sublime lo ritroviamo esattamente manifestato in questi due acquerelli per mezzo dei quali assistiamo alla messa in scena di elementi personali.
ERMINIA GEBBIA
I due lupi (2016). Tecnica a
pastello
Erminia Gebbia è l'artista pugliese oramai piemotesizzata da diverso tempo che esprime creativamente il suo amore per la natura quasi per allontanarsi dalle brutture del mondo ed avere la forza di ricominciare.
Come lei stessa ha ammesso la vita le ha dato tante batoste ma lei da guerriera non si è mai arresa: ha dovuto affrontare insidie, contrasti, delusioni sopportando sofferenze che altri non avrebbero saputo gestire; lei invece non si è mai scoraggiata e trovando in se stessa le risorse per andare avanti a testa alta non ha mai mollato. Il risultato: una donna forte e decisa che tiene duro trattenendo interiormente quelle ansie e paure che potrebbero danneggiarla. L'arte diviene lo strumento ideale per sfogare questi squilibri e riconnettersi all'universo. Una sorta di autoterapia atta alla compensazione, al raggiungimento dell'armonia e della quiete per la salvaguardia della salute fisica e mentale. Questi presupposti ci aiutano ad entrare gradualmente nella sua pittura in cui pur usufruendo della realtà figurativa la vediamo fondamentalmente interessata alla rappresentazione descrittiva di animali ed in modo particolare dei lupi. In questo caso divengono una sorta di spiriti guida, di forme ancestrali e siderali quasi alla stregua di un totem o meglio ancora di un avatar capace di proiettare il proprio spirito interiore e curarlo spiritualmente. L'olio su tela Il lupo rappresenta lo splendido esemplare disteso sulla neve nella perfetta immobilità mentre tiene gli occhi spalancati ed osserva tenue l'osservatore. In questo caso il lupo tipizza proprio la dimensione proiettiva dell'artista: il lupo infatti è da una parte un animale che vive in branco secondo gerarchie ben stabilite entro le quali caccia, si accoppia e si muove garantendo il rispetto di regole dettate dalla forza e dalla resistenza; dall'altra è un animale nomade capace di adattarsi alla solitudine e di muoversi autonomamente alla ricerca della propria sussistenza entrando spesse volte in conflitto con i capibranco per l'ambizione di dominare un gruppo di subalterni.
In questo caso siamo nella sfera del secondo lavoro pittorico I due lupi un pastello sempre del 2016 in cui l'artista rappresenta due magnifici esemplari di cui uno bianco ed uno scuro che si fondono quasi nelle loro capriole determinate evidentemente dalla forza dinamica che li attrae a prescindere dalle ragioni di tale azione. Potrebbero semplicemente avvinghiarsi in un momento di gioco (almeno questo traspare dall'espressione placida dei loro occhi) od essere intenti a stabilire il proprio territorio così come ritratti in un frame fotografico che congela un momento di dolcezza tra i due lupi prima di addormentarsi sotto la tormenta di neve. Ecco come l'artista ci descrive le due nature che caratterizzano il suo modo di essere e di concepire il mondo: da una parte l'aspetto privato, solitario, lunare che necessita di silenzi e quiete per pensare dall'altra lo spirito socievole, comunicativo in cui la necessità di giocare, combattere o semplicemente coccolarsi divengono espressioni necessarie per la propria realizzazione. Sono aspetti che fanno parte di lei e che esprime per mezzo della pittura tentando così di farsi conoscere e comprendere parti del proprio Sé.
Franca BISIO
Ricordo d'Infanzia (2011) Acrilico
L'artista piemontese Franca Bisio è nata a Carignano e per un lungo periodo ha vissuto a Torino sino a scegliere di vivere fuori città dove tuttora dipinge. Il suo carattere schivo ed introspettivo la porta ad osservare le cose, le persone, i dettagli determinando così uno stile pittorico carico di significazioni profonde. La solitudine messa in campo dal dipinto avviene proprio attraverso la messa in scena di uno spazio domestico vuoto: un'anticamera avvolta dall'oscurità riflette i caratteri vitali della sala retrostante ed immersa dalla luce in cui le ombre predominano incontrastate. Una sedia presa a metà ci racconta che altri oggetti continuano dietro le quinte esattamente come un quadro al di qua della parete che riflette le luci ed un mobiletto avvolto dalle tenebre ci raccontano i percorsi della luce e del buio. Entro questo spazio psicologico domina il senso di vuoto in contrasto ai pieni dettati dalla preponderanza della luce. Come dichiarato dall'artista l'armonia è il centro focale del suo percorso creativo. Fattore che la distoglie dalla concettualità diffusa dell'arte contemporanea oramai assorbita solo dal mercato del Sistema Arte: non conta che la pittura sia figurativa od astratta. L'armonia è la chiave di lettura della composizione in contrasto all'ambiguità di tanta arte che gira nei luoghi deputati all'arte stessa. Questo suo modo di percepire, osservare al limite del voyeurismo diviene così lo strumento per eccellenza attraverso il quale contemplare il mondo, tornando alle mistificazioni dell'infanzia, al desiderio freudiano ed al senso del puro.
LUIGINA BUFFONI
Ricordo d'Infanzia (2011) Acrilico
L'universo compositivo di Luigina Buffoni è costellato da tutta una serie di rimandi simbolici atti a descrivere la propria interiorità custodita come uno scrigno, protetta cioè dalle intemperie del mondo esteriore.
La dovizia del paesaggio, così come per tutta una serie di animali o di fiori rigogliosi mette in scena una realtà candida, fresca, incontaminata eppure, sofferente, al limite del possibile: attraverso il rigore formale in contrasto alla licenza poetica delle cromie sofisticate la Buffoni descrive una realtà inquieta che la pittura grazie alla posa ovvero all'immobilità ed al silenzio, esorcizza purificandola progressivamente. Richiami che derivano dal senso complessivo della composizione, dall'intensità cromatica e dal taglio significativo che rievoca uno stato d'animo particolare.
Nell'opera in esame ad esempio l'apparente quiete del paesaggio innevato vede sulla sinistra un gruppo di alberi contorti che creano un contrasto con lo sfondo evanescente in cui i vapori e la nebbia inglobano il tutto sino a disperdersi verso l'infinito. L'intreccio dei rami, i vapori evanescenti così come la neve che inghiotte tutto divengono segnali simbolici di una madre natura che freudianamente ingloba tutto sino a nasconderlo, celarlo alla vista, trasformandolo in qualcosa che a noi non è dato sapere.
Questo stato di
consapevolezza delinea un contrasto effimero quasi ad indicarci la reciprocità
delle cose: eppure l'anelito all'infinito non manca. Un senso fiabesco e di
mistero avvolge l'opera spingendo l'osservatore al sogno. Da qui tutto comincia
e la pittura diviene lo strumento per eccellenza attraverso il quale fuggire
dalla realtà pur facendone parte. La figurazione pittorica della Buffoni quindi
si immerge nell'armonia astratta delle cose ed utilizza la stessa per compiere
un viaggio siderale nella sfera del vissuto.
Uscita n° 1
Ambretta Rossi.
Le ombre oniriche dei sensi
Dal 10 gennaio al 10 febbraio 2020
Ambretta Rossi è nata a Cremona nel novembre del 1946. Ha sviluppato una profonda dedizione per l'acquerello oltre che per il carboncino e dei gessi. Seguendo alcuni passi della sua formazione artistica sappiamo di lei che ha seguito i corsi di Pinetta Gramola entrando poi nel 2000 presso l'Unitre di Torino nei corsi di acquerello organizzati da Luciana Bey sino a quelli del maestro Lo Balzo. Successivamente è entrata a far parte di gruppi artistici come Il Cavalletto poi de Gli Amici dell'Arte e del gruppo associato Cultura no stop. Questi dati sono necessari per comprendere il confronto con altri artisti attraverso mostre e la relazione con il pubblico. Ha partecipato ad estemporanee e concorsi importanti. I suoi soggetti dilatano la componente spazio-temporale stravolgendo la realtà di riferimento per poi essere dilatati nel momento dell'esecuzione. Le ombre che avvolgono le figure e gli oggetti prolungano l'anima delle cose sulla concretezza del mondo contestualizzando la provenienza sostanziale di una fonte di luce. Questo processo creativo le consente di mettere in relazione il soggetto con l'osservatore mediante un ponte sensibile e metafisico attraverso il quale è possibile stabilire una connessione interiore. Si tratta di uno stilema compositivo che riflette il suo desiderio di interagire con le cose sino alla totale sublimazione e spersonalizzazione ideale. L'artista parte cioè da un grado di consapevolezza esecutiva atta a risvegliare il senso della memoria frammentata, del ricordo o della traccia sensoriale. In questo modo tutto ciò che rientra nella sfera del vissuto non viene cancellato: le sagome soccombono in nome di una memoria costituita fondamentalmente da involucri animici.
Francesco Bonini.
Lo spirituale nell'arte
Dal 21 maggio al 21 giugno 2020
Gli slanci cromatici dell'artista rivolgono la loro attenzione al mondo interiore servendosi paradossalmente della figurazione ovvero di una realtà carica di significati. L'amore per l'arte ha come obiettivo fondamentale la conoscenza innata delle cose del mondo sino a conflagrare nella mistica esecutiva dell'opera. A tal proposito è necessario citare un testo famosissimo di circa un secolo fa intitolato Lo spirituale nell'Arte (1910). Il suo autore Vasilij Kandinsky fu un grande artista del Novecento e scrisse questo testo assolutamente profetico che ha segnato l'intera poetica estetica del secolo scorso. Nel testo era definita la via dell'armonia come codice primario definendo la relazione tra ordine interno all'opera coerente con quello cosmico definendo un rapporto di interdipendenza tra l'anima creativa dell'artista e quella del mondo sino a giungere all'essenza.Leggi cosmiche appunto che noi percepiamo attraverso l'inconscio: seguendo questo processo discorsivo l'artista sostenne che non ci si deve limitare a guardare la natura dall'esterno ma si deve vivere in essa ed attraverso essa dall'interno. Bonini sente il desiderio di esprimere attraverso la pittura il suo universo interiore attraverso l'impatto formale che però viene gradualmente espresso dalla musicalità dei colori, dalla direzione del soggetto e da formulazioni compositive atte a svelare quanto era precedentemente nascosto dentro. Questa operazione di disvelamento indaga la natura profonda delle cose mediante una consapevolezza esecutiva raggiunta dall'esperienza e da un senso innato di amore per le cose. I vortici di luce indicano il ponte dimensionale verso queste esperienze determinate costantemente da un'artista che trovato in sé stesso la forza di esprimere la bellezza materiale attraverso l'amore per la Creazione divina.
Roberta Riva.
L'eleganza del silenzio
Dal 15 febbraio al 15 marzo 2020
L'espressionismo figurativista messo in campo dall'artista genovese esprime universi interiori attraverso il sapiente utilizzo del colore: estrapola dal contingente elementi che mettono in evidenza ora un dettaglio, ora un elemento destinato ad imprimersi attraverso lo sguardo nella mente sino ad amalgamare la significazione ultima della rappresentazione poetica dell'opera.I soggetti rappresentati infatti coadiuvano un linguaggio metafisico in cui non spicca il paesaggio così come la figura messa in primo piano ma l'agglomerato strutturale composto anche da forme e da colori che hanno lo scopo ultimo di esorcizzare quella dimensione mentale che ha spinto l'artista a concretizzarlo pittoricamente. In altre parole siamo in presenza di una metafisica espressionistica o meglio in una sorta di caleidoscopica forma di proto-espressionismo con valenze simboliche che denigrano i surrogati della pittura stessa in nome di un introspettivismo formale al limite del paradosso estetico.Come affermato altroveforme e colori divengono strumenti analitici sui quali si fonda il linguaggio stesso della sua pittura: in questo caso in maniera particolare è come parlare di tasselli necessari alla comprensione di un linguaggio nuovo fatto di metafore, enigmi, dubbi, paure.La Riva è la pittrice degli alberi anche quando siamo in presenza di astrazioni che rinviano all'intreccio di linee simboliche. Rami e radici rinviano al senso profondo dell'esistenza: si tratta di un concretismo puro carico di spunti novecenteschi e richiami ad una realtà pittorica tradizionale fatta di slanci ed intuizioni che sicuramente al loro tempo hanno richiamato l'attenzione di élite culturali di assoluto prestigio e che in questa tormentata epoca di riferimento.
Adriano Sambri.
L'Originalità dei falsi d'Autore
Dal 16 luglio al 16 agosto 2020
Quando contattai Adriano Sambri per fare una mostra presso il mio spazio espositivo compresi dalle sue parole che avevo a che fare un artista tutto d'un pezzo. " Vivo per dipingere..." disse telefonicamente:"...anche se non credo più nel sistema dell'arte in generale". Ma la sua riluttanza nascondeva ancora la volontà di mettersi in gioco desiderando profondamente di condividere con il pubblico i suoi lavori pittorici. Lui che ha un'esperienza ben radicata nel mondo dell'arte ha ritrovato la grinta di proporre i Falsi d'Autore di cui ci occuperemo: nato a Sant'Agostino (FE) era il quarto di sei figli. Inizia a lavorare sin da giovane sino al fatidico 1994 in cui finalmente in pensione inizia ad approfondire la sua vera passione: la pittura. Spazia artisticamente nell'universo creativo stupendo i visitatori e vendendo a numerosissimi amatori d'arte in Italia ed all'estero.I suoi falsi d'autore incarnano un processo di decontestualizzazione riportando in vita elementi altrimenti obliati dalle nuove generazioni. Per definizione intendiamo falso d'autore una tipologia di opera che riproduca esattamente l'opera originale dell'artista affermato ma con caratteristiche creative proprie che la contraddistingua volontariamente rigenerando così l'opera stessa. L'anacronismo del lavoro rispetto a quello originario consente un livello di rilettura: differisce in questo modo dalla copia o dal falso che malintenzionatamente ha fini di lucro perché desideroso di sostituire ed ingannare l'occhio dell'intenditore. In tal caso non parliamo affatto di falsario ovvero di colui che inganna l'osservatore pregiandosi del fatto di essere stato confuso con l'autore originale e tantomeno di copista che è calato talmente nell'opera da riprodurla senza alcuno slancio identitario.
Roberto Pino.
Percorsi di Singolarità
Dal 22 giugno al 14 luglio 2020
Astrazione o figurazione? Logica o sentimento? Forma o colore? Osservando questi lavori sperimentali è facile porsi queste domande. L'artista sviluppa un colorismo direzionale atto a veicolare gli sguardi mediante sensazioni che prendono corpo mediante la concretezza dei materiali. Chiamiamo appunto Percorsi di Singolarità l'insieme dei momenti che spingono la percezione oltre lo stato delle cose traducendo l'oggetto carico di significazione verso nuovi traguardi. Forma e Contenuto divengono le matrici essenziali di questo percorso: il materiale al limite del suo essere viene incanalato in un discorso mentale, logico, razionale destrutturando il suo codice di provenienza ed ottenendo così un nuovo apporto contenutistico in cui il senso, l'emozione, l'attimo fugace prendono corpo. Significante e significato coincidono sul piano comunicativo spingendo il destinatario a comprendere le ragioni occulte del mittente/realizzatore dell'opera.
La progettualità viene così accantonata in nome del risultato finale. I colori simboleggiano stati emotivi che rientrano nella sfera del vissuto e caricano l'oggettualità di valori intimisti. L'artista rievoca l'Extraconcettualità attraverso questa coincidenza emotiva spingendo il senso spirituale verso le frontiere stesse della creazione.Parliamo di meta-creazione onirica costellata di slanci personali, nascosti, segreti, occultati dall'Ego: i vortici di colore incanalati in forme vive, fluttuanti al limite dello scultoreo traducono le esperienze dell'arte precedente in sperimentazioni latenti.
Beny Giansiracusa.
La Decima Arte
Dal 18 settembre al 18 ottobre 2020
Beny Giansiracusa è il genio contemporaneo della Decima Arte. Nato a Torino nel 1951 in una soffitta del palazzo Saluzzo Paesana in via della Consolata negli anni '60 entrò nel mondo della grafica pensando al contatto con Riccardo Costamagna dagli anni '70 per la serigrafia sino alla collaborazione con lo scultore Mario Molinari.
Dal 1977 disegna videogames, flipper, juke box. Oltre ad aver insegnato anche presso Palazzo Nuovo con Giorgio Bosi ha esposto in tutto il mondo: dal MOMA di New York all'Europa è il Caposcuola della Decima arte.Con questa definizione viene definita la dimensione dei videogiochi ovvero quella tecnologica oramai consolidata nell'universo della creazione artistica. Pensiamo al secolo scorso quando il critico Claude Beylie riconoscendo la Pittura, la Scultura, l'Architettura, la Poesia, la Musica, il Cinema e la Fotografia come le Sette sorelle consolidate aggiunse l'Ottava ovvero la Radio-Televisione come forma creativa moderna sino alla Nona sorella ovvero al Fumetto.
Questa la premessa essenziale per descrivere la Decima, il videogioco, quale contenitore d'arti consolidata per il suo principio di Interattività.L'operazione pop di questo artista torinese immerso fino al collo dalle stravaganze concettuali che inebriano i mercati internazionali delle fiere e delle biennali lo inducono a guardarsi dentro e cavalcare l'onda dinamica dei flussi espositivi che lo immettono direttamente nell'universo moderno dell'arte.
Oramai il suo nome è Storia dell'Arte vivente. Riconosciuto in tutto il mondo dalla sfera dei mercati, dalle gallerie e dalla critica dominante fa parte di una ristretta categoria di artisti che ha il privilegio di esportare il Made in Italy.
Mara Destefanis.
Mostra Antologica Dal 23 ottobre al 23 novembre 2020
Altro discorso per Mara Destefanis. La mostra antologica prevede un iter espositivo atto alla valorizzazione di un percorso snodato nel corso del tempo dall'artista bolognese. Il desiderio di trasmettere il suo messaggio pittorico diviene la cifra essenziale sulla quale impostare la nostra ricerca. Ormai da tempo nel contesto torinese sappiamo che ha partecipato nella sua carriera pittorica a tutti gli eventi mondani solcando le mostre delle più prestigiose gallerie come la Galleria Fogola, la Promotrice delle Belle Arti ed ancora a Moncalieri, Santena, Revigliasco, Cambiano, Brescia, Alba, Trivero, Olgiate, Chieri sino a Kerellis Bramans in Francia. A questo dobbiamo aggiungere tutta una serie di premi e riconoscimenti prestigiosi come nel 2003 il Premio Cavalletto Torino e nel 2006 il Premio Manifattura Gioanetti Vinovo (To). Nata a Bologna vive e lavora a Revigliasco sulla collina di Moncalieri (To). Ha frequentato un corso di ceramica e poi nello studio di Rosanna Costa un corso di scultura sino alla sperimentazione di diverse tecniche. Oltre a corsi e seminari tra Torino e Milano la vediamo cimentarsi con gli acquerelli, gli olii mettendo sempre al centro la potenza del segno in cui è il disegno il centro motore delle sue opere. La mostra antologica che seguirà rappresenta un omaggio all'artista che ci onora con la sua presenza esponendo da una parte la produzione pittorica precedente partendo dalle origini figurative attraverso le differenti elaborazioni e gli stili sperimentali che attraverso il tempo la portano al risultato definitivo. Nella seconda sezione assistiamo invece alle ultime elaborazioni in cui sicuramente l'esperienza ed il gusto si sono affinati quasi in un flusso perpetuo in cui le emozioni e le sensazioni hanno trovato la loro giusta collocazione nel divenire puro del suo essere.
Marzia Menghini.
Il flusso di coscienza
Dal 27 novembre al 27 dicembre 2020